Un bilancio appena accreditato dalla radio israeliana riferisce del lancio di 146 razzi da Gaza sul territorio nazionale, ben 30 sono caduti contemporaneamente in diverse aree, 29 sono stati intercettati dal sistema antimissile Iron Dome mentre Hamas si vantava di aver colpito persino Tel Aviv e Gerusalemme. Le sirene hanno dato l’allarme da Beersheva ad Hadera, ovvero dal sud fino alle porte della Galilea. E d’altra parte non si è fermata la rappresaglia militare israeliana su Gaza , non solo aerea ma anche navale, colpiti ben 270 obiettivi di miliziani palestinesi, fonti ufficiali riferiscono di almeno 25 morti e 150 feriti, parecchi sono donne e bambini. Fra gli uccisi, a Beit Hanun il comandante delle brigate Al Quds Hafez Hamed; devastata a Rafah l’abitazione di Raed Al-Atar comandante militare di Hamas nel sud di Gaza mentre al nord, sulla costa presso Zikim, sono stati uccisi cinque miliziani delle brigate Al Qassam che erano riusciti a penetrare in territorio israeliano.
Il primo ministro Netanyahu in un messaggio la scorsa notte alla nazione non ha avallato le indiscrezioni di stampa secondo le quali il richiamo di 40 mila riservisti e lo spiegamento di artiglierie pesanti, a fianco delle forze corazzate, ai confini con Gaza prelude a una grande offensiva terrestre. Ha detto: “Nessun paese vive sotto questa minaccia e può accettarla. Abbiamo intensificato le operazioni contro Hamas e altre organizzazioni terroristiche ma non siamo impazienti per la guerra”. E ha rassicurato che “la sicurezza è la prima preoccupazione del suo governo”. Inquiete le reazioni internazionali, in particolare degli Stati Uniti e del Segretario generale dell’ONU.
Una situazione che preoccupa la comunità internazionale. L’Onu mobilitato alla ricerca di un’iniziativa diplomatica che fermi il conflitto.
Fausta Speranza della Radio Vaticana ha sentito su questa crisi in atto padre Pierbattista Pizzaballa, custode francescano di Terra Santa:
R. – È una tragedia! Ci auguriamo ancora che il buonsenso prevalga, che ci sia qualcuno tra i leader che cerchi e che sia capace di frenare questa escalation, perché più si attende più sarà difficile bloccare questo circolo vizioso di violenza su violenza.
D. – C’era stata una decisa condanna da parte dei cittadini sia palestinesi che israeliani delle violenze prima ai giovani ebrei e poi al giovane palestinese. Quindi dal basso c’è stata una forte condanna, però non è bastato …
R. – Sì, e questo ci ha fatto sperare che questo fortissima condanna unanime avrebbe fermato questa escalation; invece, quelli fomentano l’odio, pare che in questo momento siano più organizzati e meglio attrezzati della grande opinione pubblica. Ci auguriamo comunque, ancora una volta, che il buon senso prevalga. So bene che sembrano parole un po’ lontane dalla realtà, ma non sappiamo che altro dire. L’unica cosa che possiamo fare è pregare. E credo che sia proprio importante, dopo quell’evento di preghiera in Vaticano, che i religiosi delle tre fedi principali si incontrino e facciano vedere anche un altro aspetto della Terra Santa che non è soltanto quello della violenza. Oggi è più che mai importante mostrare anche gesti alternativi alla violenza.
D. – La Lega Araba, già da ieri, ha fatto appello al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Che dire dei possibili passi?
R. – L’Onu, l’Unione Europea, la Lega Araba, sono tutte organizzazioni che, purtroppo, hanno poca incidenza sulle decisioni che si prendono in Terra Santa.
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