In quel tempo, si accostarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore. Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano». Matteo 9,14-17
È digiuno vero.
Se è amore vero.
È digiuno vero.
Se lo stomaco si svuota.
E il cuore si riempie.
È digiuno vero.
Se lo faccio mio.
Senza se.
Senza ma.
Senza contare quanto mangiano gli altri.
Perché l’amore è così.
Se non è così.
È solo uno stomaco vuoto.
E allora brontola.
C’è una festa.
C’è uno spazio.
E non è solo lo spirito ad essere in festa.
Ma è tutto il corpo che si fa sposa.
Che si fa gioia.
Che si riempie di ciò che nutre.
Di ciò che dà vita.
Corpo e anima.
Io e te.
Uniti.
Nella gioia.
E poi.
Nell’attesa.
Se c’è lo sposo.
C’è una festa di nozze.
E io non voglio mancare.
Perché è a me che ti unirai.
E sarà gioia, e sarà pienezza.
Di corpo e di anima.
Se non c’è lo sposo.
C’è un lutto da vivere.
E io non mangerò.
E ti attenderò.
Tanto.
Tanto.
Con la bocca vuota.
E il cuore da riempire di te.
In attesa.
Stoffa grezza.
Vino nuovo.
Su vestiti vecchi.
Dentro otre vecchio.
Non funziona.
Funziona solo se vieni tu.
A farmi nuova.
Perché tu fai nuove tutte le cose.
Ricuci i miei strappi, amore mio.
Fammi nuova, capace di contenerti.
Di Don Mauro Leonardi