Un cartello con scritto “Parco Verde” annuncia che siamo quasi arrivati alla parrocchia San Paolo Apostolo di Caivano (diocesi di Aversa), dove è parroco Maurizio Patriciello, noto per il suo impegno nella Terra dei fuochi. La chiesa è una struttura moderna, circondata da alberi. C’è una persona che attende padre Maurizio, oltre me. Quando il sacerdote arriva, ha uno scambio di poche battute con l’altro e poi si rivolge a me. È una persona che mette subito a tuo agio. Immediatamente mi ha fatto partecipe dei problemi della chiesa: il tetto scorre. “È sempre stato così, da quando è stata costruita poco più di venti anni fa”, mi spiega. Anche se è stato realizzato un secondo tetto, il problema non si è risolto. Così, in questo periodo, la Messa si celebra nel salone attiguo alla chiesa. Padre Patriciello, in realtà, non è un religioso, ma un sacerdote diocesano, ma preferisce il “padre” al “don” perché quest’ultimo viene dato ai camorristi.
Un simbolo. Nel tempo che trascorriamo insieme, sono tante le persone che cercano padre Patriciello, che qui è un punto di riferimento, anzi un simbolo. “Non mi pesa la responsabilità, ma mi dispiace, perché quando ci sono i simboli vuol dire che qualcosa non va”. Padre Maurizio è entrato in seminario a trent’anni – oggi ne ha cinquantanove -, dopo essere stato infermiere caporeparto di ospedale. “Tra gli eventi che mi hanno segnato, la morte al Pronto Soccorso di un giovane, che aveva preso una scossa elettrica al lavoro. Dopo aver fatto di tutto per salvarlo, senza riuscirvi, gli altri medici e infermieri sono tornati alla vita di sempre, mentre io sono restato imbambolato e ho iniziato a pormi domande sul senso della vita e della morte. Poi c’è stato l’incontro con un frate francescano. In quel periodo mi ero allontanato dalla Chiesa: grazie a lui è avvenuto il mio ritorno alla fede, ma con più consapevolezza”. Così padre Maurizio si è iscritto a teologia, il primo anno da laico e poi in seminario.
Periferia difficile.
Il dramma dei roghi. All’inizio del sacerdozio, racconta padre Patriciello, “mi sono tenuto sempre lontano da tutto ciò che aveva il sapore d’impegno sociale, perché pensavo che mentre la celebrazione della Messa e l’amministrazione dei sacramenti tocca necessariamente a un sacerdote, l’impegno nel sociale può essere svolto bene anche dai laici”. Ma “nella vita si passa di vocazione in vocazione. Conoscevo il problema ambientale, ma davo fiducia alle Istituzioni. Poi sono iniziati i roghi tossici”. Il parroco, collaboratore del quotidiano “Avvenire”, ha chiesto aiuto al direttore Marco Tarquinio per accendere i riflettori sul dramma ambientale e ha promosso convegni e un coordinamento dei comitati della Terra dei fuochi, scritto una petizione al Parlamento europeo. Una grande intuizione è stata utilizzare i social network: “Su questa striscia di terra vivono due milioni e mezzo di persone, ma divise in due province, Napoli e Caserta, e decine di comuni: le pagine e i profili su Facebook sono stati la carta vincente per sapere le notizie gli uni degli altri. Spesso prendo i commenti pubblicati e li mando al presidente della Repubblica, a Renzi e a Caldoro, ma purtroppo le risposte sono lente e i fatti veramente pochi”. Un’iniziativa che ha fatto scalpore è stata la realizzazione delle cartoline con le foto delle mamme, che hanno perso i figli di tumore, che mostrano un’immagine del loro bambino. Ne sono state realizzate 150mila, poi distribuite a scuole, associazioni, comitati, parrocchie, partiti politici, che le hanno poi inviate al Papa e a Napolitano. Patriciello ha incontrato due volte il presidente della Repubblica e una volta Francesco, quando il Papa è andato al Centro Astalli e il sacerdote si trovava nei pressi del Centro in taxi per un’audizione in Commissione Ambiente del Senato: “Il Pontefice mi ha incoraggiato a continuare”.
Vicino a chi soffre. Grande è l’impegno di padre Patriciello verso chi scopre di avere un male incurabile e la sua famiglia: “Siamo vicini da un punto di vista spirituale ed economico. Gli ospedali non hanno i posti per ricoverare tutti i malati e la gente muore nelle case, perché non ha i soldi per rivolgersi alla sanità privata o per farsi curare al Nord”. Ogni anno “a Caivano muoiono 300 persone, il 70% delle quali di tumore. La maggior parte sono giovani, adolescenti, mamme e papà che lasciano figli piccolissimi”. Anche se padre Maurizio, per i suoi numerosi impegni sul fronte ambientale, è spesso in giro, può contare sull’aiuto in parrocchia di padri carmelitani e frati francescani, non solo per celebrare Messa, ma anche per le attività di oratorio: “In questo periodo sto molto fuori e la parrocchia ne sta un po’ risentendo, ma dobbiamo continuare a parlare di questi problemi”. Anche nella giornata in cui ci siamo incontrati, il parroco ha avuto un impegno serale a San Giuseppe Vesuviano, “zona problematica per la presenza di tante fabbrichette di cinesi, che lavorano in regime di evasione fiscale: è un danno non solo all’erario, ma anche alla salute, perché tutto quello che viene prodotto in regime di evasione fiscale ha scarti, nocivi per la salute, che poi saranno smaltiti in modo illegale”. Adesso il parroco sarà uno dei quattro “preti di strada” che commenterà il Vangelo della domenica per “A Sua immagine”: “Ho accettato questa nuova esperienza come volontà di Dio e un servizio”. di Gigliola Alfaro per Agensir
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