La riviera ligure è famosa per gli splendidi scenari artistici e panoramici che offre.
Questa domenica vi portiamo a pochi chilometri da Savona, per farvi conoscere il Santuario mariano di Nostra Signora della Misericordia.
La Chiesa del Santuario è stata progettata da Antonio Pace Sormano ed è il tipico esempio di primo barocco italiano, seppure dalla struttura anomala.
È costruita infatti su tre livelli: navata, cripta e presbiterio – come la cattedrale romanica distrutta dai Genovesi per costruire la Fortezza del Priamar-.
La facciata, adopera di Taddeo Carlone di Rovio invece,è tipicamente barocca, completata fra il 1609 e il 1615 circa.
E’ costruita in pietra del Finale ed è composta da tre nicchie in cui sono collocate le statue di San Giovanni Battista, di San Giovanni apostolo ed evangelista e della Vergine.
Lo stemma di Savona sotto il timpano centrale ricorda il patronato della città sull’edificio. Il sagrato è stato rifatto nel 1986.
Sul piazzale antistante la Chiesa, è collocata una fontana di Giacomo Antonio Ponsonelli del 1708.
Il complesso nasce attorno alla Chiesa già edificata nel1536, nel preciso luogo dell’apparizione della Madonna al Beato Antonio Botta.
Riprendiamo dal sito ligure la storia del santuario e delle sue apparizioni.
Sabato 18 marzo 1536. Nella valle del Letimbro, angusta e solitaria, pochi rustici casolari si raccoglievano attorno alla Chiesa di San Bernardo, situata ad alcuni chilometri dalla città. Erano poche famiglie di contadini e pastori, rotti alla fatica ed al lavoro.
Quella mattina, un povero contadino, Antonio Botta, che abitava in un casolare di fondo valle, uscì di buon’ora per recarsi al suo podere. Giunto nella vigna si accorse che le viti avevano già buttato fuori i primi germogli. Gli venne in mente allora che la vigna di un suo parente, cui l’aveva promesso, non era ancora stata potata.
Così Antonio Botta lasciò di legare le sue viti e partì per compiere la carità promessa. I due vigneti non distavano molto l’uno dall’altro: bastava percorrere un piccolo sentiero sassoso ed attraversare un torrentello, in quella stagione, abbastanza ricco d’acqua. Strada facendo tirò fuori dalla tasca la sua grossa corona e cominciò a dire il Rosario.
Giunto al torrente, attirato dalla limpidità di quell’acqua, non poté fare a meno di chinarsi per tuffarvi le mani e rinfrescare la faccia. Fu in quella posizione, ginocchioni sulle pietre del torrente che avvenne il prodigio. Fu – raccontò poi lo stesso Antonio Botta nel suo linguaggio semplice e disadorno – come il discendere dal cielo di un grande splendore.
Splendore “per lo quale, molto sbigottito, fui per cascare in terra tramortito. Talmente che mi cascò il berretto di capo, e subito poi sentii una voce nel splendore, qual mi disse, levati e non dubitare, ch’io sono Maria Vergine, e rizzandomi parmi vedere ma pure offuscamente nel splendore, la forma di una Donna, quale in tal modo mi cominciò a parlare: Vanne al tuo confessore, e digli, che annunzi in Chiesa al popolo, che digiuni tre sabati e faccia la Processione tre giorni in onore di Dio e della Sua Madre: Tu di poi ti confesserai, e comunicherai: il quarto sabato in questo luogo tornerai. E detto questo, sentii passare per la strada pubblica alquanti mulattieri, onde io dubitando, che non ci vedessero mi volsi nascondere: ma Lei mi disse, non ti muovere, che non potranno vedere né l’uno né l’altro: Poiché ebbe dette queste parole disparve la figura con lo splendore insieme”.
Commosso e turbato dal fatto straordinario, Antonio Botta corse dal suo confessore per recargli il messaggio della Vergine. Come era da aspettarsi, la notizia si sparse in un baleno.
Tutta la città ne fu scossa. Anche Mons. Bartolomeo Chiabrera, Vicario Generale del Card. Agostino Spinola, Vescovo di Savona, ma residente abitualmente a Roma ed il Podestà Baldassarre Doria che rappresentava il governo genovese, si interessarono del fatto.
Mons. Chiabrera temeva le troppo facili deviazioni del sentimento religioso (non si dimentichi che proprio in quegli anni il moto protestante stava sconvolgendo, come una enorme bufera, tutta la Cristianità del Nord Europa).
Da parte sua il Podestà di Savona temeva che un movimento, inizialmente di carattere religioso, degenerasse in un moto politico di ribellione contro Genova dominatrice.
Solo otto anni erano trascorsi da quando Savona, nel 1528, aveva dovuto cedere dinanzi alla potenza della rivale, passata con Andrea Doria al servizio della Spagna: stava per essere smantellato tutto l’antico nucleo medioevale del Priamàr, chiuso e distrutto il suo porto che costituiva, economicamente tutta la sua vita.
Preoccupati dunque di quanto stava accadendo, Vicario e Podestà si misero d’accordo e mandarono a prendere, nottetempo, Antonio Botta “come se fosse stato un ladro ed un malfattore”. E dalla sua stessa bocca ebbero conferma, semplice e schietta dell’Apparizione.
Nella notte seguente molti cittadini e pescatori intenti al loro lavoro, testimoniarono di avere scorto tre fuochi misteriosi brillare sul Duomo e sul Castello del Priamàr.
Intanto Savona si rinnovava a penitenza. La Madonna non aveva parlato invano. Mai il popolo di Savona era stato così unanime e concorde nel rinnovamento della sua vita morale e religiosa.
L’attesa della seconda apparizione promessa dalla Vergine, teneva in fervorosa trepidazione il cuore di tutti i savonesi. L’8 aprile, quarto sabato dopo l’Apparizione, vigilia delle Palme, Antonio Botta, umile e semplice, ritornò sul luogo del miracolo. Si pose in ginocchio, raccolse le sue mani callose nel gesto della preghiera, ed il prodigio si rinnovò.
Il cielo si aprì in una luce immensa, abbagliante. Attorno, gli alberi, i monti pareva non esistessero più. Soltanto lì dinanzi, come posata su un sasso del torrente, una luce che a poco a poco prese forma di Donna, tutta vestita di bianco, coronata d’oro fulgente, colle mani tese in giù ed allargate in un gesto di dolcissima impetrante misericordia.
“Tu andrai da quelli di Savona che ti mandarono a chiedere spiegazioni sul mio primo messaggio, e dirai che annuncino al popolo di digiunare per tre sabati, e facciano fare la processione per tre giorni da tutti i Religiosi e Case di Disciplinanti; ed a questi Disciplinanti sia raccomandata la disciplina soprattutto nel giorno del Venerdì Santo. Perché se non fosse per quelle poche orazioni ed opere buone, compiute dalle Confraternite e da altri servi di Dio, il mondo sarebbe ancor più tribolato che non è. E in genere, che annuncino a tutto il popolo di emendarsi dalle loro iniquità, e di lasciare i vizi e i peccati: perché il Mio Figliuolo è molto adirato verso il mondo per le grandi iniquità che in esso al presente regnano. E se non faranno questo, la loro vita sarà breve.”
Allora il Botta rispose: “Se non mi date alcun segnale essi non mi crederanno”
E la Madonna: “Io diedi loro tale segno interiore quella sera in cui fosti chiamato alla loro presenza che ti crederanno senza altro segnale”.
Poi soggiunse: “Tu andrai avanti nella tua vita, ed Io ispirerò a molta gente quello che avranno da fare”.
E detto questo alzò tre volte le mani e gli occhi verso il cielo dando tre volte la benedizione sopra il fiumicello sempre dicendo rivolgendosi al suo Gesù:
Misericordia, Figlio, voglio e non giustizia.
Poi, scomparve. Ed in quel luogo rimase, per lungo tempo, un grande profumo.
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Il 18 marzo 1580, quarantaquattro anni dopo le prime apparizioni, mentre il pio Antonio Botta era già passato a godere il premio dei giusti, la Madonna si mostrava nuovamente nella valle del Letimbro, ad un frate Cappuccino, il Padre Agostino da Genova.
Non aveva, questa volta un messaggio particolare da affidare al popolo di Savona, ma solo un gesto – l’atto di benedire la processione votiva che giungeva al Santuario – come per indicare la continuità del suo Messaggio e della Sua protezione.
L’apparizione avvenne sul poggio che si eleva solitario a nord ovest del Santuario.
Sul luogo fu posta dapprima una croce (donde il nome di crocetta con cui ancora oggi si chiama il poggio): in seguito (nel 1680) vi fu eretta una Cappella a pianta ottagonale con cupola.
L’interno della Chiesa, decorato da svariati artisti nel corso
degli anni, tra le opere più importanti presenta: un altare di Gian
Lorenzo Bernini, una grande tela del Domenichino ed alcuni affreschi
settecenteschi della volta e della cupola del pittore Bernardo Castello.
Nella cripta inoltre, si trova la statua della Madonna di Misericordia,
incoronata dal papa Pio VII, dopo essere stato liberato dalla sua prigionia
savonese, che iniziò nel 1809.
L’ultimo Papa che fece visita al Santuario e che si fermò a pregare davanti a questa statua della Vergine, fu Benedetto XVI il 17 maggio 2008.
Ci sono poi quattro altari marmorei sulla navata sinistra e destra, tra cui spiccanno quello dedicato alla Madonna delle Neve con un pala del 1610, quello della Visitazione a parallelepipedo con decorazioni floreali e quello dell’Immacolata Concezione.
Nel presbiterio troviamo l’altare e i portali di accesso al coro che risalgono al 1756, mentre il grande Crocifisso ligneo è databile fra Sei e Settecento.
Nell’abside il coro ligneo del 1644 è stato successivamente arricchito da dossali intarsiati eseguiti da Vincenzo Garassini e completati, dopo la sua morte, dal figlio Giuseppe.
La tarsia dietro l’altare invece, si deve invece a Ignazio Scotto, che l’ha costruita nel 1882.
Troviamo inoltre anche il Museo del Tesoro, con tutti gli ex voto ed oggetti sacri che sono stati collezionati nel tempo.
In vista del terzo centenario dell’apparizione, nell’anno 1836, un’équipe di artisti lombardi sistemò ed aggiunse alcuni dettagli alla Chiesa.
Le parti ornamentali furono rifatte in un elegante stile neoclassico.
Pietro Narducci restaura i riquadri del Castello con le Storie della Vergine, aggiungendo le monumentali figure di angeli sopra gli arconi della navata maggiore e gli Evangelisti nei pennacchi della cupola.
Successivamente, tra il 1860 ed il 1874, fu rifatto anche il pavimento in marmi policromi che sostituì il precedente che proveniva dalla vecchia cattedrale di Savona.
Il pulpito in seguito, è stato ideato e realizzato dallo scultore genovese Onorato Toso nel 1915.
Per le celebrazioni del quarto centenario invece, è installato un nuovo organo, eseguito dalla ditta Malvestio: ciò determina la necessità di modificare l’abside, poi affrescata da Eso Peluzzi (1928).
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