Francesca Bonello, Elisa Valent, Valentina Gallo, Elena Maestrini, Lucrezia Borghi, Serena Saracino, Elisa Scarascia Mugnozza. Sono le sette studentesse italianedell’Erasmus che hanno perso la vita nel tragico schianto del bus in Catalogna, tutte ragazze tra i 19 e i 25 anni. Un appello tristissimo: rispondere “presente” vuol dire che non ci sei, che non ci sei più, e che non puoi neanche rispondere. Che per te risponderanno i tuoi genitori: saranno loro ad alzarsi in piedi in questo tragico appello e confermare che i sette cadaveri estratti dalle lamiere sono le loro figlie.
Ci fermiamo e tutti parliamo della loro bellezza: belle dentro e belle fuori, dicono. Le prime foto apparse ti fanno piangere se non avevi ancora pianto. Sono quelle dei loro profili Facebook, quindi sono le loro foto più belle: solo gli scatti migliori appaiono sui nostri social ma a vent’anni anni sei bella pure negli scatti venuti male.
Se morire è una tragedia sopravvivere a chi ami lo è cento volte di più. Vedi quei visi felici e leggi di come sia difficile identificare i corpi perché erano risalite sugli autobus non come vi erano partite, cioè ai loro posti, ma in ordine sparso e vuol dire che la gita era andata bene, che durante la giornata si erano conosciute tra di loro ancora meglio tanto che al ritorno si erano mischiate e avevano scambiato i posti.
Una mamma diceva che non voleva la figlia andasse via. Spesso i genitori arrancano nel lasciar partire i figli verso i loro studi lontani, i loro lavori precari oltre confine, ma poi li fanno andare: vince l’amore.
Se sei genitore, la paura più grande della vita è che i tuoi figli non tornino più e che tu gli sopravviva. È “la paura”. Non ce ne sono altre. Ma, per fortuna, i figli continueranno a partire e i genitori a rimanere a casa. Se non sarà l’Erasmus sarà un’altra cosa perché a vent’anni anni, a casa, si torna solo per ripartire.
Povere famiglie che devono anche affrontare la trafila della burocrazia: gli interrogatori, i rilievi, le testimonianze, i riconoscimenti, le colpe. Un continuo grattare su ferite aperte e sanguinanti.
Applaudiamo queste belle famiglie che dei figli avevano saputo amare tutto: anche la loro voglia di misurarsi e di vivere fuori, lontano, da grandi. Hanno saputo dire “vai” quando volevano solo dire “rimani”. Perché volere bene è sempre stato questo: volere il bene dell’altro.
Di Don Mauro Leonardi
Tratto da L’HuffPost