“Centomila assunzioni, più merito, più autonomia”: Matteo Renzi affida a Twitter la sua soddisfazione per il via libera definitivo alla riforma della scuola che dopo un percorso ad ostacoli è arrivato puntuale a mezzogiorno, anche se questa, tra i cavalli di battaglia del premier, è stata di certo la legge meno votata, quella che tra l’altro ha spaccato il Pd. Non è un atto finale, ma l’atto iniziale di nuovo protagonismo della scuola afferma il ministro Giannini che ha ricordato anche come la riforma metta a disposizione 3 miliardi a regime per il prossimo anno e restituisca autonomia ai dirigenti scolastici, dando loro strumenti finanziari e operativi. A favore hanno votato Pd, Area popolare, Scelta civica. Contro M5s, Lega, Sel, Alternativa libera, Fratelli d’Italia e Forza Italia, dove però sono stati quattro i “verdiniani” che hanno optato per il sì staccandosi dal resto del gruppo. Il Carroccio, che ha scatenato proteste e bagarre in Aula si è detto soprattutto contrario all’introduzione della teoria gender. Insorgono i Cobas e le altre sigle sindacali convinti che il provvedimento tolga i diritti, non risolva il problema della precarietà e trasformi la scuola in un luogo chiuso. Oltre alle assunzioni e ai soldi la riforma introduce la figura del super-preside, che può scegliere il suo corpo docenti, premiare i migliori con bonus in denaro; ancora il potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro soprattutto agli istituti tecnici e professionali ma anche nei licei e più fondi per l’edilizia scolastica. Per gli studenti è prevista un’offerta formativa più ricca che guarda alla tradizione ma anche alle nuove tecnologie.
Uno dei punti più oscuri di questa riforma è quello che riguarda l’ideologia gender presente all’interno della normativa, come spiega, al microfono di Massimiliano Menichetti, Massimo Gandolfini presidente del comitato “Difendiamo i nostri figli”, che il 20 giugno ha organizzato a Roma una manifestazione proprio contro il gender nella scuola a cui hanno partecipato centinaia di migliaia di persone:
R. – Per quanto riguarda l’aspetto del famoso emendamento 16, possiamo dire che ci sono elementi di discreta soddisfazione ed elementi di grossa preoccupazione. Comunque, si è ottenuta – e ripeto, il merito va moltissimo alla manifestazione del 20 giugno – un’attenzione particolare su quell’emendamento e si è ottenuta anche una circolare da parte del Miur, in cui si specifica che l’insegnamento della ideologia gender non può invadere le nostre scuole. E questo è motivo di soddisfazione. Di preoccupazione il fatto che ci sembra sia stata usata una strategia un po’ subdola: da una parte si dice che viene rispettata la caratteristica sessuale, ma dall’altra si aggiunge immediatamente che verranno fatti dei percorsi di contrasto alla violenza di genere e alla discriminazione, e tutti sappiamo che quando utilizziamo il termine “genere” ormai non si fa più riferimento alla differenza sessuale maschio-femmina, ma si fa riferimento a questa scelta di genere, di orientamento di genere che può essere il più vario.
D. – L’articolo dice esattamente che il piano triennale propone di fatto un’educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni …
R. – Questo è un punto pesantissimo. E’ chiaro che è una forma molto surrettizia che introduce di fatto l’ideologia di genere, cosa sulla quale siamo totalmente in disaccordo e che costituisce per noi una grossa preoccupazione. Tant’è che stiamo cercando di attivarci su tutto il territorio nazionale per stimolare e allertare i genitori a tenere gli occhi molto aperti su questi “Pof” (Piani dell’offerta formativa), su questi insegnamenti extra-curriculari ma anche curriculari, che possono riguardare questa materia.
D. – Come è entrata la parola “genere” in questa riforma della scuola?
R. – C’è una legge del 2013 che aveva come allegato un piano, il cui titolo è “Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere”, in cui veniva utilizzata “violenza sessuale e di genere”. E in effetti, quel famoso emendamento di cui parlavamo prima fa riferimento proprio a questa legge del 2013, ed è questa che ci ha consentito di capire che sotto c’era una strategia subdola, perché in quel piano di contrasto alla violenza sessuale e di genere, nella parte dedicata all’educazione sono scritti appunti i “capisaldi” della ideologia di genere.
D. – Lo diciamo ancora una volta: “genere” non viene usato come sinonimo di “sesso”, ma identifica tutt’altro …
R. – La popolazione dev’essere informata e dev’essere allertata. Tutte le volte che oggi si parla di “violenza di genere”, di “discriminazione di genere”, non si sta intendendo la violenza contro le donne o contro gli uomini; non si sta dicendo la discriminazione del sesso femminile rispetto al sesso maschile, tutte battaglie di grande valore sociale e antropologico; ma si sta dicendo il genere come scelta libera, individuale che prescinde dall’essere maschio o femmina. Va detto a chiare lettere: “genere” non è più sinonimo di “sesso”.
D. – L’intento è quello di dire che la sessualità non è più legata alla biologia; subentra un concetto di astrazione, di percezione di sé …
R. – … di percezione di sé e di costruzione culturale di sé. Una sorta di autodeterminazione a 360° e che, come tale, deve addirittura diventare termine di insegnamento perché si deve dare al bambino la possibilità di scegliere tra generi diversi. Ecco: questa è, dal punto di vista antropologico, una follia totale e dal punto di vista educativo del bambino crea una confusione terribile. Noi abbiamo già oggi segnalazione di bambini che tornano a casa dai genitori e dicono loro: “Papà, mamma, io sono maschio, femmina oppure sono transessuale, transgender, gay?” – “Ma dove le hai sentite queste parole?” – “Me le hanno dette a scuola…”. Questa è una cosa terribile! Al bambino che, anzi, ha bisogno di essere convalidato, di essere aiutato nella formazione della sua personalità, introduciamo un virus di confusione totale per cui non capisce neanche più se stesso e questo lo rende ancora più confuso e quindi ancora più debole, ancora più fragile, ancora più vulnerabile.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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