Nella serata di domenica Papa Francesco, intorno alle 19.30, si è recato in forma privata al policlinico Gemelli per una breve visita al card. Roger Etchegaray che vi si trova ricoverato lì da qualche ora. Un episodio simile è avvenuto il 17 ottobre del 1978 quando subito dopo l’elezione, il neo Papa Giovanni Paolo II si recò sempre privatamente al Gemelli di Roma per fare visita a un suo amico colpito da un ictus.
Il Papa nel corso del suo lungo pontificato si è recato molte volte al Policlinico romano, ri-nominato per tale ragione Vaticano III, per la cura della sua salute. Ben 11 infatti sono i ricoveri di Wojtyla, dall’11 maggio 1981 in seguito all’attentato in Piazza San Pietro al 24 febbraio 2005, ma in pochi ricordano la primissima volta che vi si recò. La visita del 17 ottobre è ritenuta ufficialmente il primo “viaggio” del neo papa polacco fuori dal Vaticano. In quella occasione il pontefice pronunziò poche parole: «Sono venuto qui per visitare il mio amico, il mio collega, il vescovo Andrzej Deskur, presidente della Pontificia commissione delle Comunicazioni sociali, da cui ho ricevuto tanto bene e tanta amicizia, e che da qualche giorno è finito in ospedale in gravi condizioni».
Karol Wojtyla era andato a visitare il suo caro e vecchio amico polacco e tutti gli ammalati ricoverati al policlinico romano sorprendendo il mondo intero, che certamente non si aspettava una imminente uscita del Santo Padre dal Vaticano a pochissime ora dalla sua elezione. I due amici si erano conosciuti al termine della seconda guerra mondiale a Cracovia nei corridoi del Seminario ed è proprio il cardinale Deskur a raccontare a Wlodzimierz Redzioch, vaticanista e scrittore polacco, in occasione del 30° anniversario dell’elezione al papato dell’Arcivescovo di Cracovia, un episodio curioso che però dopo qualche decennio ha ricevuto la sua risposta.
«Durante gli studi abitavamo insieme e avemmo modo di conoscerci», racconta il porporato polacco a Redzioch, e prosegue: «Tutti facevano a gara per uscire con lui durante le passeggiate settimanali, perché si ritornava arricchiti. Un giorno qualcuno ha scritto sulla porta della sua stanza: Karol Wojtyla, futuro santo. Sembrava uno scherzo; in verità rifletteva l’opinione che già allora avevamo del giovane Wojtyla. E adesso questo fatto diventa simbolico».
Redazione Papaboys (Fonte dentrolemura.blogspot.it/Alessandro Nicola Notarnicola)
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