Il mattino del 4 gennaio 1964, Paolo VI partì da Roma con un Dc8 dell’Alitalia, primo Papa a viaggiare in aereo.
Paolo VI è stato il primo Pontefice ad utilizzare un aereo e a visitare la Terra Santa; è stato inoltre il primo a lasciare l’Italia dopo più di un secolo. Ha avuto anche incontri ecumenici al Monte degli Ulivi, a Gerusalemme, dove si è incontrato con il patriarca ecumenico di Costantinopoli Atenagora e con Yeghishe Derderian, patriarca armeno di Gerusalemme.
Ha incontrato anche il re Hussein di Giordania e il sindaco di Gerusalemme Mordechai Ish-Shalom. Ha pregato al Santo Sepolcro a Gerusalemme, visitato la Basilica dell’Annunciazione a Nazareth e salutato un gruppo di pellegrini dell’arcidiocesi di Milano. Dopo una strepitosa accoglienza nella città vecchia da parte della gente e dei pellegrini che ruppero i cordoni e travolsero gli steccati al suo arrivo, il Santo Padre arrivò finalmente al Santo Sepolcro accolto anche là dai fratelli Francescani. Qui si fermò in raccoglimento sulla tomba vuota di Cristo, in cui depose un ramoscello d’olivo d’oro portato da Roma. Qui celebrò la Santa Messa, il memoriale della Passione e la sua preghiera per l’unità. Per l’occasione Papa Montini recitò una bellissima preghiera di cui riporto alcuni passaggi: “Si sveglino adesso le nostre menti, si rischiarino le nostre coscienze e si tendano tutte le forze dello spirito sotto lo sguardo illuminante del Cristo. Prendiamo coscienza con sincero dolore di tutti i nostri peccati, dei peccati dei nostri padri, di quelli della storia passata, prendiamo coscienza di quelli del nostro tempo, del mondo in cui viviamo. E perché il nostro dolore non sia né vile, né temerario, ma umile, perché non sia disperato, ma confidente, perché non sia inerte, ma orante, si unisca a quello di Gesù Cristo nostro Signore, fino alla morte paziente, e fino alla croce obbediente, e rievocando la sua memoria commovente imploriamo la sua salvatrice misericordia. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua croce hai redento il mondo. Il ricordo Qui, dove tu, o Signore Gesù, l’innocente, sei stato accusato, il giusto, sei stato giudicato, il santo, sei stato condannato, tu, Figlio dell’uomo, sei stato tormentato, crocifisso e messo a morte, tu, Figlio di Dio, sei stato bestemmiato, deriso e rinnegato, tu, la luce, sei stato spento, tu, il Re, sei stato innalzato su una croce, tu, la vita, hai subìto la morte e tu, morto, sei risorto alla vita: noi ci ricordiamo di te o Signore Gesù; noi ti adoriamo o Signore Gesù; noi t’invochiamo o Signore Gesù”. Il pellegrinaggio ai Luoghi Santi non tralasciò luoghi importanti come il Lago di Tiberiade, Cafarnao e la Basilica della Trasfigurazione .Il 6 gennaio ha celebrato l’Epifania nella Grotta della Natività di Betlemme. Rileggiamo con emozione la cronaca di quel memorabile viaggio, che ha segnato la storia della Chiesa contemporanea:
Subito dopo la sua elezione a Sommo Pontefice, -riferisce Mons. Macchi-, Paolo VI pensò di recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa. Ne diede notizia in forma riservata al cardinale segretario con uno scritto autografo che porta la data del 21 settembre 1963: «Dopo lunga riflessione e dopo d’aver invocato il lume divino, mediante l’intercessione di Maria santissima e dei santi apostoli Pietro e Paolo, sembra doversi studiare positivamente se e come possibile una visita del Papa ai luoghi santi, nella Palestina».
Finalmente un papa tornava sui luoghi dove aveva vissuto Gesù, e da lui aveva ricevuto il formidabile compito di «pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle». Fu un’intuizione suggerita dallo Spirito Santo e sviluppata in segreto per evitare complicazioni di ogni genere, e poi comunicata in San Pietro il 4 dicembre ai padri conciliari che approvarono con un lungo applauso. «Vedremo quel suolo benedetto, donde Pietro partì e dove non ritornò più un suo successore; noi umilissimamente e brevissimamente vi ritorneremo in segno di preghiera, di penitenza e di rinnovazione per offrire a Cristo la sua Chiesa». Insieme a monsignor Martin –continua nelle sue memorie Mons. Macchi-, io stesso mi recai in Palestina per preparare il viaggio.
Giunto finalmente alla Basilica della Resurrezione, celebrò l’Eucaristia con immensa commozione; al termine invitò i presenti a nome di tutti gli uomini a rivolgersi a Cristo: «Prendiamo coscienza con sincero dolore di tutti i nostri peccati, dei peccati dei nostri padri, di quelli della storia passata, prendiamo coscienza di quelli del nostro tempo e del mondo in cui viviamo». Inizia poi la grande preghiera litanica di perdono: «Siamo venuti come i colpevoli che tornano al luogo del loro delitto… Siamo venuti per batterci il petto e domandarTi perdono, per implorare la Tua misericordia». In quei giorni il Papa era tutto intento a rivivere l’esperienza evangelica in pienezza, riascoltando la voce di Gesù «forte, dolce, divina». È la voce dell’agonia del Getsemani, è il grido sul Golgota o il dono totale al Cenacolo, la voce silenziosa ma potente del Bambino nella grotta di Betlemme, la voce del nascondimento operoso di Nazareth, e quella delle Beatitudini dal monte che costeggia il lago dove avvennero i gesti emblematici del Figlio di Dio. Entrando in Israele ricevette il saluto del presidente Zalman Shazar, a cui rispose presentandosi come «pellegrino della pace, venuto per venerare i luoghi santi e per pregare».
A Nazareth, visitando il luogo della Annunciazione, chiese a Maria santissima di essere introdotto «nella intimità con Cristo, il suo umano e divino Figlio Gesù». Qui riprese le grandi lezioni del Vangelo: lezione del silenzio, della vita familiare, del lavoro, e poi offrì quasi una trascrizione in chiave moderna delle Beatitudini insegnate da Gesù. A Betlemme, dalla grotta dove nacque Gesù, dopo aver espresso la sua fede con immensa profondità teologica e un intenso slancio di commozione, da questo «luogo di purezza e di tranquillità dove nacque venti secoli or sono Colui che invochiamo come Principe della pace», rivolse un accorato invito ai capi di Stato perché si impegnassero a generare e conservare la pace nel mondo. Un momento particolarmente intenso, ancora oggi presente alla mia memoria e al mio cuore, fu l’incontro con il patriarca di Costantinopoli, Athenagoras, venuto apposta a Gerusalemme per incontrare Paolo VI. Il primo affettuoso abbraccio avvenne la sera del 5 gennaio nella residenza della delegazione apostolica: i gesti, le parole, il Padre Nostro recitato nelle due lingue – latina e greca –, l’affetto e la stima che trasparivano così sinceri, tutto dava a vedere che qualcosa di grande e di unico stava avvenendo. Il Patriarca, dopo aver ringraziato Dio per questa felice occasione carica di speranze, ricordò con animo addolorato che «da secoli il mondo cristiano vive nella notte della separazione, e i suoi occhi sono stanchi di guardare nel buio»
. Nello scambio dei doni Paolo VI offrì un calice d’oro segno e speranza di una comunione completa, e ricordò che «le vie che conducono all’unione sono lunghe e disseminate di difficoltà, ma le due strade convergono l’una verso l’altra e approdano alle sorgenti del Vangelo».
Siamo lieti di cogliere propizia occasione per elevare riverente pensiero di grata ammirazione a quanti benemeriti figli di S. Francesco nel corso di sette secoli svolsero con tanta abnegazione prezioso fecondo servizio di fedele apostolato nella terra eletta di Gesù in mirabile irradiazione di fede viva, carità ardente, zelo sollecito. Rinnoviamo espressione nostro compiacimento riconoscente a Lei, ai confratelli tutti della Custodia, invochiamo dal Divino Redentore larga effusione di celesti favori e confortiamo loro solerte operosità con propiziatrice nostra Apostolica Benedizione. PAOLO PP. VI”. di Ornella Felici
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