Alla presenza del Papa e della Curia Romana, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, si è tenuta stamani la quinta predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa. Il predicatore della Casa Pontificia ha incentrato il suo intervento sui 500 anni della Riforma protestante come occasione di grazia e riconciliazione per tutta la Chiesa.
La rilettura del brano della Lettera ai Romani, “il pomo della discordia in seno alla cristianità occidentale”, ha detto padre Raniero Cantalamessa, ha fatto da guida alla quinta predica di Quaresima incentrata sul tema: “Si è manifestata la giustizia di Dio, come fare del quinto centenario della Riforma protestante un’occasione di grazia e di riconciliazione per tutta la Chiesa”. Attraverso un’analisi storica della dottrina della giustificazione della fede, definita dagli iniziatori “l’articolo con cui la Chiesa sta o cade”, il predicatore della Casa Pontificia ha ricordato “l’esperienza della torre” di Martin Lutero, “angustiato, fino quasi alla disperazione, dal fatto che con tutte le sue osservanze religiose e penitenze non riuscisse a sentirsi accolto e in pace con Dio”. Fu allora che la parola di Paolo ai Romani 1,17: “Il giusto vive per la fede” divenne la sua liberazione:
“L’occasione che trasformò questa esperienza interiore, personale, in una vera e propria valanga fu l’incidente delle indulgenze che fece decidere Lutero ad affiggere le famose 95 tesi nella chiesa del Castello di Wittenberg il 31 Ottobre del 1517. È importante notare questa successione storica dei fatti, perché essa ci dice che la tesi della giustificazione per fede e non per le opere, non fu il risultato della polemica con la Chiesa, ma fu la sua causa”.
Ricordando il valore del Concilio di Trento, che riaffermò la convinzione del primato della fede e della grazia, il francescano ricorda che “le rivoluzioni non scoppiano per delle idee o delle teorie astratte, ma per situazioni storiche concrete”. Allora tutto sembrava affermare che contavano le opere:
“Per giunta, per ‘buone opere’ non si intendevano in genere quelle enumerate da Gesù in Matteo 25, senza le quali lui stesso dice che non si entra nel regno dei cieli; si intendevano piuttosto pellegrinaggi, ceri votivi, novene, offerte alla Chiesa e, come corrispettivo, le indulgenze”.
Convertirsi significa fare un passo avanti per entrare nella Nuova Alleanza
Dopo Lutero, ricorda padre Raniero Cantalamessa, “la dottrina della giustificazione gratuita per fede ebbe per effetto un indubbio miglioramento della qualità della vita cristiana” ma sul fronte esterno questa tesi divenne “lo spartiacque tra cattolicesimo e protestantesimo” che poi si estese diventando “anche contrapposizione tra cristianesimo e giudaismo, con i cattolici che rappresentavano, secondo alcuni, la continuazione del ritualismo giudaico e il protestantesimo la novità cristiana”. Evidenziando la “terza via di ricerca su Gesù storico”, il francescano ricorda che la prospettiva di riconoscere nell’ebraismo la vera matrice dentro cui si è formato il cristianesimo è stato sicuramente un vantaggio. Ma si è andati oltre, riducendo Gesù a solo un profeta ebraico dunque “ritrovata la continuità si è persa la novità”. Un limite palese è anche nei riguardi dell’Apostolo delle Genti: “la dottrina della giustificazione gratuita per fede – afferma il predicatore – non è un’invenzione di Paolo, ma il messaggio centrale del Vangelo di Cristo”. Convertirsi e credere alla buona notizia significa con Gesù fare un passo avanti, entrare nella nuova alleanza:
“Convertitevi e credete non sono due cose: convertitevi, cioè credete. Convertitevi credendo. Cambiate modo di pensare, entrate in un ordine di idee tutto nuovo perché è arrivata la novità!”
Farsi bambini: come predica Gesù, ad esempio, significa accettare la gratuità. C’è un errore di metodo, secondo Cantalamessa, che non permette di conciliare l’immagine che Paolo offre della religione ebraica, con il giudizio su un certo contesto religioso e quello che conosciamo da altre fonti. “Gesù e Paolo – sottolinea – hanno a che fare con la vita vissuta, con il cuore; gli studiosi invece con i libri e le testimonianze scritte”. “Se uno guarda alla dottrina insegnata nelle scuole di teologia del tempo, o anche solo all’Imitazione di Cristo, lettura quotidiana delle anime pie, vi troverà – afferma il francescano – una magnifica dottrina della grazia e non capirà contro chi se la prendeva Lutero; ma se uno guarda al vissuto cristiano del tempo, il risultato è ben diverso”.
Contrastare visione di un Cristianesimo tutto concentrato sul peccato
“È vitale infatti – penso – che il centenario della Riforma non venga sciupato, rimanendo prigionieri del passato, cercando di stabilire torti e ragioni, magari con un tono più irenico. Dobbiamo piuttosto fare un salto in avanti, come quando un fiume arriva a una chiusa e riprende il suo corso a un livello superiore, più alto. La situazione è cambiata da allora. Le questioni che provocarono la separazione tra la Chiesa di Roma e la Riforma furono soprattutto le indulgenze e il modo in cui viene giustificato il peccatore. Ma possiamo dire che questi siano i problemi con i quali sta o cade la fede dell’uomo d’oggi?”
Padre Cantalamessa ricorda che il cardinale Kasper diceva che per Lutero il problema esistenziale “era come superare il senso di colpa e ottenere un Dio benevolo; oggi il problema semmai è il contrario: come ridare all’uomo il vero senso del peccato che ha smarrito del tutto”. Raddrizzare dunque gli abusi grossolani, dimenticare gli eccessi come quello di “aver fatto del cristianesimo occidentale un annuncio tetro, tutto concentrato sul peccato, che la cultura laica ha finito per combattere e rifiutare”.
“La giustificazione gratuita mediante la fede in Cristo dovrebbe essere predicata oggi da tutta la Chiesa e con più vigore che mai. Non, tuttavia, in opposizione alle ‘opere’ di cui parla San Giacomo e tutto il Nuovo Testamento, ma in contrasto con la pretesa dell’uomo postmoderno di salvarsi da solo con la sua scienza e tecnologia o con spiritualità tranquillizzanti e improvvisate. Sono queste le ‘opere’ sulle quali l’uomo moderno confida. Sono convinto che se Lutero tornasse in vita, questo sarebbe il modo con cui anche lui predicherebbe oggi la giustificazione mediante la fede”.
“È Cristo il cuore del messaggio – conclude il predicatore – prima ancora che la grazia e la fede. È lui, oggi, l’articolo con cui la Chiesa sta o cade: una persona, non una dottrina”.
Il servizio è di Benedetta Capelli per la Radio Vaticana
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