Il Vescovo di Roma, come ama farsi chiamare il Papa, ha inaugurato i lavori del Convegno pastorale diocesano, pronunciando il discorso introduttivo. Il tema del Convegno è “Un popolo che genera i suoi figli. Comunità e famiglia nelle grandi tappe dell’iniziazione cristiana”.
E’ caloroso l’abbraccio della diocesi di Roma al suo Vescovo. Papa Francesco – commenta Benedetta Cappelli per la Radio Vaticana – dialoga con i parroci, i catechisti ed i fedeli romani a cuore aperto, suggerendo vie da percorrere, rilanciando l’attualità dell’Evangelii Nuntiandi di Paolo VI e condividendo le paure di tante persone che, negli incontri o nelle lettere che gli inviano, raccontano il malessere che vivono, “il peso che ci schiaccia” e che mette in dubbio la bellezza della vita. Vita “disumana” – dice il Papa – di chi lascia i figli che dormono al mattino per andare al lavoro e li ritrova la sera ancora a letto. Un disagio che arriva ai ragazzi e che il Papa chiama “orfanezza”. Orfani di “una strada sicura da percorrere, di un maestro di cui fidarsi, di ideali che riscaldino il cuore, di speranze che sostengano la fatica del vivere quotidiano”:
“Orfani di gratuità! Abbiamo bisogno di senso di gratuità: nelle famiglie, nelle parrocchie, nella società tutta. Ma se noi non abbiamo il senso della gratuità nella famiglia, nella scuola, nella parrocchia ci sarà molto difficile capire cosa è la grazia di Dio, quella grazia che non si vende, che non si compra, che è un regalo, un dono di Dio: è Dio stesso. E per questo sono orfani di gratuità”.
Ecco il senso profondo dell’iniziazione cristiana: generare alla fede vuol dire annunziare che non siamo orfani.
“Perché anche la società rinnega i suoi figli! Per esempio a quasi un 40 per cento dei giovani italiani non dà lavoro… Cosa significa? “Tu non mi importi! Tu sei materiale di scarto! Mi spiace, ma la vita è così”.
Per amare la vita – aggiunge il Papa – non bisogna riempirla di cose ma dello sguardo di Gesù. Poi Francesco sottolinea “La sfida grande della Chiesa oggi è diventare Madre: Madre! Non una Ong ben organizzata, con tanti piani pastorali… Ne abbiamo bisogno, davvero… Ma quello non è l’essenziale, quello è un aiuto a che? Alla maternità della Chiesa: se la Chiesa non è Madre, è brutto dire che diventa una zitella, ma diventa una zitella! E’ così: non è feconda!”
La fecondità è la grazia che si deve chiedere allo Spirito Santo per procedere nella conversione pastorale e missionaria. Una chiesa in crescita anche se “un po’ invecchiata” che però si può ringiovanire nella fecondità. Accoglienza e tenerezza sono le vie che il Papa indica per una Chiesa dalle porte aperte. Con un futuro di pazienza e speranza.
“Diventiamo audaci nell’esplorare nuove modalità con cui le nostre comunità siano delle case dove la porta è sempre aperta”.
Accoglienza ma anche proposta di fede che si realizzi negli atteggiamenti e nella testimonianza. Poi un pensiero rivolto ai parroci, la forza della Chiesa italiana.
“Io voglio tanto bene ai sacerdoti, perché fare il parroco non è facile! E’ più facile fare il vescovo che il parroco… Perché noi vescovi sempre abbiamo la possibilità di prendere distanza o nasconderci dietro il “Sua Eccellenza”: e quello ci difende! Ma fare il parroco, quando ti bussano alla porta: ‘Ma, padre, questo; padre qua e padre là…’. Non è facile!”
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