Non è il solo, Rudy Zerbi (produttore musicale e noto conduttore radiofonico e televisivo), a rivolgersi al Signore e a farlo pubblicamente per dire grazie. Il pretesto, no meglio, la gioiosa ricorrenza è stato il terzo compleanno del suo quarto figlio, Leo, avvenuto il 31 gennaio scorso.
Si sa alle volte i genitori tendono ad un eccesso di pathos quando si tratta di magnificare i piccoli o grandi progressi dei propri figli. Ma in questo caso il papà ha deciso di condividere commozione e gratitudine per il fatto stesso che il suo Leo sia nato e sia vivo, insieme alla sua mamma!
E lo ha fatto rivolgendosi a quello che sembrava il grande estromesso dalla nostra vita pubblica, sociale, mediatica: il Signore. Sì, proprio Dio.
Il fatto è semplice nella sua drammaticità: al settimo mese di gravidanza la sua attuale compagna, Maria Soledad, ha accusato un distacco totale di placenta. Quando i collaboratori di Rudy riescono ad avvisarlo e a farlo uscire dalla sala riunioni lui è tutt’altro che pronto ad interrompere quel che sta facendo. Capisce però che c’è qualcosa di molto grave e quando arriverà trafelato all’ospedale dove la donna è stata portata in condizioni disperate trova le infermiere in lacrime: mamma e bambino stanno per morire.
Il piccolo, in corridoio; essendo però gravemente prematuro necessita di cure specifiche, intensive ed immediate.
E il reparto è tutto occupato. Vengono trasportati al Casilino, un ospedale di periferia.
Dopo un lungo periodo di trepidazione fatto di piccoli progressi, di tanta angoscia mista a speranza, il piccolo e la mamma sono entrambi fuori pericolo.
Chi ha avuto bimbi prematuri sa che non è affatto una passeggiata e che non tutti ce la fanno. Molti sono i bimbi che soccombono o che restano gravemente menomati.
Leo invece è uno dei piccoli guerrieri, come lo chiama il padre, che ha vinto la sua prima grande battaglia. E Rudy, che ha una situazione familiare piuttosto articolata con figli di prime, seconde e terze unioni, e del quale non conosciamo la fede, dice con gioia commossa che per questo ringrazierà sempre il Signore e che si riterrà per sempre un privilegiato, un sopravvissuto.
In effetti le prove importanti della vita possono davvero insegnare a chiunque a posare sulla propria esistenza uno sguardo più pulito, più vero, umiliato dalla debolezza vissuta sulla propria pelle e nell’impotenza davanti a chi soffre.
“Essere genitori di un neonato in pericolo di vita è una sensazione strana: è nato, ma non è ancora tuo. Vorresti toccarlo, nutrirlo, portarlo a casa, ma non puoi. Quando ce la fa, senti di avere avuto un dono, e di essere in qualche modo un sopravvissuto.”
Fonte it.aleteia.org
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