Il 21 ottobre 2015 è il giorno della data segnata nella “macchina del tempo” di una delle trilogie più amate di sempre, Bach To The Future I e II. Il giovane Martin e lo scenziato pazzo (interpretati da Michael J. Fox Christopher Lloyd) arriveranno nel futuro a bordo della mitica DeLorean dal lontano 1989..
L’orologio di Hill Valley si fermò, colpito da un fulmine un giorno di novembre del 1955. Quello che scandisce la fortuna di Robert Bob Zemeckis batte da trent’anni l’ora del 25 ottobre 1985, giorno fatidico in cui cominciano le avventure di Marty e Doc, i due eroi di “Ritorno al futuro”. La nascita del culto Una delle saghe più popolari e fortunate nella storia di Hollywood, pensata fin dall’inizio per almeno un seguito, ma abbastanza conscia di sé da arrestarsi al terzo episodio diventando di culto proprio per la sua travolgente autoironia, nasce dall’incontro di due ragazzi che dividevano sogni di gloria (cinematografica) e competenze: un aspirante produttore di talento, Bob Gale, e un regista amato dalla critica ma ignorato dal grande pubblico, Robert Zemeckis. A 30 anni di distanza, il 21 ottobre i primi due episodi tornano nelle 44 multisale di Uci Cinemas, un evento organizzato da Nexo Digital e Universal. E Su Dmax lo stesso giorno serata speciale (alle 22.55). Il passato che ritorna Un bel giorno del 1990 Gale racconta all’amico la sua intuizione cresciuta leggendo lettere e diari scolastici del padre, Zemeckis coglie lo spunto per un’avventura che può parlare ai teenager. L’idea del passato che ritorna e che, se modificato, mette nei guai micro e macrostoria personale e collettiva sembra essere un’ossessione ricorrente nell'”altra” Hollywood (come prova Coppola con “Peggy Sue si è sposata”), ma anche nella letteratura americana post-68 che vorrebbe rimuovere il fantasma del Vietnam e della sconfitta ritornando all’epoca dorata di “Happy Days”. George Lucas ne era stato il cantore con “American Graffiti”, Steven Spielberg è l’ingegnere che coglie nel soggetto di Zemeckis e Gale l’aspetto originale che si proiettava verso una nuova generazione di spettatori: figli e nipoti di Marty, adolescenti che in Michael J. Fox potevano riconoscersi ma anche farne un idolo. Basta affiancargli una “spalla” di travolgente simpatia comeChristopher Lloyd, un po’ buffone e un po’ genio (come in tante storie di successo daHolmes/Watson a Laurel&Hardy) e il gioco è fatto. La storia Ricordate? Il 17enne Marty McFly non sopporta il grigiore della sua famiglia, il padre frustrato e vessato dal preteso migliore amico, la mamma precocemente spenta e senza sogni, i fratelli falliti anzitempo. Il suo unico amico, lo strampalato inventore Doc lo coinvolge nell’improbabile avventura di una macchina del tempo che, al buon momento, funziona davvero proprio mentre feroci terroristi libici li stanno per ammazzare. L’America degli anni ’50 E i due si trovano sprofondati nell’America del 1955, quando nessuno poteva immaginare che l’attore di serie B Ronnie Reagan potesse diventare presidente Usa, quando la Pepsi Free non c’era ancora, Johnny B. Good non la suonava ancora nessuno e il rock emetteva i primi vagiti, papà e mamma si incontravano per la prima volta e lui non aveva il coraggio di dichiararsi. Ma a mettere le mani nel passato (anche per evitare pasticci futuri) si rischia di combinare una bella serie di disastri. La diffidenza delle major Il copione di “Ritorno al futuro” incontra la diffidenza delle major, in primisColumbia Pictures, e poi il rifiuto della Disney quando tutto sembra già fatto: l’idea che, sprofondando nel passato degli anni ’50, quando la madre di Marty era una ragazzina svampita e impertinente, proprio lei potesse corteggiare il ragazzo che ne sarebbe stato il figlio mette in agitazione la casa di produzione e non basta che Zemeckis stemperi il dubbio d’incesto facendo dire al suo protagonista: “Baciarla? Era come baciare mio fratello”. Alla fine il fatidico sì non arriva e tocca di nuovo a Spielberg mettere le cose a posto: prima affida a Zemeckis la regia di “All’inseguimento della pietra verde” e ne fa un autore da box office, poi si impone alla Universal mettendosi in gioco in prima persona come produttore. Le riprese di notte perchè J. Fox era impegnato E finalmente le riprese del film cominciano con una serie di aneddoti che hanno fatto storia, dalla scelta della futuribile DeLorean – DMC12 come macchina del tempo allo sfortunato Eric Stoltz, protagonista sostituito in corsa perché il regista non lo trovava abbastanza autoironico. Viene così ingaggiato in corsa Michael J. Fox che aveva già declinato l’offerta perché impegnato in una serie tv. Ed ecco che si gira quasi sempre di notte, quando l’attore è libero. Il successo Costato “appena” 19 milioni di dollari, “Ritorno al futuro” alla fine incassò solo in America oltre 200 milioni di dollari. Travolti dal successo tutti i protagonisti accettarono di lanciarsi nel volo senza rete del seguito, ma spesero quattro anni per mettere a punto un perfetto meccanismo a orologeria che proiettava Michael J. Fox e Christopher Lloyd nel futuro (il 2015). Zemeckis aveva però ben chiaro il tragitto che i suoi eroi dovevano compiere prima di andare in pensione. Tanto che, se “Ritorno al futuro 2” vide la luce solo nel 1989, il terzo capitolo (proiettato all’indietro, nel cuore del mito della frontiera e del West del 1885) era nelle sale già nel 1990.
Redazione Papaboys (Fonte www.rainews.it)
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