Questa domenica vi portiamo alla scoperta del Santuario della Madonna della Corona
Sembra sospeso a mezz’aria, ma è adagiato ad una scogliera verticale sul Monte Baldo e si raggiunge tramite un sentiero panoramico, che è tra i più belli d’Italia.
La posizione del Santuario
E’ qui che alberga il Santuario della Madonna della Corona a Ferrara di Monte Baldo, in provincia di Verona, precisamente nella località di Spiazzi.
La parete rocciosa cinge il terrazzo, dal quale è possibile ammirare lo strapiombo, a 775 metri d’altezza.
Originariamente il luogo ospitava un eremo, la chiesa attuale fu costruita nel 1530 diventando santuario solo nel 1625.
Tutto questo avvenne solo quando i cavalieri di Malta fecero riedificare la chiesa.
La sua difficile accessibilità, ha preservato il sito, che è giunto quasi intatto fino al XX secolo. L’interno del santuario ospita la Scala Santa, una riproduzione della scala che si trova a Roma vicino alla basilica di San Giovanni in Laterano.
La strada che porta al Santuario
Il santuario si raggiunge attraversando un percorso scenico, conosciuto come il Sentiero della Speranza.
Questo attraversa un bosco e giunge fino alla scalinata che porta alla chiesa.
Se prima era esclusivamente meta di devoti e religiosi, oggi la strada è percorsa anche dagli amanti del trekking e delle passeggiate. Il sentiero è lungo circa 2,5 km e può essere percorso in 2 ore circa di cammino.
La camminata parte dal paese di Brentino Belluno, dove si trova una scalinata che conduce fino al bosco.
Il paesaggio mozzafiato che segue il percorso fino al Santuario, è possibile ammirarlo dalla spaziosa terrazza dove si trova La Croce.
Si prosegue poi verso il Monte Baldo, affrontando una scala, per poi fermarsi presso la Grotta della Pietà, una caratteristica capanna.
L’ultima parte del Sentiero della Speranza, che richiede l’attraversamento dello splendido ponte del Tiglio, interamente realizzato in pietra, porta alla scalinata d’accesso della Chiesa.
Prima solo i pellegrini e i devoti erano soliti percorrere il sentiero, ma oggi il numero di turisti è altissimo.
Infatti molti fanno lunghe passeggiate o sessioni di trekking, in questo posto magico che porta al Santuario attraverso un percorso panoramico di 2.5 chilometri.
Dal sito del Santuario riportiamo la Storia e le Opere presenti in questo.
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La storia del Santuario
Il Santuario della Corona è luogo di silenzio e di meditazione, sospeso tra cielo e terra, celato nel cuore delle rocce del Baldo.
Documenti medievali attestano che già intorno all’anno Mille nell’area del Baldo vivevano degli eremiti legati all’Abbazia di San Zeno in Verona.
Almeno dalla seconda metà del 1200 esistevano un monastero ed una cappella dedicata a S. Maria di Montebaldo accessibili attraverso uno stretto e pericoloso sentiero nella roccia.
Una pia tradizione collocava la nascita del Santuario della Madonna della Corona nel 1522, anno in cui la scultura qui venerata sarebbe stata miracolosamente traslata per intervento angelico dall’isola di Rodi, invasa dall’armata mussulmana di Solimano II.
La datazione viene smentita dall’esistenza, nei recessi dell’attuale Santuario, di un dipinto di una Madonna con bambino, di fattura trecentesca.
Ella costituì la prima immagine venerata nell’originaria chiesetta e che da essa prese il nome.
Il passaggio ai Cavalieri del Santo Sepolcro
Tra il 1434 ed il 1437 S. Maria di Montebaldo, passò in proprietà ai Cavalieri di San Giovanni, o del Santo Sepolcro, presenti a Verona dal 1362 come commenda di San Vitale e Sepolcro.
Loro conservarono la proprietà del Santuario fino allo scioglimento con provvedimento napoleonico nel 1806. A questo periodo sembra risalire il gruppo in pietra della Pietà poi venerata come Madonna della Corona.
Alta 70 centimetri, larga 56 e profonda 25, la statua è in pietra locale dipinta. La statua poggia su un piedistallo recante la scritta “HOC OPUS FEClT FIERI LODOVICUS D CASTROBARCO D 1432”.
Viene tradizionalmente considerata come prova che la statua venne fatta realizzare e donata alla Corona nel 1432 da Lodovico Castelbarco, proveniente da una nobile famiglia roveretana.
La nascita del Santuario
Nei quattro secoli di gestione, la Commenda trasformò radicalmente la Madonna della Corona, facendola diventare un autentico Santuario capiente ed accessibile grazie alla sistemazione del ponte in legno di accesso a valle (1458) e alla costruzione sopra la preesistente di una nuova chiesa, di circa 18 metri per 7 (1490- 1521).
Nel corso del Cinquecento vennero realizzate le due scale di accesso tuttora visibili: la più ampia, di 556 gradini, che dalla fonte di Spiazzi, poi denominata “Fonte dell’Indipendenza”, scendeva al ponte del tiglio, e quella più stretta, di 234 gradini, ricavata nella roccia lungo l’originario strettissimo percorso che conduceva dal ponte alla chiesa.
La nuova Chiesa
Nel 1625, iniziò la costruzione di una nuova e più ampia chiesa 4 metri sopra la precedente che rimase inglobata sotto il nuovo presbiterio.
I lavori si protrassero per alcuni decenni, giungendo al tetto nel 1664 e concludendosi definitivamente nel 1685.
Nel frattempo vennero risistemate le vie d’accesso grazie al contributo del commendatore Tancredi venne costruito in una cavità del monte un ospizio per le necessità di alloggio dei pellegrini sempre più numerosi.
L’assetto complessivo dell’intera area del Santuario è documentato in due preziosi inventari, del 1724 e del 1744, ed è perfettamente visibile in una bellissima incisione eseguita nel 1750 da Giovanni Antonio Urbani su incarico del rettore don Giancarlo Balbi.
Chi ha contribuito alla costruzione della Chiesa nuova
Sul finire del secolo XIX, su progetti dell’arch. Giuseppe Magagnotti di Verona e dell’ing. Emilio Paor di Trento, la chiesa fu ampliata e dotata di una nuova facciata in stile gotico, ornata di marmi; la conclusione dei lavori fu solennizzata il 17 settembre 1899 con la cerimonia d’incoronazione della statua dell’Addolorata.
Negli anni successivi facciata e chiesa furono impreziosite da statue dello scultore Ugo Zannoni, nel 1921-1922 fu rifatto il campanile con guglia svettante e nel 1922, in occasione del quarto centenario della comparsa della statua dell’Addolorata, venne migliorata la strada e aperta, su disegno dell’ing. Federici, la galleria d’accesso al Santuario, agevolando così il percorso ai pellegrini.
Dopo l’ultimo conflitto mondiale, dal 1946 al 1949, il rettore don Sandrini fece eseguire, su progetto dell’arch. Banterle, un ampliamento della chiesa nella parte del presbiterio.
La basilica attuale
Nel 1974 venne affidato all’architetto Guido Tisato l’incarico di redigere un progetto di un intervento globale.
Questo prevedeva l’abbattimento della Chiesa esistente, la conservazione delle parti più valide e significative e la costruzione di una struttura più ampia.
Demolizione e ricostruzione del Santuario vennero effettuati dal 1975 al 1978 ed il 4 giugno 1978 il Vescovo Giuseppe Carraro poté procedere alla dedicazione del nuovo Santuario e del nuovo altare.
Nel 1982 al Santuario venne attribuito il titolo “basilica minore”.
Il 17 aprile 1988 Papa Giovanni Paolo II visita il e prega la Madonna della Corona.
Aspetti artistici
Le sculture di Ugo Zannoni
Numerose le opere scultoree presenti al Santuario, delle quali buona parte, realizzate in marmo bianco di Carrara, sono dello scultore veronese Ugo Zannoni.
Nel 1900 le statue rappresentanti: San Giovanni Evangelista e Santa Maria Maddalena, visibili in nicchie sporgenti sulla facciata, e l’Addolorata in piedi, ora collocata nella cappella delle confessioni.
Tra il 1912 e il 1913 la statua di San Giuseppe e quelle dei due santi patroni dei Cavalieri di Malta, Santa Toscana e San Giovanni Battista, le 14 formelle della Via Crucis, sui pilastri della navata centrale del Santuario e le formelle in gesso dei sette dolori della Madonna, ora nella Cappella dell’Adorazione.
Al 1916 invece risalgono l’Ecce Homo e i due Angeli oranti, nella cappella delle Confessioni; infine nel 1919, poco prima di morire, l’altorilievo dell’incontro di Cristo con Sua Madre.
Le opere di Raffaele Bonente
Sia nel Santuario, che lungo la strada d’accesso si possono ammirare le fusioni in bronzo dell’architetto veronese Raffaele Bonente. Particolarmente originale è la “scenografia” sulla parete rocciosa dell’abside, attorno alla statua della Pietà, circondata da una corona di spine e da cinque gruppi angelici.
– il paliotto dell’altare con le tre formelle bronzee raffiguranti la Natività, la Crocifissione e la Pentecoste, separate da quattro lesene dedicate agli Evangelisti; ai lati due formelle dedicate alla chiesa veronese, mentre la parte retrostante è suddivisa in tre campiture, contenenti ai lati due invocazioni mariane e al centro il cuore della Madonna trafitto da sette spade;
– i 6 candelabri sulla mensa con i simboli degli Evangelisti e simboli allegorici;
– la formella dell’Annunciazione, posta sull’ambone, ed il leggio con i simboli dei quattro Evangelisti, i volti di Abramo, Mosè, Davide e Isaia, ed al centro il monogramma di Cristo;
– il tabernacolo del 1982 con le quattro figure in bronzo rappresentanti la fede, la speranza, la carità e la religione;
– il battistero del 1988 che presenta nella parte inferiore otto pesci, nella parte superiore, i sette doni dello Spirito Santo;
– il medaglione ricordo della visita papale, dal 1993 all’esterno del Santuario;
– le vetrate nella navata destra del Santuario raffiguranti i misteri del Rosario;
– le sculture e le vetrate che ornano la cappella dell’Adorazione, realizzate nel 1990;
– le statue bronzee delle stazioni della Via Crucis lungo la strada che dalla Residenza “Stella Alpina” porta al Santuario.
Gli ex-voto
Lungo la parete destra del Santuario è esposto un vero patrimonio storico-artistico rappresentato dagli ex voto: 167 tavolette di diverse dimensioni.
La più antica risale al 1547 e rappresenta il salvataggio miracoloso di una donna che sta per annegare nell’Adige a Verona.
Sul piano storico l’ex voto più interessante è la grande tela donata dalla comunità di Bardolino nel 1665, in ringraziamento dell’ottenuta grazia della pioggia.
Quello più prezioso è un olio su tela raffigurante Cristo alla Colonna, eseguito nel 1724 dal pittore veronese Antonio Balestra