Corpus et Salus

Ecco com’è rinato Hope, il bimbo condannato a morte dalla nascita

La volontaria danese che lo ha adottato pubblica la sua foto a un anno di distanza. Il piccolo nigeriano era stato allontanato dalla famiglia perché considerato uno «stregone». Un anno fa Hope, il bambino nigeriano di due anni emaciato, malato e disperatamente solo, abbandonato dalla sua famiglia e cacciato dalla sua comunità del sud della Nigeria perché considerato uno “stregone”, commosse il mondo grazie a una foto che fece il giro globale dei media.

Oggi è un bambino in salute, dall’aria decisamente più felice.

Per sottolineare come in un solo anno il bambino abbia ritrovato una nuova vita, la volontaria danese che allora lo salvò e lo adottò, Anja Ringgren Loven, si è fatta fotografare nella stessa posa di quel gennaio 2016, mentre offre da bere da una bottiglia di plastica a Hope, con un pacco di biscotti nell’altra: scheletrito, nudo, sporco, pieno di parassitiallora; con le guanciotte piene, vestito con camicetta aquadretti, pantaloncini rossi, scarpe da ginnastica, zainetto inspalle e l’aria serena oggi.

“È da una settimana che ha iniziato ad andare a scuola

“, ha dichiarato la Loven, che insieme al marito, David Emmanuel Umem, gestisce un piccolo orfanotrofio nel sud-est della Nigeria, specializzato nell’accoglienza di bambini e ragazzi ostracizzati da villaggi e famiglie come conseguenza di superstizioni, chiamato African Children’s Aid Education and Development Foundation (Acaedf).




Hope (“Speranza” in inglese) – così è stato ribattezzato da Anja e David Emmanuel – era considerato un bimbo-stregone (Ndoki), forse perché soffre di ipospadia, una malformazione congenita dell’uretra e del pene. Aveva girovagato da solo, disperato, per almeno otto mesi nutrendosi di quello che trovava per strada. E grazie a quella esemplare foto – seguita da altre in cui il bimbo era avvolto in una coperta e veniva lavato con un bagnetto -, Loven è stata scelta dalla rivista tedesca Oooom nel numero del dicembre scorso come la persona che più “motivante” del 2016.




Fonte www.avvenire.it

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