La spiritualità benedettina, la liturgia, il canto gregoriano, l’architettura, l’arte e il paesaggio circostante con ulivi a perdita d’occhio rende questo luogo un richiamo profondo alla bellezza di Dio e del Creato.
Riapre oggi, 13 Giugno, L’Abbazia benedettina di Sant’Antimo nella splendida Val di Starcia, ai piedi del borgo di Castelnuovo dell’Abate (Siena). Finalmente fedeli e turisti potranno, nel rispetto dei protocolli di sicurezza, rientrare in questo scrigno di bellezza.
Le pietre di questo pregevole edificio sacro raccontano l’ininterrotta preghiera e il lavoro quotidiano offerto a Dio dai religiosi secondo le indicazioni del loro fondatore.
L’attuale chiesa è stata costruita agli inizi del XII secolo, ma le origini dell’Abbazia sono precedenti e vengono fatte risalire all’epoca del Sacro Romano Impero. Carlo Magno è infatti ritenuto il fondatore della Cappella Carolingia , corrispondente all’attuale sagrestia. L’esistenza del complesso monastico è attestata già nell’814, quando l’imperatore Ludovico il Pio lo arricchisce di beni e privilegi.
Il grande cantiere per l’edificazione della chiesa attuale prende avvio nel XII secolo, come testimoniato dalla Charta Lapidaria, un’iscrizione collocata nei gradini dell’altare maggiore che ricorda la donazione elargita all’abbazia dalla famiglia degli Ardengheschi nel 1118. Questo anno segna l’inizio del periodo di maggiore splendore di Sant’Antimo che diviene uno dei più ricchi e importanti monasteri della regione dal quale dipendono numerose pievi, castelli e poderi.
In epoca comunale, però, l’abbazia perde alcuni dei propri possedimenti, tra cui il castello di Montalcino che, a causa della sua posizione strategica, è uno degli obiettivi delle mire espansionistiche della città di Siena nella toscana meridionale. Alla fine del XIII secolo i beni di Sant’Antimo sono ormai decimati e il monastero si trova in uno stato di decadenza. Per sanare questa situazione di degrado, Papa Nicolò IV ad affida l’abbazia ai Guglielmiti, un ordine benedettino riformato. Nonostante l’intervento papale, Sant’Antimo ha perso il suo antico splendore e, nel 1461 Papa Pio II sopprime l’abbazia incorporandola nella nuova Diocesi di Montalcino e Pienza.
Nel XV secolo l’abbazia si trova in uno stato di abbandono: molti edifici del chiostro sono crollati e le pietre vengono reimpiegate nella costruzione del borgo di Castelnuovo dell’Abate. Solo nel 1870 inizia una lunga campagna di restauri guidata dall’architetto Giuseppe Partini che riporta la chiesa all’aspetto attuale.
Tornare a visitare l’Abbazia di sant’Antimo vuol dire ammirare nuovamente due capolavori della scultura lignea: il Crocifisso, databile tra la fine del XII e inizio del XIII secolo, ricavato da un unico blocco di legno e influenzato dalla scultura borgognona; al suo cospetto si inginocchiò anche santa Caterina da Siena quando nel 1377 si trovava nella regione per predicare il Vangelo. Non si può non menzionare l’altra scultura lignea risalente al XIII secolo e raffigurante la Madonna di Sant’Antimo, opera di un maestro umbro. La Vergine, Sedes Sapientiae, siede in trono e sorregge sulle ginocchia il Bambino con in mano il globo sormontato dalla croce.
I pellegrini e i visitatori da oggi possono nuovamente accedere a tutte le parti esterne ed interne dell’abbazia. Fra le parti interne, degna di nota è la farmacia monastica, allestita nell’antica sala del tesoro. A Sant’Antimo infatti, è viva ancora la tradizione dei prodotti alimentari, erboristici e della birra prodotta secondo un’antica ricetta. (Fonte Vatican News – Paolo Ondarza)
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