Mauro Leonardi

Quando San Josemaría Escrivá descrisse chiaramente… l’avventura della libertà!

Articolo pubblicato su ABC del 2 novembre 1969 con il titolo Las riquezas de la fe, pubblicato in italiano su Studi Cattolici nel novembre 1969, pag. 782-784, con il titolo L’Avventura della libertà. Successivamente è stato pubblicato nell’antologia: Josemarìa Escrivá, Una libertà da vivere, brani scelti a cura di Andrea Mardegan. Presentazione di Javier Echevarría. Milano 2004. I sottotitoli sono del curatore dell’antologia.

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Libertà interiore

Nella lettera ai Galati, autentico inno alle ricchezze della fede, san Paolo ci dice che il cristiano deve vivere con la libertà che Cristo ci ha conquistato (cfr. 4, 3). Questo è l’annuncio di Gesù ai primi cristiani, e tale rimarrà nel corso dei secoli: annuncio di liberazione dalla miseria e dall’angoscia. La storia non è guidata da forze cieche, e non è il risultato del caso: essa è la manifestazione della misericordia di Dio Padre. I pensieri di Dio sovrastano i nostri, dice la Scrittura (cfr. Is 55, 8; Rm 11, 33); ed è per questo che confidare nel Signore vuol dire aver fede nonostante tutto, senza fermarsi alle apparenze. Dietro ogni avvenimento, anche se in modo per noi a volte oscuro, c’è la carità di Dio, il quale ci ama eternamente. Quando il cristiano vive di fede – con una fede che non sia semplice parola, ma realtà di preghiera personale – la certezza dell’amore divino si manifesta nella gioia, nella libertà interiore. I nodi che talvolta soffocano il cuore, i pesi che schiacciano 1’anima, si allentano e si dissolvono. Se Dio è con noi, chi mai sarà contro di noi? (1 Cor 11, 31 ). E il sorriso torna subito sulle labbra. Un figlio di Dio, un cristiano che vive di fede, può soffrire e piangere, certamente; può anche avere motivi di dolore; ma, di tristezza, mai.

Libertà e fraternità

La libertà cristiana nasce dall’intimo, dal cuore, dalla fede; non è però una cosa meramente individuale. Essa ha delle manifestazioni esterne, una delle quali – fra le più caratteristiche nella vita dei primi cristiani – è la fraternità. La fede – la grandezza di quel dono che è 1’amore di Dio ha ridotto sempre di più e alla fine ha fatto scomparire tutte le differenze, tutte le barriere: Non c’è più distinzione di ebreo e greco, di servo e libero, di uomo e donna; voi siete una cosa sola in Gesù Cristo (Ga 3, 28). Questo sapersi fratelli e amarsi davvero come fratelli, al di sopra di ogni differenza di razza, di condizione sociale, di cultura, di ideologia, è essenziale per il cristianesimo. Non è mia missione parlare di politica. E non è nemmeno la missione dell’Opus Dei, giacché la sua unica finalità è quella spirituale. L’Opus Dei non è entrato mai né mai entrerà nella politica di gruppi e di partiti, e non è vincolato a nessuna persona o ideologia. Questo modo di agire non è dettato da una tattica apostolica; non è semplicemente una condotta lodevole: attenersi a un simile modo di procedere è una necessità intrinseca per 1’Opus Dei, poiché la sua stessa natura lo esige, e ha come immediate conseguenze 1’amore per la libertà, la fiducia nella condizione propria del cristiano in mezzo al mondo, caratterizzata da un’azione condotta con completa indipendenza e responsabilità personale.

Nelle questioni temporali non vi sono dogmi. II tentativo di fissare delle verità assolute in questioni in cui ognuno deve necessariamente considerare le cose dal suo punto di vista, secondo i propri particolari interessi, con le proprie preferenze culturali e la propria esperienza, è contrario alla dignità degli uomini. La pretesa di imporre dei dogmi in questa materia conduce inevitabilmente a forzare la coscienza degli altri, cioè a non rispettare il prossimo.

Pluralismo e umiltà

Non voglio dire con questo che l’atteggiamento del cristiano nei problemi temporali debba essere di indifferenza o di apatia: tutt’altro. Ritengo però che un cristiano debba unire la passione umana per il progresso civile e sociale alla consapevolezza dei limiti delle proprie opinioni, rispettando quindi le opinioni altrui e amando il legittimo pluralismo. Chi non sa vivere così, non ha captato fino in fondo il messaggio cristiano. Certo, non è facile arrivarci, e in un certo senso non ci si arriva mai, perché in noi la tendenza all’egoismo e alla superbia non muore mai. Siamo tenuti tutti a un atteggiamento di continua verifica, per mettere le nostre azioni a confronto con Cristo, e così riconoscerci peccatori e cominciare daccapo. Non è facile arrivare a questo, ma dobbiamo sforzarci.

Una storia vera
Dio, creandoci, ha accettato il rischio e l’avventura della nostra libertà: ha voluto che la storia sia una storia vera, fatta di decisioni autentiche, e non una finzione o un gioco. Ogni uomo deve fare l’ esperienza della propria autonomia personale, con tutti gli imprevisti, i tentativi e magari le incertezze che questo comporta. Non dimentichiamo che Dio – il quale ci dà la sicurezza della fede – non ci ha rivelato il senso di tutti gli avvenimenti umani. Accanto alle cose che per un cristiano sono del tutto chiare e sicure, ce ne sono tante altre – moltissime – che ammettono soltanto l’opinione, cioè una certa conoscenza di ciò che potrebbe essere vero e giusto, ma che non può essere affermato in modo incontrovertibile. Non solo, infatti, è possibile che io mi sbagli, ma può anche succedere che io abbia ragione e gli altri pure. Un oggetto che a me sembra concavo, a un altro che lo guarda da un punto di vista diverso sembrerà convesso. La consapevolezza dei limiti dei giudizi umani ci porta a riconoscere la libertà come condizione della convivenza.



Il rispetto della libertà, per amore

Ma questo non è tutto, anzi non è nemmeno la cosa più importante: la radice del rispetto della libertà sta nell’amore. Se altri hanno un modo di pensare diverso dal mio, può essere questa una ragione per considerarli miei nemici? Un atteggiamento del genere può essere motivato soltanto dall’egoismo e dalla miopia intellettuale di chi ritiene che non ci siano altri valori all’infuori della politica e delle imprese temporali. Ma il cristiano sa che non è così, perché ogni persona ha un prezzo infinito e un destino eterno in Dio : Cristo è morto per ognuno di noi.
Si è cristiani quando si è capaci di amare non solo l’umanità in astratto, ma anche ogni persona che passa al nostro fianco. Sentire la responsabilità dei compiti da cui dipende il benessere delle generazioni future è un innegabile segno di maturità; ma questo non ci deve indurre a dimenticare L’impegno e il servizio nelle questioni più comuni : fare una gentilezza a chi lavora accanto a noi, essere sinceramente amici dei nostri colleghi, condividere il dolore di quelli che soffrono anche se la loro pena può sembrarci priva di importanza a confronto con i grandi ideali cui miriamo.



Realtà da costruire giorno per giorno

Parlare di libertà, di amore per la libertà, vuol dire prospettare un ideale difficile : è parlare di una delle maggiori ricchezze della fede. La vita – non cerchiamo di ingannarci – non è un romanzo rosa. La fraternità cristiana non ci viene dal cielo una volta per tutte : è una realtà da costruire giorno per giorno. E lo si deve fare in una vita che conserva tutta la sua durezza, in mezzo a conflitti di interessi, lotte e tensioni, nel contatto quotidiano con persone che ci sembreranno meschine, e con altrettante meschinità da parte nostra. Se tutto questo ci scoraggia, se ci lasciamo vincere dall’egoismo o cadiamo nell’atteggiamento scettico di chi preferisce alzare le spalle, vuol dire che abbiamo ancora bisogno di approfondire la fede, di contemplare meglio Cristo. Perché soltanto a questa scuola il cristiano impara a conoscere se stesso e a comprendere gli altri, cioè a vivere in modo da essere Cristo presente in mezzo agli uomini.

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