I discepoli partono, da Betania, presumibile luogo scelto da Gesù come temporanea residenza per questo periodo. Salgono lungo le pendici orientali del monte degli Ulivi, per poi scendere verso il torrente Cedron e quindi risalire i pochi metri di declivio che portano alla Città santa. I discepoli, che secondo Luca sarebbero Pietro e Giovanni, incontrano l’uomo con la brocca ed insieme a lui si recano nella casa dove dovranno preparare la Cena. Nella narrazione di Marco la sala è addobbata con tappeti. In quella di Luca, invece, si parla solo di sala addobbata. Certamente gli amici di Gesù vogliono accoglierlo con tutti gli onori. La cena vera e propria, rappresenta uno dei momenti decisivi della vita del Maestro, ed introduce quelle che saranno, poi, le ore della passione. Secondo la tradizione dei Vangeli Sinottici, Gesù con un gesto profetico, fa preparare la Sala per mangiare la Pasqua con i suoi amici, nella notte tra il 14 ed il 15 di Nisan. Quindi l’arresto e la passione avvengono, in questa notte e nel giorno successivo. Secondo il quarto Vangelo, quello di Giovanni – suffragato anche dal vangelo apocrifo di Pietro- i fatti dell’ultima cena e quelli successivi della passione e morte si svolgono ventiquattro ore prima, e cioè nella notte che va dal 13 al 14 e lo stesso giorno 14 di Nisan.
Fonti e testimonianze-. La tradizione cristiana sull’autenticità del luogo sacro è antichissima. Sant’Epifanio, di origine palestinese, morto nel 403, dimorò per diverso tempo a Gerusalemme. Lui scrive che, quando l’imperatore Adriano visitò la Palestina, trovò Gerusalemme come l’aveva lasciata la distruzione di Tito avvenuta nell’anno 70. Tutti gli edifici erano stati demoliti, eccetto poche case, “tra le quali la piccola chiesa, eretta sul luogo dove gli apostoli avevano atteso la Pentecoste”.
Una testimonianza dunque dell’edificazione di una chiesa sul Cenacolo. Il luogo è richiamato anche da San Cirillo in un sermone quando parla della “chiesa degli Apostoli”. La pellegrina Egeria, scrittrice romana del IV-V secolo, descrive nel suo Itinerarium le liturgie che venivano celebrate “nella chiesa sul Monte Sion” a ricordo delle apparizioni del Signore e della Pentecoste. Documenti attestano che proprio nella seconda metà del IV secolo la chiesa sia stata rifatta o restaurata dal vescovo di Gerusalemme, Giovanni II (386-417). Da allora fu chiamata la “Santa Sion”. Vi si veneravano alcune preziose reliquie della Passione, e vi si celebrava la memoria di San Giacomo e del re Davide, la cui tomba era venerata sotto il Cenacolo. Da questo significato si è passati a una denominazione topografica, chiamando “Monte Sion” la parte Sud del colle occidentale, su cui sorge il Cenacolo. Si trattava di un edificio con ampie sale, articolato su due piani: la zona a pian terreno era usata per le preghiere e per le riunioni comunitarie la zona al piano superiore era adibita per consumare i pasti.
Storia del luogo-. Le milizie dei Persiani di Cosroe distrussero la chiesa nel 614. Questa venne restaurata pochi anni dopo dal monaco Modesto, poi Patriarca di Gerusalemme. In seguito fu nuovamente devastata, dai musulmani. Al loro arrivo i crociati trovarono le rovine del luogo santo: si era salvata solo la cappella del Cenacolo. Essi edificarono una grande basilica che comprendeva oltre la “Sala superiore” (la cappella del Cenacolo) anche il luogo della Dormizione della Madonna. Caduto il regno crociato, il cenacolo fu conservato dai cristiani che continuarono a celebrarvi la Messa, mentre la basilica andò poco per volta in rovina. L’arrivo dei Francescani in Terra Santa nel 1333 segnò, come prima opera, il restauro del Cenacolo e la costruzione, qualche anno dopo, del contiguo, piccolo convento che si conserva ancora oggi. Fu allora che il superiore dei Francescani assunse il titolo di “Guardiano del Monte Sion”. Un secolo dopo, i musulmani e alcune famiglie ebraiche, si appropriarono delle sale sottostanti il Cenacolo, rivendicando per loro la “Tomba del profeta Davide”. In seguito, un decreto del governo di Costantinopoli, privò i Francescani anche della “Sala superiore” (nel 1524). Successivamente i religiosi abbandonarono anche il convento nel 1551. Il Cenacolo fu convertito in moschea; in seguito, nella parete sud della sala, fu costruito un mihrab ossia la nicchia che indica la direzione della Mecca, e fu posta una cancellata, dall’esterno della quale, i pellegrini cristiani potevano vedere il luogo a loro sacro. Dopo la costituzione ufficiale della moschea fu rigorosamente vietato ai cristiani di accedere al luogo. La severità della proibizione si mantenne fino al secolo scorso. Successivamente venne in parte mitigata quando fu permesso ai cristiani la visita del luogo santo. Restò però ancora in vigore la proibizione di celebrarvi la Messa. Dopo le vicende belliche, gli Israeliani presero possesso del luogo e abbatterono la cancellata permettendo le visite dei devoti al Cenacolo. Sul luogo vi si applica ora lo Statu Quo che impedisce lo svolgersi di qualsiasi funzione liturgica.
Come si presenta oggi il Cenacolo-. Attualmente nel luogo del Cenacolo esiste un edificio a due piani: in basso a est, una sala chiamata “tomba di David”, in alto a ovest una grande sala chiamata il “Cenacolo”. All’interno del cenacolo è esposto un candelabro a tre braccia che rappresentano le tre religioni monoteistiche, realizzato e donato con il restauro del cenacolo stesso dal fondatore e presidente dell’ospedale San Raffaele di Milano, Don Luigi Maria Verzé nel 1996. Un angolo di questo fabbricato è di origine romana. Attualmente è in corso una trattativa per restituire al culto cristiano la sala dove Gesù istituì il sacrificio della Messa. a cura di Ornella Felici
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