Questo post cerca di raccogliere alcune riflessioni che il Signore ha avuto la grazia di donarmi in un ritiro che ho seguito poco tempo fa. Non è stato merito delle mie ispirazioni, ma di Dio e del buon predicatore che ha messo sul nostro cammino.
Nella nostra vita siamo come il lebbroso del Vangelo: siamo sulla via della guarigione. Camminiamo nella fede e nella speranza che Gesù, con la sua grazia e quasi senza che ce ne rendiamo conto, guarisca e trasformi il nostro cuore.
È stato bello fare il ritiro prima di questi 40 giorni di preparazione alla Pasqua. Credo che per la Quaresima questi 12 consigli possano essere molto utili al vostro cammino di avvicinamento a Gesù. E allora eccoli:
1. La nostra conversione è un compito impossibile
Sì, avete letto bene, è impossibile. Non è e non sarà mai nelle nostre possibilità. Convertirsi significa lasciare che un Altro intervenga. Non posso farlo sicuramente da sola – ho bisogno che Dio intervenga, che passi accanto a me e mi curi. Il nostro processo di conversione non è altro che diventare a poco a poco mendicanti della sua grazia. La nostra vita è come un ospedale di campagna. Man mano che passa il medico (Cristo), guarisce i malati.
2. Implica un cambio di prospettiva
Siamo abituati a vedere noi stessi e la realtà in base alla nostra prospettiva limitata e molto umana. Quando guardiamo le cose in base all’amore e alla speranza, ci si rivelano realtà che non si vedono tanto facilmente. Si tratta di chiedere a Maria di aiutarci a vedere con i suoi occhi. Dopo la crocifissione e la morte di suo Figlio, quando lo tiene tra le braccia, è capace di vedere il Risorto. Cambiare sguardo significa imparare a vedere che la nostra limitazione è il luogo della salvezza.
Sì, è così, l’inaspettato sorge in mezzo alla disperazione, e Dio può operare cose grandi in noi se permettiamo che la nostra fragilità lasci spazio alla sua presenza.Nella vita non è lo stesso avere uno sguardo da figlio e uno sguardo da orfano. Pensiamo a quanto sia diverso per un bambino affrontare le difficoltà da solo o in compagnia del padre. Il Signore ci invita a guardare costantemente a nostro Padre. La nostra condizione è quella di essere figli dipendenti dal suo amore. Si tratta di chiedersi costantemente: “Dov’è il rivolto il mio sguardo? Verso il male che c’è in me e nel mondo o verso la presenza di Cristo in me?”
4. Convertirci alla bellezza
Porre lo sguardo su Cristo, vivere sedotti dalla sua bellezza, ci decentra da noi stessi. Quando ci lasciamo illuminare da una bellezza superiore, smettiamo di pensare tanto a noi stessi. Si tratta di non permettere che i nostri affanni quotidiani spengano la nostra apertura alla grazia e allo stupore per le luci che Dio pone costantemente nella nostra vita. Pensiamo all’amore umano: quando un ragazzo si innamora di una ragazza, vive rapito dalla sua bellezza e si dimentica un po’ di se stesso. Chi ama Cristo vive della contemplazione della sua bellezza, e questo gli permette di decentrare il suo sguardo da quello che non Gli appartiene.
5. Prendere coscienza del tesoro trovato
Renderci conto di chi è Cristo nella nostra vita, di quello che significa per noi. Tornare costantemente a questo passo della nostra esistenza: “Camminavo per il campo della mia vita e all’improvviso ho trovato un tesoro. Ho venduto tutto ciò che avevo e ho comprato il campo in cui si trovava perché valeva più di tutto ciò che avevo”. Convertirsi significa essere capaci di vedere la realtà nel suo insieme: che anche se il campo della mia vita ha molti difetti, contiene un tesoro inestimabile che non cambierei per niente al mondo. Questo è ciò che vale di più.
Il diavolo ci sottrae al momento attuale, ci impedisce di vedere il presente, ci chiude nelle colpe del passato o nelle incertezze del futuro. Dio, invece, agisce nella nostra realtà, nel nostro oggi. Non c’è nulla di più reale del nostro presente. Devo crescere nella mia fede per rendermi conto del fatto che, anche se questo mi si presenta come doloroso, se me ne allontano per disperazione, sfiducia o trascuratezza non ricevo quello che Dio mi vuole offrire.
“Quando ci alziamo ogni giorno, qualunque sia la situazione che sperimentiamo, anche la più difficile o dolorosa, c’è un bene che sta per nascere al limite del nostro orizzonte umano” (Luigi Giussani).
7. Vivere coerentemente con quello che siamo
La nostra condizione è quella di essere persone in cammino, che sapendosi in marcia non chiudono gli occhi davanti ai deserti che attraversano e sanno che il deserto non ha l’ultima parola. Molte volte camminiamo come se ci fosse solo sabbia e censuriamo l’orizzonte che ci si apre davanti, o ci scandalizziamo della nostra debolezza o di quella di chi ci circonda. Sì, è vero che siamo peccatori e abbiamo bisogno dell’aiuto costante della grazia, ma siamo anche figli amati di Dio. Egli vive in noi e la nostra vita è aperta alla santità e alla felicità.
8. Non vivere degli eventi, ma dell’evento reale
È lo sguardo che guarda Cristo, ricorda Cristo vivo e presente quando tutti sembrano dimenticarlo (come quando Maria vede il cadavere di suo Figlio e lo vede risorto). Nei momenti difficili o quando tutto va bene, impariamo a chiederci: “Quale bene vuole trarre Dio da questo fatto?” Perché dietro ogni evento c’è la resurrezione, l’evento reale e vero che riempie di senso e di speranza la nostra vita.
9. Imparare a vivere perdendo e accettare di essere sconfitti dagli altri
Perdere i doni per restare con il donatore. Perdere quello che ho tra le braccia per poter abbracciare il Padre. Accettare di andare da Dio a mani vuote, perché quello che Egli vuole sono le mie mani, non le mie mani piene. Noi cristiani crediamo che quando arriva un insuccesso nella nostra vita è perché Dio vuole trionfare. Quando viene un momento di oscurità, è perché Egli vuole essere la luce.
“Nessun lottatore è così divino come colui che può apprestarsi a vincere mediante la sconfitta. Nel momento in cui riceve la ferita mortale, il suo avversario cade a terra ferito in modo ineluttabile, perché attacca l’amore e risulta colpito dall’amore” (Hans Urs von Balthasar).
10. Credere che la Croce sia l’albero della vita
Come cristiani, siamo chiamati a entrare nella Croce. Gesù non ci ha mai detto il contrario, anzi, ha affermato questo aspetto – e varie volte. La croce è stata, è e sarà sempre il mezzo, il luogo, l’occasione e lo strumento della nostra salvezza. Vivere lamentandocene come se fosse un ostacolo è vivere come se non fossimo cristiani.
11. Riconoscere il mio posto concreto nella Chiesa
Non sono il centro della storia, e quindi devo vivere come un membro della Chiesa. Non devo impegnarmi solo nelle mie cose, guardare solo quello che succede a me, santificarmi come mi sembra giusto, come credo che debba convertirmi, ecc. Si tratta di conoscere e di essere fedele al posto in cui Dio mi ha messo perché potessi essere felice.
12. Vivere nella speranza
Vivere nell’attesa che il Signore compia un miracolo. L’aspetto caratteristico della nostra vita è essere salvati. Nessuno può impedire alla primavera di arrivare e che la tempesta si plachi. Dobbiamo chiederci sempre “Quali sono le mie sconfitte?”, perché queste sono il germe da cui nasce la vita nuova. Sotto la mia caduta ci sono le mani di Gesù pronte a sorreggermi. Si è messo così in basso perché non ci fossero cadute così profonde che Egli non possa riscattarle. Si è messo prima dell’inferno.
La nostra vita consiste nel crescere nella misura di quello che speriamo, nella misura della nostra speranza
Fonte. www.aleteia.org
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