I sensi di colpa però premono come macigni e dire «mi alzerò» e già preludio di grazia. Pensare onestamente di poter essere almeno annoverato tra gli ultimi degli schiavi della casa paterna, è già timido germoglio di speranza. Intraprendere il duro e lungo cammino verso casa, stremati dalla fame e dall’improba fatica del male, è come già intravedere i primi bagliori del bene perduto. Ciò che non si osa sperare è proprio ciò che avviene: il peso della croce se l’assume Cristo stesso e così egli agevola il cammino, il Padre l’attende a braccia aperte, per stringerlo a se con rinnovato ed cresciuto amore, per farlo rinascere con un abito nuovo alla vita della grazia. Poi la grande festa finale, solo in parte guastata dal comportamento del fratello maggiore: anche per chi rimane sempre fedele a Dio, è obiettivamente difficile comprendere la festa del ritorno per chi non ha sperimentato la misericordia e il perdono. Si finisce per soffrire proprio per le meravigliose sorprese che Dio riserva al peccatore pentito. Suscita stupore e invidia l’accoglienza riservata al fratello scellerato. Pare che certi giusti siano più propensi ad affermare e pretendere la giustizia che a comprendere l’amore. Dio invece sa coniugare splendidamente le due virtù.
Monaci Benedettini Sivestrini
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