La terra trema, il sole impallidisce. È il giorno del silenzio di Dio. Dio si è fatto uomo, ma l’ uomo ha ucciso Dio. La Luce brilla nelle tenebre ma le tenebre non l’ hanno accolta. Sbigottiti. Siamo senza parole. Sabato santo. Il giorno della preghiera silenziosa. Del volto lungo, degli occhi sbarrati e senza lacrime. Non abbiamo voglia di mangiare, non ci và di ridere e scherzare. Non riusciamo a cantare. Vogliamo rimanere soli. Per poter pensare e meditare; per meglio riflettere e pregare. Per stringere sul cuore il crocifisso e chiedere perdono. Gesù è rinchiuso nel sepolcro. Suo Padre non ha voluto dare ascolto alla sua preghiera. Pareva essere sordo ai suoi lamenti. Lo ha lasciato solo a combattere con la caparbietà degli uomini. Solo sotto il peso del legno che lo scaraventa nella polvere. Solo nel cortile delle menzogne e delle oscenità.
Possibile? Possibile che il Padre abbia indurito il cuore? Giovedì notte, Gesù, si era chinato sui piedi dei suoi amici e glieli aveva lavati. La storia inorridì. Poi consegnò loro il testamento nuovo: “Come ho fatto io, fate anche voi …”. La strada è tracciata, da quella sera non c’è più niente da inventare, ma solo da imitare. Smettere di essere maestri superbi e imparare a fare i servi. Umiltà è la parola magica. Tutti siamo servi di tutti. Unici padroni: i piccoli. Chi da poco è venuto al mondo, chi ha bisogno di cure e di sostegno, chi ancora non è nato ma già palpita nel grembo della mamma sua. Chi per il peso degli anni e dei malanni non sa più reggersi da solo. “Un altro ti cingerà e ti porterà dove non vorresti”. Loro, solamente loro, hanno il diritto di pretendere e comandare. Gli antichi lo avevano intuito, ma il Maestro, quella notte, ce lo ha detto a chiare lettere. Nella vita si avanza con il catino nello zaino e l’ asciugatoio fra le mani. Unica attrezzatura degna dell’uomo che vuole rimanere uomo.
Ma era ancora troppo poco e andò oltre. Oltre ogni immaginabile previsione. Ci diede da mangiare il Pane. No, non ci donò del pane, Egli stesso si fece Pane. E qui arrivano le vertigini. A qualcuno, presente nella sala, parve di essere davanti alla follia di un folle. E folle, l’ uomo del catino, lo era veramente. Folle di un amore che nessun poeta potrà mai cantare, nessun innamorato potrà mai imitare. Innamorato. Follemente, pazzamente, umanamente innamorato.
Divinamente innamorato. E chi ama vuole rimanere con la persona amata, non vuole perderla. E per averla è disposto a tutto, anche a subire la tortura. Anche a essere vilipeso e flagellato. Anche a essere inchiodato al legno. L’ Uomo della croce si carica di tutti i peccati, di tutti gli uomini, di tutti i tempi. Paga un prezzo altissimo perché il bottino è immenso. Nemmeno una pecora vuol perdere del gregge di cui sa di essere il pastore. Non gli interessa la maggioranza. La quantità per Lui è un orrore. Vuole tutto. Perché ama tutti. Tutti sono suoi. Non può correre il rischio di dimenticarne alcuno. “Flagellate, inchiodate, colpite pure. Pur di strapparvi dalle grinfie del nemico e della morte, sono disposto a tutto. Che importa se gli sputi mi insozzano la faccia? Le spine mi trafiggono il capo? Il sangue mi soffoca la gola? Voglio che sappi quanto sei prezioso e amato dal Padre mio … Lo so, adesso sei prigioniero di chi ti guarda, devi fare il duro. Devi mettere la maschera, mentire a te stesso. Ma stanotte, quando la luce squarcerà le tenebre, quando il sepolcro si aprirà, quando il Padre farà sentire la sua voce, il calore del suo abbraccio, tu ti sentirai finalmente amato”…
L’uomo con la frusta in mano non è mai morto. Nemmeno quello che gli sputava in faccia. Anche Simone di Cirene vive ancora, come ancora vivono Maria sua madre e le donne che l’ accompagnavano. Vivono in noi. Siamo noi. E coloro che ci diedero la vita. E coloro cui abbiamo dato la vita. E chi dalla loro vita riceverà la vita. Così, fino alla fine dei tempi. Fino alla fine del mondo verrà il giorno del silenzio di Dio e dello sbigottimento degli uomini. Il giorno in cui il sole impallidisce e la terra trema. Il giorno in cui Dio giace, morto tra i morti. Il giorno penultimo. Verrà il “Sabato santo”. Facciamo tesoro di queste ore tremende e preziose. Alziamo la testa. Guardiamo in alto. Gettiamoci ai piedi di Dio e dei fratelli e attendiamo fiduciosi. Tra non molto… Solo poche ore… Poche ore ancora… e lo rivedremo. Non più insanguinato e sozzo, ma glorioso e bello nella luce della resurrezione. “Se con lui moriamo con lui vivremo”. Ve lo auguro con tutto il cuore, amici del mio pellegrinaggio. Di Padre Maurizio PATRICIELLO
Grazie Padre per questa parole meravigliose che ci fanno meditare e riempiono di significato questo giorno. Matteo