Emma e Sophia, un mese, sono due bimbe sottratte, dietro compenso economico, a una madre che le ha partorite in Messico e non le rivedrà mai più. E non meritavano di finire sulle passerelle per un delirio narcisistico di due stilisti in cerca di pubblicità che non esitano a sfruttare due neonate per propagandare il presunto diritto delle coppie omosessuali ad avere un figlio. Il tutto tra gli applausi ipocriti di chi ha detto che è un inno alla paternità.
Due neonate avvolte in un drappo di seta nera e tenute in braccio, i flash dei fotografi, gli applausi del pubblico e per gradire, tra sete e velluti, sotto forma di stampa, ci sono anche le lastre delle prime ecografie. Sottotitolo: «La casa delle bambole». Le immagini dello stilista russo Sergei Grinko
e del suo compagno Filippo Cocchetti che calcano le passerelle milanesi in apertura della settimana della moda tenendo in braccio le loro bimbe di un mese, Emma e Sophia, nate con l’utero in affitto in Messico a novembre, hanno già fatto il giro del mondo suscitando il plauso dei media mainstream: «fiocco rossa sulle passerelle milanesi», «orgoglio e gioia pura per la paternità, al di là di ogni speculazione».E invece si è trattato di uno spettacolo osceno e decisamente volgare. Cosa c’entra la paternità con due bimbe comprate da una madre surrogata in Messico? Perché esibire due neonate come trofei di caccia tra drappi di seta e flash dei fotografi? Perché trasformarle in uno spot di pessimo gusto per sbandierare un presunto diritto delle coppie omosessuali ad avere un figlio magari facendo shopping in Paesi dove le donne vengono schiavizzate a partorire figli per conto terzi per pochi spiccioli? Perché trasformare in merchandising persino le lastre delle ecografie, che sono qualcosa di intimo e privato, spacciandole per una trovata glamour e originale?
Emma e Sophia hanno solo un mese, sono due bimbe sottratte, dietro compenso economico, a una madre che le ha partorite in Messico e non le rivedrà mai più. E già questo è moralmente inaccettabile. Ma anche se non fosse così, Emma e Sophia non meritavano di finire sotto lo sguardo famelico delle telecamere per il delirio narcisistico di due stilisti in cerca di pubblicità e di qualche titolo mieloso sui giornali e che nulla ha a che fare con la paternità.
Contestiamo, giustamente, i partiti quando portano i bimbi nei cortei e li strumentalizzano nelle lotte politiche. Contestiamo i reality in Tv quando hanno per protagonisti bambini che diventano delle star. Anche il diritto di cronaca dei giornalisti deve giustamente arrestarsi di fronte a casi che hanno per protagonisti i bambini. E poi ci inchiniamo ipocritamente a chi porta sulla passerella due bimbe esibendole come se fossero delle borse. Ma se il fine è politicamente corretto allora va bene tutto. Il trionfo dell’ipocrisia.
Fonte www.famigliacristiana.it
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