Natale è sempre Natale: si dice alla fine della commedia o alla fine della pubblicità.
La cronaca è sempre la cronaca: scrive notizie e scrive smentite. Rozzano, la sua scuola, il suo preside e il Natale stanno iniziando la fase B, quella delle smentite. Hai cancellato il Natale, non ho cancellato il Natale, allora sai che c’è?, a Natale facciamo i canti arabi e voi però se siete coerenti le ferie a Natale non ve le prendete.
A Rho, Casazza, Romano d’Ezzelino e Busto Arsizio, la questione è ancora lì. Tra canti, recite, presepi, bambinelli. Sì o no?
Io trovo tutto ciò molto evangelico. Segno di contraddizione, pazzia, scandalo, insomma nulla di nuovo. Quando arriva Gesù, arriva tutto questo. Lo dicono i vangeli, lo dice la storia.
Natale 2015 è Betlemme anno 0: stessa storia. Una famiglia povera, un bambino al freddo, due genitori senza casa in terra straniera. Nessun potente. Solo i più poveri intorno.
Questa scena non ci ricorda qualcosa? Qualcosa di visto al tg o nei nostri condomini in questi giorni? Possibile non riuscire a vedere che Natale è proprio la storia di tutti noi?
Forse a Lampedusa o nei centri di accoglienza o in molte famiglie italiane il problema del presepe non se lo sono posto. Non perché non abbiano le statuine o perché sono relativisti ma perché sono loro il presepe. Dove c’è un povero, un bambino, è Natale. Non è imposizione ideologica, è storia.
Io non so chi abbia ragione e torto: quali politici e quotidiani invece di cercare di fare chiarezza cercano solo di fare numeri. Io so che anche se togli il presepe e zittisci la recita, il Natale dalle nostre scuole non lo togli. I bimbi che tornano a casa con il lavoretto in bilico tra le mani e la poesia arrotolata a pergamena, e mamma e papà con le ferie e i nonni che arrivano con i cuginetti, sono Natale. Perché Natale siamo noi, non nel senso della storia dei libri ma di quella reale.
Siamo noi, sono loro, siamo tutti. Riconosciamolo, riconosciamoci.
È Natale. Questa è la notizia. Non ci sarà smentita anche se non ci sarà il presepe.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost