Vorrei partire da un pensiero di Friedrich Nietzsche. Da qualche parte egli scrive che l’uomo è un animale mai completamente adattato. In modo nitido il filosofo tedesco ci ricorda che il nostro apparato istintuale è ben poca cosa rispetto a quello degli animali. Infatti l’uomo non ha risposte immediate (istinti) per tutte le stimolazioni che l’ambiente esterno gli offre. Lo deve interrogare a sua volta, lo deve analizzare e solo in questa maniera riesce a rintracciare risposte e soluzioni significative per i suoi bisogni e per i suoi desideri. E ciò non accade una volta per tutte: le singole risposte trovate, in verità, vengono a loro volta interrogate di nuovo, verificate ulteriormente alla ricerca di altre meglio corrispondenti alla nuova situazione di equilibrio creatasi con le precedenti soluzioni, in un processo e percorso virtualmente infinito.
L’inadattabilità dell’uomo a una situazione definita è un elemento essenziale del suo essere: egli è sempre in ricerca, perché – come vuole Nietzsche – mai completamente adattato. La ricerca è, dunque, una nota fondamentale dell’essere uomo. Non si tratta ovviamente di una sorta di innata predisposizione ai libri e alle penne. È qualcosa di più profondo: nello stesso modo in cui l’uomo è una domanda a se stesso (lo stupore), analogamente egli è una domanda di fronte al mondo (la ricerca). Per questo si pone sempre in stato di verifica dell’ ambiente che lo circonda, delle soluzioni che ha ricevuto da altri, delle convinzioni che circolano come verità sacrosante. L’uomo ha dentro di sé questa continua tensione alla ricerca.
È questo davvero qualcosa di unico. Pensa ai castori, in particolare alle loro tane, che – come noto – hanno una struttura unica nel regno animale. Tuttavia, i castori costruiscono le loro tane sempre nello stesso modo: straordinarie, dunque, ma uguali nel tempo. Considera, invece, quanto siano differenti le nostre dimore rispetto a quelle dei nostri antenati. Oppure rifletti – per riferirci a qualcosa di un po’ più «simpatico» – sul modo in cui vengono curati i nostri denti. Nello studio del mio dentista sono esposte alcune raffigurazioni degli strumenti con cui i suoi colleghi del passato usavano curare i pazienti: quegli oggetti mi fanno passare la paura alla sola loro vista! Oggi i dentisti usano mezzi di ben altra portata e decisamente meno invasivi. Ecco, questo risvolto pratico, di cui tutti noi – quando soffriamo di mal di denti – beneficiamo, trova la sua origine proprio nell’inadattabilità dell’uomo a uno stadio unico del suo viaggio nel tempo. E se nessuno avesse mai pensato a migliorare gli attrezzi dei dentisti…?
In un passaggio meritatamente famoso dell’Apologia di Socrate di Platone, in cui viene ricostruita la difesa approntata dal suo maestro, Socrate, dinanzi al tribunale ateniese che lo aveva accusato di empietà e di corruzione delle giovani generazioni e che poi lo condannò a morte, viene evidenziato in modo straordinario l’originario legame tra l’essere uomo e il bisogno della ricerca. È Socrate che parla:
Forse qualcuno potrebbe dirmi: “Ma standotene in silenzio e in tranquillità, o Socrate, non saresti capace di vivere, dopo che te ne sia andato via di qui?”. La cosa più difficile di tutte è persuadere alcuni di voi proprio su questo. Se io vi dicessi che questo significherebbe disubbidire al dio e che per questa ragione non sarebbe possibile che io vivessi in tranquillità, voi non mi credereste, come se io facessi la mia “ironia”. Se poi vi dicessi che il bene più grande per l’uomo è fare ogni giorno ragionamenti sulla virtù e sugli altri argomenti intorno ai quali mi avete ascoltato discutere e sottoporre ad esame me stesso e gli altri, e che una vita senza ricerche non è degna per l’uomo di essere vissuta; ebbene, se vi dicessi questo, mi credereste ancora di meno. Invece, le cose stanno proprio così come vi dico, o uomini. Ma il persuadervi non è cosa facile.
È un dato inconfutabile, quindi, l’originalità della ricerca nell’essere dell’uomo: ce la portiamo nel sangue e ciascuno deve onorare questo tratto che ci contraddistingue dagli altri animali. Pertanto, quando toccherà a te concretamente «fare qualche ricerca», per esempio per esprimere il tuo parere su qualcosa o per prendere qualche decisione fondamentale, abbi sempre in mente che stai entrando dentro la grande storia della civiltà umana.
In essa nessuno comincia mai per primo e nessuno è l’ultimo: tutti siamo dentro un fiume che inizia prima di noi e continuerà dopo di noi. Per questo il primo passo di ogni concreta ricerca è quello di ricostruire il filo rosso delle nozioni già acquisite, dei punti di non ritorno, dei convincimenti ormai assodati, ed è importante non solo comprendere l’esito delle ricerche precedenti, ma anche lo sviluppo interno di esse, per allenare il cervello a interrogare in modo innovativo il mondo che è di fronte a noi.
Questo è più o meno quanto ordinariamente si compie all’università, dove appunto sei stimolato ad apprendere il modo in cui altri hanno analizzato fenomeni naturali, problemi sociali, temi filosofici, ovvero il modo in cui sono state prese le decisioni che hanno avuto ripercussioni sull’intera comunità umana. Il segreto per vivere tutto ciò senza pesantezza è quello di sforzarsi, attraverso le risposte che i libri ci riportano, di rintracciare le domande degli uomini e delle donne che hanno attraversato l’avventura della vita umana prima di noi. Anzi, con tale atteggiamento nasce anche una maggiore familiarità con i grandi del passato, e addirittura si possono coltivare vere e proprie amicizie con loro, amicizie destinate molte volte ad accompagnarci lungo lo scorrere della nostra esistenza.
Dunque, molto importanti sono le domande. È vero, tu potresti dirmi che oggi viviamo in un’epoca ricchissima di informazioni, pronta ad offrire costantemente risposte a tutto, e che c’è sempre «mamma» Google dove digitare le proprie richieste e ottenere i dati desiderati: il tutto alla velocità di 0,15 secondi, come riporta diligentemente la schermata del browser…
Eppure, qualcosa in questo modo va perduto. Fare ricerca è regalarsi del tempo prezioso per cogliere le domande giuste, per farle vivere e maturare, per permettere loro di condurci verso le risposte e verso altre domande.
Caro amico, cara amica, amate le domande con tutte le vostre forze. Le risposte verranno!
Armando Matteo
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