R. – Siamo molto preoccupati perché stanno venendo avanti delle opzioni di ordine sociale, di ordine culturale, che vorrebbero destrutturare la famiglia così come noi la conosciamo dai primordi dell’umanità ad arrivare ad oggi, “inventandosi” nuovi tipi di famiglia, tant’è che si propone che non si parli più di una famiglia ma di “modalità diverse di famiglie”, che possono comprendere, appunto, famiglie dette omogenitoriali, cioè con due papà o due mamme … Collegato a questo, c’è il problema dell’educazione dei bambini secondo la cosiddetta ideologia “gender”.
D. – Lei come medico si occuperà principalmente della “questione biologica” della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. A volte, però, si viene accusati di discriminazioni verso le persone omosessuali. Lei cosa ha da dire in proposito?
R. – Questa manifestazione che faremo a Roma non ha la finalità di essere una manifestazione contro qualcuno o che vuole discriminare qualcuno; non vuole discriminare le persone omosessuali, tanto meno vuole essere irriguardosa. Detto questo, non deve essere questa la scusa per far passare istanze di ordine sociale, per le quali si propongono – soprattutto alle nuove generazioni – dei modelli di famiglia o dei modelli di educazione sessuale, che sono contrari innanzitutto alla biologia. Infatti, il fondamento è che la specie dell’homo sapiens sapiens è una specie fondata su un chiarissimo dimorfismo sessuale: il maschio ha delle caratteristiche maschili, la femmina ha delle caratteristiche femminili, tra di loro differenti che, portando delle specificità l’una e delle specificità l’altra, nella loro complementarietà rappresentano la pienezza dell’umanità. Il “gender”, o il genere, è una costruzione culturale-ideologica, che prescinde da questo dato di fatto – in questo senso, è uno degli esempi più classici di relativismo filosofico – cioè si prescinde dal dato di fatto e si fa una costruzione mentale per cui il “genere” è una sorta di percezione di sé per cui ognuno si può “inventare” di essere di un genere particolare, indipendentemente dal proprio sesso.
D. – Quindi voi ribadite che la famiglia è quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna, partendo anche dal dettato costituzionale…
R. – Si può capire benissimo quanto il dettato costituzionale sia nella sua organicità limpido e chiaro nel momento in cui definisce la famiglia una società naturale fondata sul matrimonio. Se teniamo fisso questo principio, è chiaro che allora la famiglia è la famiglia etero-genitoriale; le altre unioni non sono “la” famiglia e non possono avere la pienezza dei diritti che spetta – secondo il principio del “favor iuris” – soltanto alla famiglia etero-genitoriale come è definita dall’articolo 29 della Costituzione. E per essere molto chiari, uno di questi diritti che non può essere dato alle convivenze omogenitoriali è l’adozione dei bambini.
D. – Uno dei temi in ballo è infatti quello della possibilità di adozione di bambini da parte di coppie omosessuali …
R. – Per quanto riguarda il tema specifico dell’adozione, bisogna essere molto chiari. Non esiste il diritto della coppia ad avere un bambino. In questo momento, in Italia – e questo ce lo dice l’Istat – per 20 famiglie che hanno già l’idoneità ad adottare un bambino italiano, il bambino è uno: è un rapporto di 20 a 1. E quei bambini che sono negli orfanotrofi, spesso sono bambini grandi oppure sono bambini che hanno disabilità fisiche o psichiche. Quindi, pensare di aprire l’adozione alle coppie gay per ovviare ad un problema sociale di bambini abbandonati, è falso. L’adozione ha come scopo quello di porre il bambino – considerando che è il suo supremo interesse quello che dev’essere tutelato – nelle condizioni familiari migliori per poter crescere in condizioni di sviluppo equilibrato. Allora, la storia della psicologia da 150 anni ad oggi ci dice che la condizione migliore per lo sviluppo di un bambino è quello che abbia un papà maschio e una mamma femmina.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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