Il giovane Giosuè fa il suo tirocinio al servizio di Mosè. Accumula esperienza e conoscenza, diventa un uomo pieno dello spirito di saggezza. Per questa sua sapienza e docilità merita di diventare il successore di Mosè, che guiderà il popolo nell’ingresso nella terra promessa. Il passaggio del Giordano più che un’azione bellica è una processione liturgica da lui guidata.
Al centro dell’evento vi è l’Arca trasportata dai sacerdoti. Non appena essi toccano l’acqua, questa si divide per lasciar passare il popolo all’asciutto. Anche la conquista di Gerico viene presentata come un’azione liturgica di cui sono protagonisti i sacerdoti.
Per sei giorni essi aprono il corteo intorno alle mura della città. Il settimo giorno compiono il giro per ben 7 volte, e al termine dell’ultimo, al suono delle trombe, le mura crollano. I due episodi sono accomunati da una premessa teologica: la conquista della terra è un dono di Dio, Giosuè ne è lo strumento. (Avvenire)
Etimologia: Dall’ebraico ‘Jehoa-Schiuah’ e significa ‘il Signore salva’
Martirologio Romano: Commemorazione di san Giosuè, figlio di Nun servo del Signore, che, con l’imposizione delle mani da parte di Mosè, fu riempito dello spirito di sapienza e, dopo la sua morte di Mosè, condusse mirabilmente il popolo d’Israele lungo il corso del Giordano nella terra promessa.
Giosuè figlio di Nun, appartenente alla tribù di Efraim, il secondo figlio di Giuseppe, è un personaggio biblico vissuto nel XII secolo a.C.
Originariamente si chiamava Osea, ma Mosè del quale era uno dei più fedeli discepoli e al quale succedette nella guida del popolo ebraico, trasformò il suo nome in Giosuè, che significa “Jahvé salva”.
Egli è nominato per la prima volta nel libro dell’Esodo al capitolo 17, 9-14, quando durante il lungo peregrinare nel deserto, il popolo ebraico fuggito dall’Egitto sotto la guida di Mosè, fu costretto ad ingaggiare battaglia con la tribù degli Amaleciti, nomadi da sempre nemici d’Israele.
Nel deserto era facile lo scontro fra tribù nomadi, soprattutto per il diritto di usare le sorgenti d’acqua presso le oasi. Mosè in quest’occasione, chiamò il suo fedele collaboratore e lo incaricò di combattere Amalek il loro capo, scegliendo gli uomini più validi; in questo luogo Refidim, nel deserto del Sinai, Giosuè ingaggiò il lungo combattimento, mentre Mosè, Aronne e Cur assistevano dall’alto di una collina.
Le sorti della battaglia si alternavano positivamente e negativamente, secondo se Mosè teneva alte le mani o le abbassava per la stanchezza; allora Aronne e Cur gli sostennero le braccia in alto fino al tramonto, quando Giosuè uscì vittorioso dalla battaglia.
Ancora nell’Esodo è ricordato come unico accompagnatore di Mosè sul monte Horeb, quando Dio dettò le Tavole della Legge, i Dieci Comandamenti.
In Numeri, cap. 27, 15-23 si legge: “Il Signore disse a Mosè: Prendi Giosuè, figlio di Nun, uomo che ha lo spirito e imponi la tua mano su di lui. Poi lo presenterai al sacerdote Eleazaro e a tutta la comunità e alla loro presenza gli darai i tuoi ordini. Gli comunicherai la tua dignità, perché tutta la comunità dei figli d’Israele gli obbedisca…”.
Da quel momento, Giosuè ebbe il potere di dare gli stessi ordini impartiti da Mosè e di chiedere al sacerdote di consultare la volontà divina attraverso un oracolo.
Mosè preparava così una nuova guida del popolo d’Israele, che si avvicinava ormai alla terra promessa, perché lui e tutti gli ebrei della precedente generazione, che avevano mancato di fiducia in Dio durante il quarantennale peregrinare nel deserto, per volere di Dio l’avrebbero al massimo solo intravista, morendo prima di raggiungerla.
In Numeri 34,16, Dio Indica a Mosè i nomi degli uomini che spartiranno la terra promessa fra le varie tribù d’Israele e insieme al sacerdote Eleazaro, succeduto al padre Aronne, Dio indicò anche Giosuè, figlio di Nun.
E nel libro del Deuteronomio cap. 31, 7-8, c’è l’investitura ufficiale di Giosuè da parte di Mosè davanti a tutto il popolo: “Sii forte, sii valoroso! Perché tu condurrai questo popolo nella terra che il Signore promise con giuramento ai loro padri; tu la metterai in loro possesso. Il Signore cammina davanti a te e sarà con te. Non ti abbandonerà e non ti trascurerà. Non aver paura, non tremare!”.
Giosuè fu accanto a Mosè nei momenti finali della sua lunga vita, quando il grande legislatore e guida d’Israele, pronunciò la benedizione solenne sulle dodici tribù discendenti dai figli di Giacobbe e quando a 120 anni, morì sul monte Nebo vedendo da lì la terra promessa.
Nella cronologia della Bibbia si inserisce a questo punto il libro di Giosuè, composto da 24 capitoli, narranti le gesta del successore di Mosè nella conquista e nello stabilirsi del popolo d’Israele nella regione di Canaan, la terra promessa.
Il popolo sotto la sua guida attraversò il fiume Giordano, preceduto dall’Arca dell’Alleanza sorretta dai sacerdoti e come successe con il Mar Rosso e Mosè, anche il Giordano che era in piena, si fermò nell’impetuoso scorrere, facendo passare all’asciutto la lunga fila di popolazione e animali.
Dio con questo prodigio esaltò Giosuè davanti al popolo, come aveva esaltato Mosè e il popolo prese a venerarlo, così come aveva venerato Mosè.
Descrivere minuziosamente tutto il percorso d’Israele per stabilirsi nella regione, non è oggetto di questa scheda, per cui si accenna soltanto ai prodigi più noti, attribuiti a Giosuè.
La presa della città di Gerico, fu ottenuta da Giosuè facendo procedere in processione l’Arca dell’Alleanza al suono delle trombe dei sacerdoti, e girando intorno alle mura della città per sette giorni; al termine del settimo giro, fece gridare tutto il popolo ebreo e suonare le trombe e le mura crollarono, permettendo così la sconfitta e la morte degli spaventati difensori di Gerico.
Altro fatto miracoloso avvenne durante la battaglia contro gli Amorrei a Gabaon, quando Giosuè per avere una vittoria completa sul nemico sconfitto e in fuga, si rivolse al sole dicendo: “O sole, fermati su Gabaon, e tu o luna, nella valle di Aialon”. Il sole si fermò prolungando il giorno e gli israeliti fecero strage di nemici, che non avevano potuto riorganizzarsi durante la fuga.
In genere l’espansione del numeroso popolo d’Israele nella fertile terra di Canaan, fu attuata con una pacifica conquista, ma non mancarono tuttavia ripetuti episodi di guerra e di violenza, che lo scrittore sacro del Libro spiega ricordando l’ordine del Signore di votare allo sterminio queste popolazioni, per evitare il ricorrente pericolo di contaminazione religiosa.
L’entrata di Israele nella terra promessa era disegno di Dio; nulla vi si poteva opporre né altri uomini; ecco così le orrende stragi di interi eserciti e popolazioni, con città distrutte completamente.
Giunti ormai nella Palestina, Giosuè attuò la divisione del Paese fra le dodici storiche tribù, instaurando tutta la legislazione dettata da Mosè.
Passò molto tempo in pace e Giosuè ormai vecchio e avanzato in età, convocò a Sichem, una grande assemblea popolare, pronunciò il discorso d’addio al popolo, facendo loro promettere fedeltà a Dio loro padre e guida suprema.
Morì a 110 anni, la sua tomba è additata ancora oggi a Khirbet Tibuah a nord di Gerusalemme; mentre le ossa del patriarca Giuseppe, portate dall’Egitto durante la fuga degli israeliti, furono seppellite a Sichem.
Autore: Antonio Borrelli