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Quella frase da ricordare bene che cambiò profondamente la vita di Madre Teresa

Madre Teresa di Calcutta, morta nel 1997 e beatificata in tempi record nell’ottobre 2003 da Giovanni Paolo II senza attendere i cinque anni per l’apertura del processo canonico, come tutti sanno è stata proclamata santa da Papa Francesco domenica 4 settembre dello scorso anno.  

Tra le MC il 10 settembre 1946 viene celebrato come il giorno natale della Congregazione. Madre Teresa era venuta in India come novizia delle Suore di Loreto. Era molto felice nella sua comunità e nell’adempiere le funzioni di insegnante a Loreto, Entally (Calcutta).

Ma quel giorno di settembre, a bordo di un piccolo treno che si inerpicava da Siliguri a Darjeeling, le capitò un’esperienza totalmente inattesa: sentì la sete di Gesù e la chiamata a dare la vita a servizio dei poveri e dei reietti delle baraccopoli. La suora rimase profondamente turbata. Avrebbe potuto trattarsi di una tentazione del demonio, ma il suo confessore si convinse dell’origine divina di quell’ispirazione e invitò suor Teresa a mettersi in contatto con l’arcivescovo di Calcutta, monsignor Frdinand Périer. L’arcivescovo esitò più di un anno e la fece attendere – fu un periodo molto penoso – ma alla fine avallò la domanda inoltrata a Roma per ottenere il permesso di lasciare le suore di Loreto e fondare una nuova congregazione. In base alle Costituzioni, scopo della Congregazione è di «estinguere l’infinita sete d’amore per le anime di Gesù sulla croce, attraverso la professione dei consigli evangelici e l’adésione totale e piena al servizio libero dei più poveri tra i poveri» (Cost. 3). Questo duplice obiettivo è anche il messaggio sempre ricorrente nell’insegnamento di Madre Teresa. È solo verso la fine della vita, però, che la Madre parla più esplicitamente di quella sua esperienza trasformante.

Il 25 settembre 1993 scrive alle sorelle, ai fratelli e ai preti della sua Congregazione una lettera «molto personale» che «viene dal cuore della Madre». È molto preoccupata che il suo sodalizio non perda l’amore degli inizi, specialmente dopo che la Madre vi avrà lasciato… Fer me è venuto il momento di parlare apertamente del dono che Dio mi ha dato il 10 settembre, per spiegare meglio che posso cosa significhi per me la sete di Gesù. Quella sete è per me qualcosa di tanto intimo che fino ad oggi ho preferito pudicamente non parlare di ciò che sentii quel 10 settembre… Tutto tra le MC esiste per placare la sete di Gesù. Le sue parole, scritte sul muro di ognuna delle nostre cappelle, non riguardano solo il passato, ma sono vive oggi. Esse vengono pronunciate in questo momento per voi… è Gesù stesso che vi dice «Ho sete». Ascoltatelo pronunciare il vostro nome ogni giorno, non solo una volta… «Ho sete» è qualcosa di molto più profondo che non il dire semplicemente da parte di Gesù: «Vi amo». A meno che voi non sentiate nel profondo di voi stessi che Gesù ha sete di voi, non potrete cominciare a capire ciò che lui vuol essere per voi e voi per lui. Questa unione personale con Gesù deve portare frutti nel servizio ai poveri, ed ecco il quarto voto delle MC: «Il cuore e l’anima delle MC è solo questo: la sete del cuore di Gesù nascosto nel povero. È qui la fonte di ogni parte della vita delle MC…: saziare il Gesù vivo in mezzo a noi è l’unico scopo del nostro Sodalizio». Le due dimensioni del carisma di Madre Teresa, l’unione intima con Gesù e il lavoro per i poveri, non possono essere mai separate: «”Ho sete” e “L’avete fatto a me”, ricordate sempre di tenere insieme le due frasi… Non sottovalutate il nostro mezzo concreto: il lavoro per il povero, non importa quanto piccolo e umile. Sono i poveri a rendere la nostra vita qualcosa di bello per Dio». I poveri sono gli intermediari tramite i quali noi tocchiamo Gesù: «Sono il dono più prezioso di Dio al nostro Sodalizio, la presenza nascosta di Gesù tanto vicina e tanto tangibile» (Las, 25.3.93). Madre Teresa vede la sua vocazione, la vita e l’opera delle sorelle, come parte della missione della Chiesa, come il partecipare alla passione salvifica di Gesù. La Lettera ai Colossesi interpreta le prove dell’Apostolo come la continuazione della passione salvifica di Gesù: «Io sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1, 24). Questa partecipazione alla passione redentrice di Cristo è realizzata nella missione delle sue suore: Cercate di accrescere la vostra comprensione del mistero della redenzione. Questa conoscenza vi condurrà all’amore, e l’amore vi porterà a condividere attraverso il vostro sacrificio la passione di Cristo. Mie care figlie, senza sofferenza il nostro lavoro sarebbe puramente un servizio sociale, molto buono e utile, ma non sarebbe l’opera di Gesù Cristo. Non sarebbe parte della redenzione.

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Gesù ha voluto aiutarci condividendo la nostra vita, la nostra solitudine, la nostra agonia e la nostra morte. Egli ha preso tutto questo su di sé e l’ha portato fin nella notte più oscura. Solo facendosi una cosa sola con noi, Lui ci ha redento. Noi possiamo fare lo stesso. Tutta la desolazione dei poveri, non solo la loro povertà materiale, ma anche la miseria spirituale, devono essere redente, e noi dobbiamo prender parte a quest’opera di redenzione. Quando vi sembra difficile, pregate: “Voglio vivere in questo mondo che è così lontano da Dio, che si è tanto allontanato dalla luce di Gesù, per aiutarli, per prendere su di me qualcosa della loro sofferenza”. Sì, mie care figlie, condividiamo la sofferenza dei poveri, perché solo essendo uno con loro noi possiamo redimerli; e ciò avviene portando Dio nelle loro vite e conducendo loro a Dio (Las, primo venerdì, luglio ’61). Madre Teresa stessa fece esperienza del dolore della povertà in modo molto personale. Abbiamo un diario dei primi mesi della sua nuova vita, quando era impegnata a cercare un posto per il suo piccolo gruppo e dovette sperimentare le prove dell’impotenza. Quelle pagine, a un certo punto, contengono un passaggio molto personale: Oggi ho imparato una buona lezione: la povertà dei poveri deve essere spesso molto dura per loro. Mentre giravo alla ricerca di una casa ho camminato e camminato fino a che le gambe e le braccia hanno cominciato a dolermi. Allora ho pensato a quanto devono dolere le membra e lo spirito di chi cerca casa, cibo e aiuto. Foi la tentazione si è fatta più forte: nella mia mente si affollavano le immagini degli edifici di Loreto con tutte le loro belle cose, le comodità e il genere di persone che li frequentano.

Insomma, tutto. “Devi dire solo una parola e tutto quello sarà di nuovo tuo” continuava a suggerirmi il tentatore. Per libera scelta, Dio mio, e per amor Tuo, io desidero restare e fare qualunque cosa la Tua santa volontà disponga per me. Non mi concederò neppure una lacrima. Anche se dovrò soffrire più di adesso, continuerò a desiderare la Tua santa volontà. Questa è l’ora oscura della notte della nascita del Sodalizio. Mio Dio, dammi il coraggio ora, in questo momento, di perseverare nel seguire la tua chiamata (quaderno, 16.2.49) Il suo carisma era non solo di lavorare per i poveri, ma di condividerne anche la sofferenza, così da avere la sua parte nell’opera redentrice di Gesù. Ma ancora di più: lei doveva condividere la sofferenza della sete di lui.

Redazione Papaboys 

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