In una calda primavera un gruppo di terroristi composto da brigatisti rossi, dopo averne trucidato la scorta, rapì Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana. Nei giorni della sua prigionia, Moro scriveva: ”Io perdono tutti’. Come Gesu’, uomo di misericordia assoluta’.
Aldo Moro e Peppino Impastato, due vite accomunate dalla lotta alla criminalità organizzata, che hanno trovato la morte nello stesso giorno di trentotto anni fa. Il 9 maggio 1978, il Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro venne ucciso dalle Brigate Rosse (gruppo terroristico operante in Italia in quelli che sono passati alla storia come gli Anni di Piombo).
Il cadavere fu posto nella “prigione metallica” di una macchina. Il brigatista Mario Moretti chiamò il Professor Franco Tritto, collaboratore nonché amico di Moro, e gli ordinò di informare la famiglia riguardo ad una Renault 4 rossa parcheggiata in Via Caetani (Roma), dove avrebbero ritrovato il corpo, senza vita, del leader democristiano.
La vicenda, o meglio, tragedia che coinvolse Aldo Moro non fu l’unico evento drammatico avvenuto il 9 maggio del 1978. Aldo Moro nacque a Maglie, in Puglia, nel 1916. Si iscrisse presso l’Università di Bari alla Facoltà di Giurisprudenza, dove prese la laurea.
Nel 1935 entrò a far parte della Federazione Universitaria Cattolica Italiana di Bari, fino al 1942, quando fu chiamato alle armi, prima come ufficiale di fanteria, poi come commissario nell’aeronautica.
Anche Giuseppe Impastato, detto Peppino, dovette fare i conti con la criminalità organizzata: il giornalista e attivista siciliano fu ucciso nella notte tra l’8 e il 9 maggio del ’78. Il suo cadavere fu imbottito di tritolo e fatto saltare sui binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani, così la sua morte potè sembrare un gesto suicida.
Si fece emergere la matrice mafiosa dell’attentato grazie alla madre di Peppino, la signora Felicia, ed al fratello del giornalista.
“Uccidere un uomo non è difendere una dottrina, è uccidere un uomo” tuonava il teologo francese Sebastiano Castellione nel Cinquecento e l’omicidio Moro non è stato altro che un omicidio. Nessuna scusa giustifica l’uccisione di un uomo che tanto bene ha fatto per lo Stato, tutti complici per una morte che si poteva evitare, dal ministro degli Interni che ha fatto orecchi da mercante alle continue richieste di intervento da parte della polizia; alla procura di Roma, che ha insabbiato le numerose prove che inchiodavano i servizi segreti deviati e gli uomini dell’Operazione Gladio.
Il 9 maggio 1978 un uomo se n’è andato e con lui una generazione intera.
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I DRAMMATICI MOMENTI DEL RITROVAMENTO DEL CORPO DI ALDO MORO
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di Massimo Francini per la Redazione Papaboys
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