Corpus et Salus

‘Questa è la mia malattia rara’: un’artista orfana si racconta in 15 disegni

Kam Redlawsk è una ragazza di 38 anni che ha trovato un modo incredibile e bellissimo di raccontare la sua storia, che è una storia di dolore ma anche di speranza. Kam racconta che a 20 anni dopo aver preso la laurea in Design industriale ha cominciato ad avvertire strani sintomi.

La giovane è passata dal condurre una vita attiva al perdere progressivamente l’uso di gambe e braccia, fino a dover usare una carrozzella.

Dopo 5 anni di ricerca ha scoperto di avere una malattia genetica molto rara che causava il progressivo deterioramento muscolare: la GNEM, conosciuta come miopatia GNE, malattia che colpisce 1 persona su 3 mila nel mondo.

I medici la chiamano malattia orfana, perché dal punto di vista sanitario per questo tipo di malattia rara è difficile effettuare una diagnosi e quindi offrire un’adeguata terapia e l’autrice dei disegni che vi mostriamo lo trova ironico dal momento che lei è stata un’orfana in Corea del Sud.

I medici non le davano speranze, dopo la laurea però l’autrice ha trovato lavoro come designer per i giocattoli.

Lì ha anche trovato altre persone con la sua stessa malattia e che l’hanno aiutata a promuovere ricerche e sostegno.

Kam ha iniziato a cercare di diffondere maggior consapevolezza sulla sua malattia. Dal momento che è difficile empatizzare con libri di medicina la giovane ha aperto un blog dedicato alla sua esperienza: KamRedlawsk.

Spero che i miei semplici disegni non educheranno solo chi li vede circa la mia malattia ma spero che vedranno se stessi nei miei disegni e si relazioneranno alle loro lotte personali”.

Da 18 anni sono legata a una sedia a rotelle, ma vivo di più di quando potevo usare il mio corpo. La parte superiore del mio corpo ha iniziato ad indebolirsi e un giorno potrei restare immobile, incapace di disegnare. Quindi cosa fai quando scopri che il tuo futuro è diverso da come l’avevi immaginato? Disegni, vivi.”.

Seguono alcuni disegni di questa artista con le descrizioni da lei stessa fornite.

 

Va tutto bene

All’epoca in cui stavo disegnando questo camminavo ancora, ma potevo letteralmente sentire i passi scivolarmi via, ormai ero pronta per la sedia a rotelle. Ero afflitta. Questa era una pietra miliare significativa, quella per cui avevo dato il meglio di me per evitarla, sperando di accedere a sperimentazioni e aggirare completamente. Se la mia malattia (GNEM) fosse un albero, questo sarebbe il modo in cui si diffonde, come una palla di fili che si avvolgono intorno a me, avvicinandosi sempre di più,

 ho intitolato l’illustrazione “Va tutto bene”, perché questo è ciò che mi dico, mentre affronto con incredibile difficoltà gli stadi della malattia.

Oggi non voglio essere un’ispirazione

Essere un sostenitore ed esporre in pubblico la mia condizione mi fa sentire così la maggior parte del tempo.

Sento spesso dire: ” tu sei un’ispirazione”. Lo accetto, anch’io lo dico spesso ad altri. Ma la verità è che non voglio essere una fonte di ispirazione. Qualche volta questo commento mi fa sentire come una truffatrice, come se fossi un piedistallo con false pretese, perché non voglio essere un’ispirazione.

L’”ispirazione” vuole solo essere normale, preferibilmente sconosciuta.

Fantasticheria

Gran parte del mio lavoro riguarda figure femminili, adulti o bambini. Loro sono me e arrivano in forme diverse. Qualche volta è solo una giustapposizione di me mentre sono capace di correre come un bambino contro l’essere legata a una sedia come accade oggi. Il nostro sé più libero contro quello più spaventato.

Bellezza e dolore. Umiltà e prospettiva. Fermezza e turbolenza, è la nostra lotta personificata in qualche distante terra surreale. Passato, presente e futuro giacciono l’uno dentro l’altro e combattono per dominio e riconoscimento.

Molte delle mie ambientazioni sono ispirate da sogni d’infanzia ricorrenti.

Per favore non lasciarmi

Questo rappresenta la dregradazione dei miei arti superiori. Un giorno ho guardato le mie mani e mi sono accorta che rispecchiavano quelle degli altri pazienti HIBM che erano progredite in languidi impianti. Una inaspettata e non voluta lezione di vita.

Perdere le gambe è una cosa, ma perdere le tue braccia, le mani, le dita è tutt’altra esperienza. A ogni livello di progressione mi ricordo la profondità e la gravità di questa condizione. Pezzi di me stanno sparendo come sabbia nel vento e il tempo continua a perseguitarmi.

Onde

Onde di vita ci afferrano inevitabilmente, questo è il modo in cui navighiamo la turbolenza che accade.

Migliori giorni davanti

Amo la luce delle finestre e i loro disegni infiniti. Sono semplici, ma anche grafici e descrittivi. Raccontano la storia dei loro viaggi, dove sono stati, dove stanno andando.

La luce delle finestre che filtra attraverso le tendine mi fa pensare a solitudine e contemplazione. Mi fa pensare ai giorni in cui non vuoi uscire dal letto, quando vorresti piuttosto lasciare le strisce di luce sul tuo corpo, piegarlo verso di te piuttosto che piegarlo verso la vita. Abbastanza luce calda per carezzare la tua faccia, come se quelle strisce portassero un po’ di connessione con il mondo di fuori, ma nascosta abbastanza da rimanere disconnessa in modo che nessuno possa vederti.

Tutti abbiamo dei giorni no, oggi, domani il futuro qualche volta ci scherniscono. Le cose con cui stiamo lottando, che si tratti di una malattia, disabilità, depressione, morte, relazioni, ostacoli della vita che sembrano lasciarci senza speranza.

In quei momenti volto la testa verso i caldi raggi e mormoro a me stessa: “migliori giorni davanti“.

Piccola mia

In quanto figlia adottiva era un sogno avere bambini, una figlia in modo particolare. Ma alcuni sogni non diventano realtà. Per continuare ad andare avanti devi metterli gentilmente da parte e muoverti verso nuovi sogni.

Oneiros e io

Oneiros (il mostro appostato tra gli alberi) è il mostro HIBM che mi segue. Lui è una parte di me. Una parte che non voglio, che non ho creato, ma una parte di me nonostante tutto.

Non sa quello che fa, solo che deve stare con me. Lui piange e medita sul mio costante desiderio di sfuggirgli.

La mia apatia per lui lo rattrista. Questo è ciò per cui è stato destinato.

HIBM è Oneiros, come un bambino innocente, ha sentimenti veri, propositi reali e un sinceroattaccamento verso di me. Qualche volta fa cose meravigliose per me, altre volte voglio essere lasciata sola, sto aspettando che se ne vada. Lui è un costante ricordo del mio passato, presente e futuro.

Lui è una parte su cui non ho controllo. Una parte che è buona e cattiva, crea aree di ombre grigie di emozioni. Non posso essere completamente arrabbiata riguardo a qualcosa, che mi ha portato una simile prospettiva, ma la prospettiva è qualche volta dolorosa, non c’è altro modo. Si tratta di lavorare con il nostro piccolo mostro. Quindi nella mia mente l’ho personificato, un’entità che ha emozioni reali, dolore e pena.

Quindi eccoci, abbiamo una relazione. C’è un Oneiros in tutti noi.

Ragazza corvo

Il ciclo della vita. Dal dolore c’è bellezza, dalla bellezza pena.

Che cosa state guardando?

“Che cosa c’è che non va in te?” questa è una domanda comune che ricevo da estranei. Alla società tende a piacere ciò che è uguale facilmente definito, quindi quando qualcosa di diverso rotola dentro a volte può sentirsi così.

Per quanto la condizione sia difficile, privarmi di scelte e della vita che volevo per me, posso dire ancora di amare il fatto di essere unica. Mi ha insegnato molto, non sono mai stata sicura di me quanto lo sono ora. Essere a disagio può essere una buona cosa. Lo dico, più vi mettete in una situazione di disagio e meglio sarà.

A quelli che chiedono: “cosa c’è che non va in te?” Rispondo: “non c’è niente che non va in me, sto bene”.

Coda di cavallo

Nel 2013 ho scritto: “i miei capelli sono stati corti negli ultimi anni, ma di recente sono cresciuti, le mie spalle, braccia, mani, dita sono significativamente più deboli di quanto lo fossero un anno fa. Questo rende compiti come lavarmi i capelli, asciugarli e fare qualcosa di semplice come legare i capelli molto più difficile e palesemente ovvio di ciò che è rimasto e ciò che sta lasciando.

Mi ricordo di quanto afferravo i capelli e li legavo con una fascia di gomma come da bambina, adolescente e giovane adulta. Non ho mai concesso a questo atto un secondo pensiero, era senza sforzo, ci voleva un secondo per compierlo. Lo davo per scontato.

Il mese scorso ho legato i capelli per la prima volta in anni e mi ci sono voluti 5 minuti di grande frustrazione per farlo. Le mie spalle deboli rendono difficile alzare le braccia. Tenere un gruppo di capelli dà alle mie dita diluite una sfida.

“Questo non è mai stato difficile in passato. ” penso “non anche questo”.

Con una condizione progressiva non c’è mai fine, nessun finale, nessuna pace. Questo compito irrilevante mi ricorda le cose a venire. Sono i momenti che creano una storia.

In pezzi




Segni

Un fine settimana stavo esplorando e ho dato particolare attenzione a una fila di cartello stradali. “Mi stanno parlando? ” mi sono chiesta.

Come loro

Un pomeriggio davanti a un semaforo ho guardato sù e ho visto uno stormo di uccelli seduti su una linea telefonica. Il giorno era coperto e quegli uccelli sembravano nefasti. Era come se ci scrutassero, prima di volare insieme nel cielo e scomparire. Ho pensato “libertà”. E volevo essere come loro.

L’essenza rimane

Che cos’è sexy?

Crescendo non ho mai visto “sexy” e bellissime figure offerte nella forma di persone disabili. Questo nutre inevitabilmente una percezione iniziale del fatto che le persone disabili siano “asessuate”. Naturalmente, ora che sono un’adulta con un’esperienza intima dell’essere disabili so che questa idea è completamente sbagliata.

E nonostante tutto devo dirlo, mentre le mie prospettive stanno lentamente cambiando, la società guarda ancora le persone disabili come oggetti da curare o qualcuno con cui si è obbligati ad essere gentili.

I disabili sono spesso desessualizzati, ignorati o trattati come bambini, se qualcuno ha un partner questa persona viene ritenuta un santo, per aver pensato di prendere una persona ferita, come vengono considerati i disabili, cioè incapaci di ispirare amore romantico o erotismo.

La dipendenza fisica di una persona sull’altra viene automaticamente equiparata a dipendenza emotiva e intellettuale, molti non riescono a credere come uno potrebbe avere spazio nel cervello per pensare al sesso.

Unimamme, voi cosa ne pensate delle parole e disegni che questa artista ha pubblicato su Bored Panda?

Se vi piace come è piaciuta a noi, seguitela sul suo blog o su Facebook.

Noi vi lasciamo con le immagini del primo parco acquatico accessibile a bambini disabili.




Fonte www.universomamma.it/Maria Sole Bosaia

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