Lo ha rivelato il direttore della Polizia filippina ed ex capo delle teste di cuoio locali. Il complotto, che vedeva coinvolto anche il terrorista malese Marwan, prevedeva che una bomba esplodesse al passaggio del corteo papale nel centro di Manila
I militanti di Jemaah Islamiyah, diramazione di al-Qaeda nel Sud-Est asiatico, avrebbero voluto assassinare papa Francesco in occasione della sua recente visita pastorale nelle Filippine con la complicità delterrorista malese Marwan, nome di battaglia di Zulkifli bin Abdhir, un esperto artificere che prestava i propri servigi a numerose organizzazioni della galassia jihadista.
Il piano è stato riferito da Getulio Napenas, direttore della Polizia filippina ed ex capo delle teste di cuoio locali, nel corso di un’audizione davanti al Senato di Manila citata dal quotidiano ‘Inquirer’. L’attentato al Pontefice prevedeva che una bomba, fabbricata proprio da Marwan, dovesse esplodere al passaggio del corteo papale nel centro storico della capitale il 18 gennaio scorso, alla vigilia della partenza di Jorge Mario Bergoglio per rientare a Roma: il punto prescelto era via Kalaw, lungo il percorso verso il parco Rizal, dove sarebbe poi stata celebrata la messa cui presenziarono circa sette milioni di fedeli.
L’alto ufficiale non ha spiegato le ragioni per cui il complotto non sarebbe stato portato a compimento, ma ha insistito sulla sua veridicità. In precedenza l’informazione non era mai stata confermata, ma neppure smentita. Una settimana più tardi Marwan sarebbe infine stato eliminato nel corso di un’operazione delle forze speciali, costata la vita tra gli altri anche a 44 loro agenti e per questo oggetto di un’inchiesta parlamentare: fu condotta nella giungla dell’isola di Mindanao, nel sud dell’arcipelago, dove si era nascosto fin dal 2003 sotto la protezione di jihadisti fuoriusciti dal Fronte di Liberazione Moro.
L’uccisione dell’estremista è stata confermata dall’Fbi, che aveva posto sulla sua testa una taglia di 5 milioni di dollari, anche se in realtà questi era già stato dato per morto altre volte in passato, l’ultima delle quali risalente al 2012. Jamah Islamiyah è considerata artefice di alcune tra le stragi più sanguinose perpetrate nella regione: la più famigerata resta quella dell’ottobre 2002 in una discoteca a Bali, in Indonesia, costata la vita a 202 persone e il ferimento di altre 209, in massima parte turisti stranieri. Fonte: Quotidiano Nazionale