Quel perdono che estirpa la radice dell’odio

“Primum non nocere”. Per prima cosa accertati che il tuo pensiero, la tua azione, il tuo impegno non facciano male a nessuno. Nemmeno al tuo nemico, se dovessi averne uno. Prendiamo in prestito dal mondo medico questo aforisma da molti attribuito a Ippocrate per tornare sull’episodio di sabato sera a Roma. Un atto di violenza inaudita. Efferato. Stupido come tutti gli atti di violenza. Daniele, tifoso della squadra della Roma spara a Ciro il cui cuore batte per il Napoli. Sul mondo del calcio, la sua organizzazione, i suoi guadagni milionari ognuno ha le sue idee, sulle quali non mi interesse, oggi, soffermarmi. So solo che la violenza – a cominciare da quella verbale – è sempre da condannare. Non ha colori politici e nemmeno sportivi. A nessuno è permesso di nobilitarla richiamandosi a qualche inesistente ideale. Il violento – chiunque sia – deve essere dagli stessi amici isolato e aiutato prima di essere processato e condannato. Deve, cioè, sentire che nessuno sarà disposto a condividere un gesto senza senso, che porta solo scompiglio, sofferenza, morte. Deve avvertire intorno a sé il vuoto, perché ogni pur minimo consenso sarebbe un pericoloso incoraggiamento alla sua stupidaggine. La violenza bieca, cieca non potrà mai essere amica del vivere civile, degli uomini onesti, del desiderio di normalità. Essa fa rima con la irrazionalità, la pochezza d’animo da cui occorre a tutti i costi difenderci. Un atto di violenza, fosse anche pensato in piccolo, facilmente può sfociare in tragedia. Puntare la pistola contro un uomo che nemmeno conosci – fosse anche in risposta a una offesa ricevuta – provocargli tanta sofferenza e forse la morte, rischiare inutilmente la galera è da folli. O da stupidi. Il gesto merita il disprezzo e la condanna più assoluti.

In questi giorni tante, troppe parole sono state scritte a riguardo. Il fatto può essere letto e interpretato da diversi punti di osservazione. Un episodio stupendo però è stato colto dalle cronache. Troppo bello per passare inosservato. All’uscita dall’ospedale dove è ricoverato il figlio, Antonella, la mamma di Ciro, viene fermata dai giornalisti. Queste le sue parole: “ Ragazzi, la vita è un dono meraviglioso. Godetevela. Divertitevi. Ma non fatevi male …”

. E lo sparatore? “ Ha fatto una mostruosità. Nel mio cuore non c’è odio e poi a che serve, l’ ho già perdonato. Però non riesco a capire quello che ha fatto”. Sono convinto che se Antonella potesse incontrare la mamma di Daniele, le due donne, piangendo, si getterebbero le braccia al collo. Abbiamo bisogno di persone come queste che pur attraversando il buio del dolore e del non senso non cadono nella trappola del desiderio di vendetta. Sabato mattina eravamo a Roma per il funerale di Roberto Mancini, il vice – commissario di polizia che si ammalò di leucemia anche per aver svolto per anni il suo lavoro di investigatore tra le discariche di rifiuti tossici e nocivi nella nostra martoriata e negletta “Terra dei fuochi”. Per me è stato un dovere accogliere l’ invito a presiedere la celebrazione eucaristica rivoltomi dalla sua famiglia. Verso il romano Roberto Mancini, noi campani abbiamo un debito di riconoscenza e di gratitudine.

Alla signora Monika, sua moglie, e alla figlia Alessia, ho chiesto il permesso di considerare Roberto anche un poco nostro, perché persone come lui sono di tutti. Mancini è stato un uomo. Un uomo di cui ti puoi fidare, un uomo che ha fatto onore alla divisa che indossava e di cui l’ Italia deve andare fiera. Persone come Roberto e come Antonella hanno da insegnare tantissimo ai nostri giovani. Per i violenti che procurano solo inutili e dolorosi drammi proviamo tanta pena, ma nessun odio. A che servirebbe? A farci più male ancora? L’odio è un veleno che prima di avvelenare chi lo riceve uccide chi lo porta in cuore. Dall’ odio nasce la violenza, la violenza a sua volta partorisce sofferenza e morte. Anche per loro, invece, non smettiamo di sperare che possano ravvedersi e chiedere perdono. Possano sentirsi amati e ritornare a vivere. Dobbiamo imparare a convivere senza farci male. Troppo poco il “primum non nocere” , dobbiamo, noi cristiani di antica data, riscoprire le belle parole di Gesù che ci invita non solo a rispettare ma ad amare e servire il prossimo. Chiunque esso sia. Padre Maurizio PATRICIELLO

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