La parola pilar nella lingua spagnola significa letteralmente pilastro. La tradizione vuole che la Vergine nell’anno 39 si recò a Saragozza da Gerusalemme per confortare l’Apostolo Giacomo deluso dall’inefficienza della sua predicazione; vicino alle sponde del fiume Ebro, gli donó il pilastro, chiedendogli di edificare un tempio in suo onore nelle vicinanze.
Si dice che il pilastro fu posto da San Giacomo nello stesso punto nel quale si trova oggi, e che nonostante la chiesa abbia subito vari cambiamenti e vicissitudini, tra cui un incendio, il pilastro si sia conservato nei secoli. Si tratta di una colonna di diaspro, ricoperta completamente di bronzo ed argento; solo nella parte posteriore della cappella vi è un piccolo spazio che permette toccare, baciare e venerare la colonna originale. In seguito la tradizione popolare ha dato al nome “pilar”, dove è poggiata l’immagine di Maria. Pilar è inoltre un nome femminile comune in tutta la Spagna e in particolar modo in Aragona.
Miguel Juan Pellicier nato a Calandra (Saragozza) si è trasferito di propria volontà a Valencia, in campagna, per lavorare da agricoltore. L’emigrato è un giovane di 20 anni, membro di una numerosa famiglia povera, che per non essere di peso prende questa decisione, anche spinto da una grande fede. Egli cerca di mandare qualche soldo a casa. Ma un giorno mentre guida un carro carico di grano, nel mese di luglio sotto un caldo afoso, un colpo di sonno lo fa cadere a terra tra la polvere, con una ruota del pesante mezzo che gli attraversa la gamba destra, frantumandogli la tibia in più parti. Subito viene condotto all’Hospital Real di Valencia. Resterà ricoverato per 5 giorni, ma tutte le cure non ottengono nessun risultato. Miguel Juan è devotissimo alla Virgo di Pilar e vuole essere trasferito a Saragozza. Là verrà ricoverato all’Hospital de Nuestra Senora de Grazia, dopo un viaggio di 300 km con mezzi di fortuna e due mesi di tempo. Nell’ottobre 1637 giunge a destinazione con febbre molto alta e per prima cosa vuole vedere la sua Madonna.
Soltanto dopo si recherà in ospedale, dove i medici gli amputeranno la gamba, poiché la cancrena è in stato molto avanzato. Durante la convalescenza l’indomito fedele si reca al Santuario del Pilar per ringraziare la Madonna per avergli salvato la vita.
Lì con un lasciapassare, data la situazione, per poter chiedere l’elemosina (era la prassi di quell’epoca) si recherà ogni giorno a chiedere ai francescani dell’olio delle lampade, già consumato, per ungersi la ferita, contro le indicazioni mediche poiché il moncone era in fase di guarigione. Solo la fede lo aiuterà in questi anni. Nel 1640 Juan tornerà dai suoi parenti che lo accoglieranno con gioia. Qui avverrà il miracolo. La notte del 29 marzo dopo una giornata intensa di faticoso lavoro, andò a dormire per terra sulla paglia, dopo aver pregato, perché la sua stanza è stata donata ad alcuni soldati che si dovevano recare alla frontiera francese.
La madre prima di andare a dormire passa dalla camera da letto dove dormiva Miguel. Subito viene colpita da un intenso profumo di rose. Illuminato il figlio con una lampada vede che egli dorme, ma ecco lo stupore: dal mantello che lo copre fuoriescono due gambe. La donna meravigliata chiama il marito, pensando che un soldato abbia sbagliato stanza. Il padre alza il mantello e sbalordito scruta attentamente il figlio alla fioca luce; vede ciò che aveva visto la moglie: Miguel ha due gambe. Egli si sveglia e con grande gioia si accorge che per la sua fede è stato premiato: la gamba che era stata seppellita a più di 100 km di distanza si era riattaccata.
Ebbe inizio il processo (gli atti sono conservati nel Santuario della Vergine del Pilar). I testimoni furono tanti: soldati, medici, dottori in legge e teologia, sindaci, il seppellitore della gamba e tanti altri. Come prima cosa la buca del cimitero venne trovata vuota. Il 27 aprile 1641 fu emanata la sentenza finale: si era avverato il miracolo dei miracoli.
di Giovanni Profeta
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