Con la locuzione Habemus Papam (latino: Abbiamo il papa) ci si riferisce all’annuncio cerimoniale che il cardinale protodiacono, il primo dei cardinali dell’ordine dei diaconi, dà al popolo quando viene eletto il nuovo papa ed egli accetta l’elezione.
L’annuncio viene pronunciato dalla loggia centrale della basilica di San Pietro in Vaticano. All’annuncio segue la presentazione del nuovo Papa.
Annuntio vobis gaudium magnum;
habemus Papam:Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum,
Dominum Georgium Marium
Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Bergoglio
qui sibi nomen imposuit Franciscum
E ancora: le pagine del tempo riportano al 2013, l’anno delle novità. Sin dal momento della sua elezione il 265.mo Successore di Pietro imprime alla Chiesa un nuovo slancio missionario che si declina lungo direttrici diverse, ma tutte convergenti esplicitamente nel Vangelo. Esemplare, in questo senso, è il nome per il quale Bergoglio opta, ovvero Francesco.
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Prima di lui, nessun Pontefice lo ha mai scelto, così come prima di lui nessun Papa è stato membro della Compagnia di Gesù, né originario dell’America Latina né, in tempi moderni, eletto dopo la rinuncia del suo predecessore. Altrettanto nuovo è il fatto che Francesco decida di risiedere presso Casa Santa Marta e non nel Palazzo Apostolico. Una scelta che denota uno stile di vita molto semplice, condiviso con altri membri del clero che vivono nella medesima struttura.
La condivisione impronta lo stile di Bergoglio anche nel governo della Chiesa universale: già a settembre del 2013, il Papa istituisce un “Consiglio di Cardinali” con il compito di aiutarlo nel suo operato e di studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia Romana, firmata nel 1988 da Papa Wojtyła. Il documento è tuttora in fase di elaborazione ed ha come titolo provvisorio Praedicate evangelium.
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Lo scrive Andrea Tornielli nell’edizione quotidiana di Vatican News. È impressionante riascoltare oggi alcune delle parole che il Papa aveva pronunciato un anno fa, durante il viaggio apostolico più importante e coraggioso del suo pontificato, quello in Iraq. Una trasferta da lui fortemente voluta, nonostante i rischi e i tanti pareri contrari motivati dall’enorme difficoltà nel garantire la sicurezza, in particolare per le persone che avrebbero partecipato alle celebrazioni e agli incontri.
Francesco nel marzo 2021 volle compiere quel pellegrinaggio, rimasto tra i sogni mai realizzati di san Giovanni Paolo II, per manifestare la sua vicinanza a tutte le vittime del fondamentalismo, per incoraggiare il difficile percorso di ricostruzione del Paese, per tendere la mano ai tanti musulmani pacifici che vogliono convivere in pace con i cristiani e con gli appartenenti alle altre religioni.
Culmine di quel viaggio fu la visita del Vescovo di Roma tra le macerie di Mosul. Francesco disse: “Oggi, tutti eleviamo le nostre voci in preghiera a Dio Onnipotente per tutte le vittime della guerra e dei conflitti armati. Qui a Mosul le tragiche conseguenze della guerra e delle ostilità sono fin troppo evidenti. Com’è crudele che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone – musulmani, cristiani, gli yazidi, che sono stati annientati crudelmente dal terrorismo, e altri – sfollati con la forza o uccisi!”
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