Laura Grassi è salita al cielo lo scorso 22 aprile a soli 34 anni. Il giorno prima aveva festeggiato il quarto anniversario di matrimonio insieme al marito Ugo Morganti e alla figlia Alessia, di appena tre anni. La vicenda di Laura aveva colpito l’Italia intera per l’esempio di forza e di dignità nonostante una malattia devastante come la Sla. Nel 2013 anche papa Francesco si era interessato a lei. Grazie alla sottosezione dell’Unitalsi di Roma e di Rimini aveva preso parte con la sua famiglia all’udienza in piazza San Pietro.
Lo scorso 26 aprile la chiesa di San Michele Arcangelo, a Morciano di Romagna, non è riuscita a contenere il gran numero di persone giunte anche da Babbucce, la frazione di Pesaro dove Laura era nata e cresciuta e dove, fino a due anni fa, ha vissuto in una casetta vicina ai genitori Giancarlo e Teresa. Per l’ultimo saluto era presente anche il vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambiasi che nell’omelia ha definito Laura «una vera testimone dell’amore di Dio perché nella sua semplicità ha saputo abbracciare fino in fondo la croce riconoscendo l’amore di Gesù in Lei, nei segni della sua passione. Chi la andava a trovare a casa rimaneva colpito e affascinato nel vedere la sua accoglienza, la sua positività: chi la visitava incontrava lei, non la malattia». Anche l’arcivescovo di Pesaro monsignor Piero Coccia, che la conosceva personalmente, ha voluto far pervenire al marito Ugo il suo messaggio di cordoglio «perché ha saputo testimoniare la sua fede in Cristo in maniera cristallina ».
Fino a poche ore prima di morire Laura ha sempre avuto la mente rivolta agli altri, come ricorda don Marcello Zammarchi, vicerettore del seminario vescovile di Rimini, che nel 2012 ha unito in matrimonio la giovane coppia e che è sempre stato vicino alla famiglia. «La sua vita – dice don Marcello – si è conclusa con un grande grazie tanto che prima di morire ha voluto lasciare il suo testamento spirituale ai tantissimi amici che le sono stati sempre accanto ». Poche parole scritte con gli occhi grazie ad un sintetizzatore vocale dove si legge: «Vi è stato chiesto molto e mi avete dato ancora di più». E don Marcello racconta di quell’ultima volta che le ha fatto visita a casa. «Ugo era tornato prima dal lavoro – ricorda – e Laura, facendo capolino dalla finestra, lo ha guardato con occhi pieni di gioia, come se fosse la prima volta perché nel loro rapporto niente è stato scontato o di routine ma tutto un dono». Per lei la malattia non è mai stata un ostacolo ma un’opportunità per vivere l’essenza della vita. È il marzo del 2010 quando insieme ad Ugo inizia il corso prematrimoniale. Negli ultimi mesi dello stesso anno le viene diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica. Il trauma iniziale è grande, ma Laura e Ugo non perdono mai il desiderio di sposarsi. Insieme decidono di bruciare le tappe perché lei all’altare ci vuole arrivare ancora in grado di camminare. Il matrimonio è vissuto nella piena consapevolezza dell’inesorabile progredire della malattia. Nel 2013 arriva, inaspettata, la gravidanza, vissuta subito come un dono del Signore. Nonostante il parere fortemente contrario dei medici che le consigliano di abortire, Laura sceglie di sospendere le cure pur di far nascere Alessia.
«Ha combattuto contro la malattia con grande dignità – racconta Ugo – preparando me e Alessia al momento del distacco e lasciandoci tutte le indicazioni per il dopo. Anche per il funerale ha pensato lei a tutto, scegliendo le letture e facendo in modo che a tutte le sue amiche venisse regalata una rosa bianca. Il suo più grande insegnamento che sono certo rimarrà di lei è il rispetto per il sacramento del matrimonio e per la vita». E Laura che ha sempre detto «sì» accettando tutto, alla fine ha saputo pronunciare il suo unico «no». Quando i medici erano già pronti per la tracheotomia, dopo la prima delle ultime tre crisi respiratorie, lei ha rifiutato. Ne aveva già parlato con Ugo e le sue idee erano molto chiare. «È sempre stata pronta con la lampada accesa – dice don Marcello – e oggi questa fiammella ha acceso altre lampade spente, consegnando con la sua vita un bellissimo quinto Vangelo d’amore».
Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it/Roberto Mazzoli)
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