Dieci anni fa, il 6 febbraio, moriva Giovanni Bollea, il primo e il più celebre neuropsichiatra infantile italiano. Un personaggio al quale Rai Cultura dedica la puntata di “Italiani”, in onda in prima tv mercoledì 3 febbraio alle 21.10 su Rai Storia, con un’introduzione di Paolo Mieli.
A tracciarne il ritratto sono due tra i migliori allievi di Giovanni Bollea, il professor Vincenzo Leuzzi, ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l’Università di Roma ed attuale direttore del celebre Istituto di Neuropsichiatria infantile di Via dei Sabelli; e la professoressa Teresa Carratelli, Neuropsichiatra infantile, e precedente direttrice dell’Istituto di via dei Sabelli. Oltre a loro, il dottor Matteo Fiorani storico della medicina, Marika Carniti Bollea, la seconda moglie; la figlia Maria Rosa Bollea; Walter Veltroni e Giovanna Lo Sapio, psicologa allieva di Bollea.
Nato nel 1913 in una famiglia povera a Cigliano, in provincia di Vercelli – dopo aver perduto nel 1933 il padre per una polmonite e due anni dopo la madre per un tumore – Bollea si laurea in medicina e chirurgia con lode e dignità di stampa. In gran fretta, per l’incombere delle leggi razziali fasciste, sposa Renata Jesi, di una famiglia della borghesia ebrea romana, e si trasferisce definitivamente a Roma. Qui la neuropsichiatria irrompe nella sua vita, dopo aver seguito una lezione di psicopatologia della schizofrenia: nel marzo del 1938, infatti, decide di iscriversi alla “Scuola di specializzazione in clinica delle malattie nervose e mentali” dell’Università di Roma dove si specializza con lode il 23 giugno 1941. Finita la guerra, saranno fondamentali per la sua idea di neuropsichiatria infantile i corsi e le lezioni di Lucien Bovet, Jean Piaget e di altri grandi specialisti. Dai modelli francesi, svizzeri, inglesi e statunitensi apprende il concetto di “lavoro in équipe”, che sarà per lui fondamentale negli anni a venire.
L’instancabile attività scientifica ed assistenziale – dalla direzione del primo “Centro medico-psico-pedagogico” nel ’47 alla partecipazione nella fondazione “Società italiana per l’assistenza medico-psico-pedagogica ai minorati in età evolutiva” nel ’48 – viene associata costantemente a un grande impegno politico e culturale, concepito da lui come parte integrante della sua professione.
Diventa il riferimento sulle questioni psichiatriche del Pci, a cui si era avvicinato, stringendo amicizia con Lombardo Radice, Aloisi e Pietro Ingrao. Dai primi anni ‘50 conosce e frequenta Carlo Levi, Alberto Moravia, Elsa Morante, Federico Fellini, Francesco Rosi ed altri intellettuali della sinistra. Nei primi anni ‘60 inizia a collaborare con il Ministero della Pubblica Istruzione per le riforme didattiche e i programmi della scuola media unificata, in particolare per le classi differenziali.
L’Istituto di neuropsichiatria infantile diviene in breve tempo un punto di riferimento non solo per l’Italia, ma anche per l’estero. Collocato a riposo per limiti di età dall’Università di Roma nel 1989, Bollea due anni dopo viene nominato professore emerito. Dal 1990 in poi, nell’ultima fase della sua vita, si impegna nella divulgazione del suo pensiero: il suo volume più celebre resta “Le madri non sbagliano mai” (1995), più volte ristampato e tradotto anche all’estero. Giovanni Bollea scompare a Roma il 6 febbraio 2011, all’età di 97 anni.
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