Continuano le dichiarazioni del rabbino estremista Bentzion Gopstein, leader del gruppo Lehava, fermamente contrario alla presenza di cristiani e musulmani in Israele. Come riferiscono ad Aiuto alla Chiesa che Soffre fonti della Chiesa locale, già nell’agosto del 2015 Gopstein aveva ufficialmente chiesto al governo di dare fuoco a tutte le chiese presenti nel paese. Mentre a dicembre dello scorso anno il leader fanatico ha invitato le autorità a vietare la celebrazione del Natale.
«Le ricorrenti intimidazioni e provocazioni rappresentano una vera e propria minaccia alla convivenza pacifica in Israele», hanno dichiarato i vescovi del Patriarcato Latino di Gerusalemme a proposito delle affermazioni del rabbino. La Chiesa locale ha presentato una ufficiale denuncia contro Gopstein, che recentemente è stato interrogato dalla polizia. In passato l’uomo è stato più volte arrestato e interrogato ma non si è mai giunti ad una condanna.
I cristiani d’Israele ora hanno paura e temono che le affermazioni del leader fanatico favoriscano nuovi attacchi da parte dei fondamentalisti ebraici. «Dopo l’incendio alla Chiesa della moltiplicazione dei pani e dei pesci del giugno 2015, i fedeli si chiedono: “quale sarà il prossimo obiettivo?», racconta ad ACS il vescovo ausiliare di Gerusalemme, monsignor Wiliam Shomali.
L’episodio cui il presule fa riferimento, avvenuto a Tabga sul lago di Tiberiade, si inserisce in una serie di numerosi atti vandalici e attacchi ai danni di siti religiosi cristiani e musulmani, commessi negli ultimi anni da estremisti ebraici riuniti in un movimento dal nome Price Tag [Etichetta del prezzo]. Dai graffiti offensivi e minatori quali «morte ai cristiani» o «vi crocifiggeremo» trovati sulle mura del monastero greco-ortodosso della Santa Croce a Gerusalemme nel febbraio 2012, alle scritte anticristiane del gennaio 2016 sulla Basilica della Dormizione di Maria della città santa.
Le dichiarazioni di Gopstein complicano dunque un quadro già di per sé delicato, alimentando nella Chiesa e nella comunità di fedeli l’insicurezza e la sensazione di vulnerabilità. Tuttavia, come spiega ad ACS padre David Neuhaus, responsabile della pastorale per i cristiani di madrelingua ebraica, «la retorica di Gopstein non è la più grave difficoltà che dobbiamo affrontare in Israele. Cristiani e musulmani qui sono perfettamente coscienti che la discriminazione è viva e vegeta in un paese che si autodefinisce come stato ebraico».
Padre Neuhaus ritiene inoltre che, pur essendo per ora gli attacchi fisici e verbali ai cristiani piuttosto limitati, persone come Gopstein abbiano i loro sostenitori. «Sono convinto che molti israeliani condividano il suo punto di vista. E anche se altri sono sicuramente disgustati da simili affermazioni, credo che sia urgentemente necessaria una campagna di educazione tra gli ebrei ortodossi, che possa insegnare il rispetto per le altre religioni».
Redazione Papaboys (Fonte acs-italia.org)
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