Sono queste le prime parole che mi vengono in mente se penso al referendum No Triv, quello del 17 aprile, il primo nella storia d’Italia ad essere stato ottenuto dalle Regioni.
Se c’è un filo rosso che ci tiene legati tutti, in ogni angolo di terra, in ogni lingua, in ogni fede, in ogni cultura, di ogni età, sesso, professione, classe sociale, è la questione ecologica. Che non è una questione di terra, di natura, di globo, ma siamo noi, è questione della realtà della nostra vita quotidiana, perché noi siamo quello che mangiamo, che respiriamo e che guardiamo. Vivere in un mondo che ci avvelena quando ci entra dal naso o dalla bocca, vivere in un mondo che è brutto da guardare, rende velenoso e brutto vivere perché la bellezza non è un lusso per ricche vacanze ma la condizione normale della natura se l’uomo non la rovina: bella, bella da togliere il fiato.
Chi si interroga come votare il 17 aprile non deve pensare solo al pericolo di sversamento di petrolio in mare con i conseguenti enormi danni alle spiagge e al turismo, al rischio di movimenti tellurici legati all’estrazione di gas e all’alterazione della fauna marina per l’uso dei bombardamenti con l’aria compressa: soprattutto occorre riflettere sulla necessità di lasciare la nostra dipendenza energetica dal petrolio e dal carbone. Che sono semplicemente i punti del patto salva-clima della Cop21 di Parigi di pochi mesi fa. Se è cattolico, poi, credo abbia il dovere di rileggere l’ultima enciclica di Papa Francesco soprattutto dove dice che “la maggior parte del riscaldamento globale è dovuto alla grande concentrazione di gas serra emessi soprattutto a causa dell’attività umana. Ciò viene potenziato specialmente dal modello di sviluppo basato sull’uso intensivo dei combustibili fossili che sta al centro del sistema energetico mondiale” (Laudato Si, n. 23).
Prima che un argomento politico è un argomento umano e per questo il Papa ne parla. L’ecologia non va ridotto a un argomento referendario: è un profondo discorso sull’uomo e nessuno può tacere.
È bello stare davanti al mare e non pensare “è mio” ma “sono io”. Non è panteismo. È riconoscere che casa mia è profondamente collegata con me, sono io. Per questo ho cura delle cose o degli animali che mi appartengono. Proprietà significa dovere di custodia verso tutto ciò che è mio: vuol dire dovere rispetto e dignità alla vita. Noi dobbiamo vivere assieme al mondo. Insieme: non saccheggiandone le risorse e violentandone la bellezza.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost
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