È quanto riporta il Rapporto povertà 2015 presentato questa mattina a Milano. Oltre 170 mila gli utenti dei centri d’ascolto, di cui oltre la metà stranieri in larga parte regolari. Cresce di quattro punti il numero degli italiani. In calo (ma sempre le più numerose) le richieste di aiuti alimentari..
Calano le richieste di aiuti alimentari da parte degli indigenti alla Caritas (anche se restano le più alte), mentre crescono quelle di sussidi economici per l’acquisto di altri beni primari, di farmaci, per il pagamento delle bollette e degli affitti. Aumenta inoltre l’incidenza degli italiani sull’utenza complessiva ai centri di ascolto. È quanto emerge dal Rapporto povertà 2015 di Caritas italiana presentato oggi a Milano. I dati raccolti provengono da 1.197 centri di ascolto afferenti a 154 diocesi (su 218) su circa 3 mila presenti su tutto il territorio nazionale e mostrano che nel corso degli ultimi anni “non si registra un particolare aumento delle richieste di alimenti, quanto soprattutto di aiuti economici: in soli tre anni, dal 2013 al 2015 diminuisce la percentuale di persone che ha espresso, in diverse modalità, una richiesta di aiuto alimentare (dal 59,9 del 2013 al 53 per cento degli utenti), mentre nello stesso periodo la richiesta di sussidi economici è notevolmente aumentata, passando dal 23,3 al 29,7 per cento”.
Sono 170 mila le persone che si sono rivolte ai centri d’ascolto della Caritas nel 2014: quasi il 45 per cento ha fatto riferimento a centri ubicati nel Nord Italia, segue il Centro e il Sud Italia. Dai dati raccolti, gli stranieri rappresentano ancora la quota maggiore (sono il 58 per cento circa), mentre gli italiani sono più numerosi al Sud(68 per cento circa). Una distribuzione che trova una spiegazione, spiega il rapporto, nella maggiore presenza di stranieri residenti al Nord e al Centro. Tra gli stranieri prevale la nazionalità romena e marocchina, in parte giustificata proprio dalle reali presenze di stranieri regolarmente presenti in Italia. “Il peso delle principali nazionalità sul totale degli utenti stranieri dei centri d’ascolto – spiega il rapporto – è in molti casi in linea con il peso che quelle stesse comunità hanno sul totale dei residenti stranieri. Le differenze più marcate si registrano per i cittadini del Marocco, della Nigeria e della Tunisia che risultano molto più consistenti nel bacino di utenza Caritas rispetto al resto del Paese”. Tra gli stranieri, inoltre, una quota molto alta risulta in condizione di regolarità, o perché in possesso di un permesso di soggiorno (78 per cento) o perché cittadino della Ue con iscrizione anagrafica. Bassa, invece, la percentuale di chi, cittadino della Ue, non ha adempiuto alla formalità dell’iscrizione anagrafica o di chi è privo di un permesso di soggiorno.
Per quanto riguarda il grado d’istruzione degli utenti dei centri, quello più diffuso è la licenza media inferiore (circa il 42 per cento), segue la licenza media superiore e quella elementare. “Anche rispetto alla formazione si evidenziano differenze tra italiani e stranieri – spiega il rapporto -: i primi più avanti con gli anni e con titoli di studio più bassi (anche in virtù dell’età), i secondi mediamente più giovani e con livelli di scolarità più elevati (tra loro risulta infatti più alto il peso dei diplomati e dei laureati)”. Strettamente collegato all’istruzione è poi il tema del lavoro. “La fragilità occupazionale delle persone che si rivolgono ai centri d’ascolto è ormai consolidata – aggiunge la Caritas -. I disoccupati e inoccupati insieme rappresentano oggi il 61,7 per cento del totale. Disaggregando il dato per macroregione, un elemento che sorprende è l’alta incidenza di disoccupati registrata nelle aree del Centro Italia (73,5 per cento)”.I trend degli ultimi anni, però, mostrano un aumento degli italiani tra chi si rivolge ai centri Caritas. “Nel corso degli anni il peso degli italiani risulta sempre più marcato – spiega il rapporto – con un aumento di 4,1 punti percentuali”. E mentre nel complesso l’utenza vede una prevalenza di donne (52,2 per cento), di coniugati (48,6), disoccupati (61,7), con domicilio (78,4) e con figli (70,4), segna un aumento nell’ultimo anno l’utenza maschile (+ 2,8 punti percentuali). Costante la prevalenza delle classi di età centrali, comprese tra i 35-44 anni e i 45-54 anni. Dai dati, inoltre, emerge anche una notevole diminuzione delle famiglie tradizionali e dei nuclei con coniuge e figli, mentre aumentano le famiglie monogenitoriali e altri tipi di famiglie senza coniugi/partner conviventi (+10,2 punti). Crescono anche le coppie di fatto (+1,2 punti) e le persone che vivono sole (+1,2); stazionarie le persone senza dimora.
In termini di necessità espresse o intercettate, nell’ultimo triennio sono tendenzialmente stabili l’incidenza della povertà economica (55 per cento) e del disagio occupazionale (43,3), mentre si registra una lieve crescita del peso di alcune problematiche non legate ad aspetti prettamente economici: il disagio abitativo (+2,8 punti percentuali), i problemi di salute (+0,9) e quelli familiari (per lo più legati a separazioni e divorzi) (+0,8 punti), le vulnerabilità legate alle dipendenze (+0,4). Infine è in aumento anche il disagio connesso ai processi di migrazione (+1,3 punti percentuali). Le richieste più frequenti, invece, riguardano beni e servizi materiali (58 per cento), l’erogazione di sussidi economici (27,5 per cento), la ricerca di lavoro (17,4). “Rispetto alle richieste formulate si nota un calo dell’incidenza di quelle relative a beni e servizi materiali in generale (-5,4 punti percentuali) – specifica il rapporto -, così come di quelle relative al solo ambito alimentare. Diminuisce, inoltre, anche il peso delle domande inerenti il lavoro, nonostante la sostanziale stabilità del numero dei disoccupati 2015 cresce in modo evidente l’incidenza delle domande di sussidi economici, utili soprattutto per il pagamento di bollette e tasse, rate del mutuo e spese sanitarie (+6,4 punti percentuali)”.
Redazione Papaboys (Fonte www.redattoresociale.it)
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