“Rispetto ad altre realtà siciliane, nella diocesi di Mazara del Vallo si sperimenta una fruttuosa convivenza tra italiani e popoli diversi (in prevalenza tunisini e da qualche tempo anche albanesi), sia nelle scuole, sia nella realtà ecclesiale”. Lo dice al Sir Max Firreri, addetto stampa della diocesi di Mazara e coordinatore di redazione del quindicinale diocesano “Condividere”. “La nostra – come ripete spesso il vescovo Domenico Mogavero (che è anche membro della Commissione episcopale Cei per le migrazioni) – è una diocesi di prossimità”. Questa convivenza è stata raccontata in diversi servizi del giornale diocesano: un esempio emblematico è dato dalla “Fondazione San Vito”, in cui “si sviluppano progetti di integrazione che vedono insieme mazaresi, tunisini e marocchini, perlopiù di seconda generazione”. “Siamo molto attenti – conferma Firreri – alle storie di questi ragazzi, paradigmatiche di un modo positivo di fare accoglienza”. “Mi piace ricordare ad esempio – aggiunge – l’esperienza di Ayouba Dabre, un ragazzo sbarcato a Pantelleria e accolto a casa da un giovane salesiano di Marsala. Ora questo ragazzo è maggiorenne, ha trovato un lavoro e si è integrato nel tessuto locale”. Certamente anche nella diocesi mazarese rimangono difficoltà: “Il primo ostacolo è la diversità della lingua”, a cui si cerca di ovviare con l’aiuto di mediatori culturali.
“Il tema dei migranti era inconsueto per la città di Catania, tradizionalmente esclusa dai flussi migratori. E invece da circa un anno tutto è cambiato”. Filippo Cannizzo, addetto stampa di Caritas Catania, descrive così al Sir il profondo mutamento di prospettiva che la città etnea si è trovata ad affrontare negli ultimi mesi. “Da marzo 2014 ad oggi, in particolare, è iniziata una vera e propria emergenza”, a cui è seguito “un impegno continuo di Caritas e Migrantes per la prima accoglienza, grazie anche alla collaborazione fra i due direttori Piero Galvano e Giuseppe Cannizzo”. Catania non è una città razzista e “si è sperimentata una solidarietà spontanea fra le povertà locali e quelle emergenziali dei migranti”, che si sono ritrovati ad esempio a “condividere le nostre mense di carità”. Ma i pregiudizi sono duri a morire, “perché la gente pensa che i migranti abbiamo più privilegi rispetto ai cittadini”. Da qui la necessità di “avviare una campagna di sensibilizzazione con i nostri mezzi di informazione” per “ristabilire la verità dei fatti”; a breve, ad esempio, è previsto a Catania “un incontro pubblico sul tema delle false credenze”. Altro compito da cui i giornalisti non possono esimersi è “tenere sempre desta l’attenzione”: “Noi lo abbiamo fatto – conferma Cannizzo – denunciando le condizioni in cui i migranti erano accolti in alcune strutture”. Fonte: Agensir
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