Ravensbrück, campo di concentramento nazista per sole donne. In un blocco, un gruppo di giovani, ragazze o poco più, hanno subito una serie di operazioni. Le chiamano conigli, come quelli dei laboratori. I medici nazisti le hanno lasciate a prendersi cura di loro da sole. Hanno le gambe gonfie come se dovessero esplodere.
Con cautela si tolgono il pus dalle ferite, eliminando i corpi estranei: cocci, strisce di stoffa, pezzi di vetro, schegge di legno, terriccio. Sembrano i frammenti di un naufragio. Il naufragio della misericordia. Passano i giorni ed avviene qualcosa di talmente inaudito che neppure le SS sanno come reagire. Tutte le donne che hanno subito operazioni si radunano.
È il 14 marzo 1943. Il giorno del coraggio. Hanno organizzato una marcia di protesta. Si tratta solo di 300 metri ma nelle loro condizioni è un percorso lunghissimo. Erano ragazze sane e robuste, ora sono una colonna di donne zoppe, alcune con le stampelle, altre con i bastoni o aiutate dalla compagne più sane. La colonna avanza nel più totale silenzio tranne che per il ticchettio dei bastoni sulla Lagerstrasse. Tutte preferiscono morire piuttosto che subire altre operazioni. Himmler aveva una mente acuta: ragionava in continuazione su come sfruttare al meglio Ravensbrück e gli altri campi di concentramento della ampia rete che aveva organizzato. Il lavoro forzato, certo, per sostenere lo sforzo bellico. Ma i soldati del Reich nazista in battaglia affrontavano ferite che si infettavano e provocavano cancrena, affrontavano congelamenti, tifo e altre malattie. Servivano esperimenti ed ecco che i corpi delle prigioniere venivano aperti per metterci dentro di tutto al fine di provocare la cancrena e altre infezioni. Conigli da laboratorio.
Un libro rende giustizia alla storia di queste donne. L’ha scritto la giornalista Sarah Helm, si intitola “Il cielo sopra l’inferno” (Newton Compton) . Donne che si riaffacciano sul fronte di una memoria difficile con i loro nomi e col loro coraggio. In fondo alla scala del razzismo nazista c’erano le ebree, che non erano considerate neppure esseri umani. Basti pensare alla storia di Herta Cohen arrestata nel 1940, tra le prime sterminate col gas, per aver fatto sesso con un poliziotto di Düsseldorf, infettando il suo puro sangue ariano tedesco.
Ma “Il cielo sopra l’inferno” porta alla luce anche la storia di tante altre donne considerate dai nazisti subumane, inferiori, vite non degne di essere vissute, gambe e braccia per il lavoro da schiave o per gli esperimenti. Donne come le Testimoni di Geova, che affrontarono la morte pur di non lavorare per lo “sforzo bellico nazista”, cosa assolutamente contraria alla loro fede. Donne come le cosiddette “asociali”: le poche sopravvissute semplicemente scomparvero dopo la guerra per la vergogna di esser comunque classificate come prostitute e per essere state costrette a lavorare nei bordelli dei campi. Donne come le prigioniere di guerra russe, cancellate da Stalin nel silenzio oltre la cortina di ferro.
Dopo anni di sofferenze nei lager nazisti, finita la guerra le sopravvissute furono liberate e tornarono a casa. Ma Stalin le trattò come traditrici e così fece con i suoi stessi soldati fatti prigionieri dai nazisti. Traditrici semplicemente perché erano state catturate e non avevano combattuto fino alla morte, come lui aveva ordinato. Quelle donne che avevano difeso il loro paese anche dentro i lager nazisti, donne medici, infermiere, intellettuali, furono “processate” dai tribunali dei soviet, fucilate o spedite nei gulag in Siberia. Senza misericordia.
Redazione Papaboys (Fonte www.sanfrancescopatronoditalia.it)
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