R. – Il padre Hanna da tre anni e mezzo aiutava tutti, tutti i gruppi, a prescindere dalla loro appartenenza religiosa o politica, quindi è stato un uomo per tutti. Adesso è accaduto questo fatto e quello che ci addolora di più è che non c’è niente di certo. Sappiamo solo che domenica sera sono entrati, l’hanno rapito dal convento e assieme a lui hanno rapito una ventina di persone del villaggio. Chi l’ha preso, che cosa vogliono, non lo sappiamo e questa incertezza ci addolora. Però, come ha sempre fatto la Chiesa, soprattutto i primi discepoli, speriamo, pregando che il Signore illumini la mente di questa gente.
D. – Ha notizie più recenti della sorte del gruppo di persone che sono state rapite?
R. – Le notizie più recenti risalgono a due ore fa: hanno liberato le donne che erano state prese. E questo è un buon segno, vuol dire almeno che non ci sono cattive intenzioni.
D. – L’atteggiamento della comunità, però – mi sembra di capire – è sempre stato di apertura e di collaborazione…
R. – Noi questo lo faremo sempre, con la grazia di Dio. Questa apertura noi la prendiamo anche come missione: fa parte della nostra natura cristiana aprirci a tutti ed essere anche un mezzo di riconciliazione per tutti. Perché se anche noi siamo un gruppo come gli altri, allora chi può riconciliare? Almeno siamo lì, forse non abbiamo questa grande influenza, però siamo una luce nel buio di questa violenza, di questa guerra veramente assurda. Siamo noi come Chiesa, come cristiani, e questo noi vogliamo continuare a esserlo. E per questo anche chiediamo la preghiera degli altri, per continuare a vivere questa nostra fede, per continuare a essere un segno di speranza e di riconciliazione, soprattutto di riconciliazione.
D. – Come si può continuare a testimoniare senza farsi prendere dalla paura, quando ti impediscono, per esempio, di suonare le campane, ti impediscono di avere i simboli di fede, come può esser il Crocifisso?
R. – Ringraziamo il Signore che questo non succede ovunque… Poi, d’altronde, torniamo alle origini della nostra fede, con il Signore che ci dice: “Non aver paura, piccolo gregge”. Voglio ricordare le parole – credo – di Luther King, che diceva: “La paura ha bussato alla porta e la fede è andata ad aprire, ma non ha trovato nessuno”. E’ vero che a questa porta la paura bussa spesso, ma speriamo che la fede sia lì, sempre, ad aprire questa porta, per darci coraggio.
D. – Lei, come vicario apostolico di Aleppo, è stato a Roma dal Papa, nei giorni scorsi? Lo ha incontrato?
R. – Siamo stati nell’incontro con i nuovi vescovi…
D. – …e ha avuto modo di consegnargli, o di ricevere dal Papa una parola?
R. – Mi ha detto che ha la Siria nel suo cuore e nella sua preghiera, e che prega per tutti i cristiani del Medio Oriente. E’ ben consapevole di quello che sta succedendo ai cristiani e per questo noi lo ringraziamo veramente. E io, quando sono andato a Roma, molti – non solo cristiani, ma soprattutto musulmani – mi hanno detto: “Per favore, ringrazi il Santo Padre a nostro nome per tutto quello che sta facendo per noi”.
D. – Certo, abbracciare e potere abbracciare il Papa e sentire queste parole e poi tornare in Siria e vivere il dolore di una notizia così, dev’essere stata dura
R. – Sì. Ma io portato con me le parole del Santo Padre che per noi sono state parole di incoraggiamento e anche di speranza e di gioia.
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