Continuiamo gli articoli dedicati alla Divina Provvidenza; in questa seconda parte affronteremo in maniera particolare lo stato dell’abbandono, lo stato di pura fede, dell’abbandono all’azione divina e sulla nostra santità
CONTINUAZIONE DELL ‘ ARGOMENTO DELLO STATO DI ABBANDONO – SUA NECESSITA’ E SUE MERAVIGLIE
Quante grandi verità ci sono in questo stato, che restano nascoste! . Come è vero che ogni croce, ogni azione, ogni attrattiva dell’ordine di Dio, dà Dio in un modo che non può spiegarsi se non ricorrendo al più profondo mistero! Come è vero, per conseguenza, che la vita più santa è misteriosa nella sua semplicità nella sua apparente bassezza! O giocondità o festa perenne! Un Dio sempre dato e sempre ricevuto, non nello splendore, nel sublime, nel luminoso, ma in quanto vi è di infermo, di follia, di niente! Dio sceglie quelle cose che lo spirito naturale disapprova e che la [prudenza] umana rifiuta; Dio le trasforma in misteri e si dà alle anime nella misura in cui esse credono di trovarvelo. L’ampiezza , la solidità la pietra ferma non si trovano dunque che in questa vasta distesa della volontà divina che si presenta di continuo sotto il velo delle croci e delle azioni più ordinarie. Sotto le loro ombre, dunque, Dio nasconde la sua mano per sorreggerci e portarci. Questa visione deve bastare a un’anima per condurla a questo sublime abbandono che la pone al riparo dalla contraddizione delle lingue, perché‚ ella non ha più niente da dire né‚ da fare in propria difesa. Poiché‚ l’opera è di Dio, non bisogna andarne a cercare altrove la giustificazione. I suoi effetti e le sue conseguenze la giustificheranno a sufficienza, non c’è che da lasciare che si sviluppino: Dies diei eructat verbum . Quando non si procede più con le proprie idee, non è più il caso di difendersi con le parole; le nostre parole non possono esprimere che le nostre idee. Dove non c’è nessuna idea, non ci sono parole; a che servirebbero? A render ragione di ciò che si fa? Ma questa ragione si ignora, perché‚ è nascosta nel principio che ha spinto ad agire e il cui impulso è stato percepito in modo inesprimibile. Bisogna dunque lasciare che [ogni] momento sostenga la causa del momento successivo; tutto si sorregge in questo concatenamento divino, tutto è fermo e solido, e la ragione di quel che precede si vede dall’effetto su ciò che segue. Non si vive più di pensieri, di immaginazioni, di parole a non finire; non sono più tutte queste cose che riempiono l’anima, la nutrono, la sorreggono. Essa non vede più, non prevede più dove andrà; non si aiuta più con le riflessioni per animarsi nella fatica e sostenere le asprezze del cammino; tutto si svolge nel sentimento più profondo della sua debolezza. Se la strada si apre davanti ai suoi passi, ecco che vi si impegna e cammina senza esitare; è una via pura, santa, semplice e vera, è la via diritta dei comandamenti di Dio; è una pura adesione a Dio stesso, che l’anima realizza incessantemente in tutti i punti di questa linea . Non ci si diletta più a cercarla nei libri, nelle questioni infinite e nelle sollecitudini interiori; si lasciano gli scritti e le dispute, e Dio si dà all’anima e viene a trovarla. Ella non cerca più la via e la strada da percorrere; Dio stesso le costruisce la via e, a misura che l’anima avanza, la trova tracciata e battuta. Tutto quello che le rimane da fare è di restare vigile per afferrare Dio che si offre direttamente a lei a ogni passo e a ogni momento, nei diversi oggetti che trova sul suo passaggio e che non cessano di presentarsi a lei. All’anima, quindi, non resta che da ricevere l’eternità divina nel fluire delle ombre del tempo. Queste ombre variano, ma l’Eterno che esse nascondono è sempre lo stesso. Essa non deve più attaccarsi a niente, ma gettandosi perdutamente tra le braccia della Provvidenza deve seguire con costanza l’ amore attraverso la via delle croci, dei propri doveri e delle attrattive non sospette. Quanto è chiara e luminosa questa via! lo non temo di difenderla e di insegnarla con vigore. Vedo che tutti mi capiscono quando dico che tutto il lavoro della nostra santificazione consiste nell’accettare, di momento in momento, tutte le pene e i doveri del proprio stato come veli che nascondono e dànno Dio. Nell’abbandono, l’unica regola ci viene dal momento presente . In esso l’anima si muove leggera come una piuma, fluida come l’acqua, semplice come un bambino; è mobile come una palla di gomma per ricevere e seguire tutti gli impulsi della grazia. Queste anime hanno la fluidità e la malleabilità di un metallo fuso; come questo accoglie tutte le impronte dello stampo in cui lo si fa colare, così queste anime si piegano e si adattano con altrettanta facilità a tutte le forme che Dio vuole imprimere in esse. In una parola, la loro maneggevolezza è come quella dell’aria che si muove a ogni soffio e si configura a ogni cosa. Qui è il caso di fare un’osservazione importante. Cioè, che in questo stato di abbandono, in questa via di fede, tutto quello che avviene nell’anima, nel corpo, negli affari e nei diversi avvenimenti, offre un aspetto di morte che non deve stupire. Che volete? E la natura propria di questo stato. Dio ha i suoi disegni sulle anime e li esegue alla perfezione sotto questi veli oscuri.
Con questo nome intendo gli insuccessi, le infermità del corpo, le debolezze dello spirito. Tra le mani di Dio tutto riesce, tutto si volge in bene. Mediante queste cose che atterriscono la natura egli regola e prepara il compimento dei suoi più alti disegni: Omnia cooperantur in bonum iis qui secundum propositum vocati sunt sancti . Egli genera la vita sotto le ombre e quando i sensi sono affranti, la fede, che vede le cose dal lato buono e tutto assume per il meglio, è piena di coraggio e di sicurezza. Poiché‚ si sa che l’azione divina comprende tutto, guida tutto, fa tutto all’infuori del peccato, è dovere della fede adorarla in tutto, amarla e riceverla a braccia aperte. Bisogna andarle incontro con l’animo pieno di gioia, di fiducia, elevandosi in tutte le cose al di sopra delle apparenze che sono per natura destinate a far trionfare la fede. Questo è il mezzo che io vi suggerisco per onorare Dio e per vivere in Dio. Vivere nella fede è dunque vivere di gioia, di sicurezza, di certezza, di fiducia in tutto quello che si deve fare e soffrire a ogni momento per ordine di Dio. Per quanto misteriosa possa apparire questa condotta, è per incoraggiare e sorreggere la sua vita di fede che Dio sospinge l’anima e la trascina nei flutti tumultuosi di tante pene, turbamenti, fastidi, languori e sconvolgimenti. Perché‚ ci vuole fede per riconoscere in tutto ciò Dio e questa vita divina che non si vede e non si sente, ma che ci è data a ogni istante in un modo sconosciuto, ma assolutamente certo. L’apparenza della morte nel corpo, della dannazione nell’anima, dello scompiglio negli affari sono l’alimento e il sostegno della fede; essa passa attraverso queste cose e va a posarsi sulla mano di Dio che le dà vita dovunque non ci sia prospettiva di peccato. Bisogna che un’anima di fede cammini sempre con sicurezza, prendendo tutto come velo e travestimento di Dio, la cui presenza più intima scuote, spaventa le facoltà. Non c’è niente di più generoso di un cuore che ha la fede, che sa scorgere la vita divina nei travagli e nei pericoli più mortali. Anche se si dovesse inghiottire del veleno, esporsi sulla breccia, fare da schiavo a degli appestati, si trova in tutto ciò una pienezza di vita divina che non si dà soltanto a goccia a goccia, ma che in un istante inonda l’anima e la sommerge. Un esercito di simili soldati sarebbe invincibile. Perché‚ l’istinto della fede produce una elevazione e una dilatazione del cuore al di là e al di sopra di tutto ciò che può accadere. La vita della fede e l’istinto della fede sono la stessa cosa. Questo istinto è un godimento del bene di Dio e una fiducia fondata sull’attesa della sua protezione che rende tutto piacevole e tutto serenamente accettabile. Rende indifferenti verso tutti i luoghi, tutte le situazioni e tutte le persone. La fede non è mai infelice, mai malata, mai in uno stato di peccato mortale; questa fede viva è sempre immersa in Dio, sempre sotto il suo influsso, ben oltre le apparenze contrarie che oscurano i sensi. I sensi spaventati gridano con violenza all’anima: “ Sventurata, eccoti perduta, non hai più risorse!” . Ma la fede con voce più forte subito le dice: “ Sta’ salda, cammina e non avere timore di nulla” . A meno che non si tratti di malattie evidenti che, per loro natura, obbligano a stare a letto e a prendere le medicine adeguate, le debolezze e le impotenze delle anime abbandonate non sono che illusioni e apparenze che esse devono affrontare con fiducia. Dio le permette o le manda per esercitare la loro fede e il loro abbandono che sono le vere medicine. Queste anime, senza preoccuparsi di nulla, devono proseguire generosamente il loro cammino nelle azioni e nelle sofferenze volute da Dio, servendosi senza posa del loro corpo come si fa dei cavalli presi a nolo i quali non meritano che di perire servendo senza remissione; ciò val meglio di tutte quelle attenzioni che nuocciono al vigore dello spirito. Questa forza dello spirito ha il potere di sorreggere anche un corpo debole, e un anno di vita nobile e generosa vale ben più di un secolo di cure e di timori. Bisogna cercare di avere abitualmente un aspetto e un contegno da figli educati e di buona volontà. E che cosa si può temere sotto la protezione della benevolenza divina? Condotti, sostenuti, protetti da essa, i suoi figli non devono presentare niente che non sia eroico in tutto il loro comportamento esterno.
Le cose temibili che si oppongono al loro passaggio non sono niente; sono lì solo per rendere la loro vita più vivace e più gloriosa ariche quand’è sottoposta a difficoltà di ogni genere in cui la prudenza umana, che non vede e non immagina alcun mezzo per uscirne, sente tutta la sua debolezza e si trova alle strette e confusa. E’ qui che la benevolenza divina mostra in tutto il suo splendore che cosa essa è per coloro che si sono dati totalmente a lei, e li libera in modo ben più meraviglioso di quello con cui gli inventori di storie fantastiche non sbroglino gli intrighi e i pericoli dei loro eroi immaginari. Essa li conduce con un’arte assai più ammirabile, e più felicemente, attraverso morti, pericoli e mostri, inferni, demoni e ogni genere di insidie; eleva queste anime fino al cielo e le rende protagoniste di quelle storie mistiche che sono più belle e più interessanti di tutte le vane immaginazioni degli uomini. Procedi, dunque, anima mia, attraverso i pericoli e incontro ai nemici, condotta, guidata, sostenuta da quella mano sicura e invisibile che è la mano invincibile e infallibile della divina Provvidenza. Andiamo senza paura verso la nostra mèta, nella pace e nella gioia, facendo di tutto quello che si presenta il campo delle nostre vittorie. E per combattere e per vincere che camminiamo sotto i suoi stendardi: Exivit vincens ut vinceret . Quanti passi faremo sotto i suoi auspici, saranno altrettanti trionfi, anima mia! Lo spirito di Dio ha la penna in mano, ed ecco il libro aperto per continuarvi la storia sacra che non è ancora terminata e la cui materia non si esaurirà che alla fine del mondo. Questa storia è il racconto degli ordini e dei disegni di Dio sugli uomini; dipende solo da noi ben figurare in questa storia e continuarne la trama congiungendo le nostre sofferenze e le nostre azioni ai suoi comandi. No! tutto quel che si offre a noi, sia da fare che da soffrire, non è per perderci; non ci vien procurato che per fornire la materia di questa sacra Scrittura che ogni giorno si va ampliando. L ‘amore di Dio, la sottomissione alla sua azione divina: ecco l’essenziale per la santificazione dell’anima; tutto questo dipende da lei, ed è quello che fa la grazia in lei mediante la sua fedeltà nel rispondervi . Un’anima santa non è che un’anima liberamente soggetta alla volontà divina, con l’aiuto della grazia. Tutto quel che precede la pura acquiescenza è opera di Dio e non opera dell’uomo che lo riceve alla cieca in un abbandono e in un’indifferenza totali. Dio non le chiede che questa sola disposizione; il resto lo determina e lo sceglie lui secondo i suoi disegni come un architetto sceglie e dispone le pietre per la costruzione. Bisogna, dunque, amare in tutto Dio e le sue disposizioni; bisogna amarlo così come si presenta, senza desiderare niente di più. Che venga offerto tale o tal altro oggetto, questa non è cosa che riguarda l’anima, ma Dio, e quello che egli concede è la cosa migliore per l’anima. Che grande compendio di spiritualità è questa massima, questo puro e totale abbandono dell’anima alle disposizioni di Dio! E là, nella continua dimenticanza di sé, occuparsi eternamente ad amarlo e a obbedirgli senza tutte quelle paure, quelle riflessioni, quei ritorni su se stessi, quelle inquietudini prodotte dalla preoccupazione della propria salvezza e della propria perfezione! Poiché‚ Dio si offre a noi per fare i nostri interessi affidiamoglieli dunque una volta per tutte per non occuparci più che di lui solo e di quel che lo riguarda. Andiamo, anima mia, andiamo tenendo il capo sollevato al di sopra di tutto quello che avviene fuori e dentro di noi, sempre contenti di Dio, contenti di quel che egli fa in noi e di quel che ci fa fare. Guardiamoci bene dal cacciarci imprudentemente in quella quantità di riflessioni inquiete che, come tanti [sentieri] senza via d’uscita, si presentano al nostro spirito per sorprenderlo e fargli fare in pura perdita passi senza fine. Superiamo questo labirinto di noi stessi passandogli sopra, e non percorrendolo con giri interminabili. Andiamo, anima mia, attraverso languori, malattie, aridità, cattivi umori, debolezze di spirito, insidie del diavolo e degli uomini; attraverso le loro diffidenze, gelosie, idee sinistre e prevenzioni. Voliamo come aquila al di sopra di tutte queste nuvole, con lo sguardo sempre fisso sul sole e sui nostri doveri che ne sono i raggi. Soffriamo pure per tutto questo, non dipende da noi essere insensibili, ma ricordiamoci che la nostra vita non è una vita di sentimento. Viviamo in questa regione superiore dell’anima in cui Dio e la sua volontà operano una eternità sempre uguale, sempre uniforme e immutabile. In questa dimora tutta spirituale l’increato, rindistinto, l’insensibile, l’ineffabile tengono l’anima infinitamente lontana da tutte le particolarità delle ombre e degli atomi creati. [I sensi sentono] nelle loro facoltà le loro agitazioni, le loro inquietudini e metamorfosi.
Tutto vi si svolge come nell’aria, in cui le cose sono sconnesse e senza ordine in un perpetuo avvicendarsi . Ma Dio e la sua volontà sono l’oggetto eterno che affascina il cuore nello stato di fede, e che in quello di gloria faranno la sua vera felicità. E questo stato glorioso del cuore influirà su tutto il composto materiale che attualmente non è che preda dei mostri, dei gufi e delle bestie feroci. Sotto queste apparenze, per quanto terribili esse siano, l’azione divina, dandole una scioltezza tutta celeste, la farà brillare come il sole, perché‚ le facoltà dell’anima sensitiva e quelle del corpo vengono preparate quaggiù come l’oro, il ferro, il lino e le pietre. Come la materia di queste diverse cose, esse non godranno dello splendore e della purezza del loro essere se non dopo aver ricevuto molte lavorazioni, subito molte modifiche o tagli. Tutto quello che esse sopportano quaggiù sotto la mano di Dio, che è questo amoroso e divino operaio, non serve che a disporvele. L’anima di fede, che conosce il segreto di Dio, resta completamente in pace e tutto quello che avviene in lei invece di spaventarla la rassicura, intimamente persuasa come è che Dio la conduce. Prende tutto come grazia e vive nell’oblio di un soggetto su cui Dio lavora, per non pensare che all’opera affidata alle sue cure, cioè all’amore che la spinge senza posa a compiere fedelmente e con esattezza i propri doveri. Tutto il “ distinto” nell’ anima abbandonata è l’azione della grazia; eccezione fatta per i peccati che sono leggeri e che quest’azione stessa volge in bene. Chiamo “ distinto ” tutte le impressioni affliggenti o consolanti che l’anima sensibile riceve dagli oggetti ai quali la volontà divina la applica incessantemente e non lo fa che per il suo bene. Lo chiamo “ distinto”, perché‚ è quello che l’anima distingue meglio tra tutto ciò che avviene in lei. Trovarvi Dio è l’oggetto della fede; aderire a lui e sottomettersi a lui ne costituisce l’esercizio.
LO STATO DI PURA FEDE
Lo stato di pura fede è un misto di fede, di speranza e di carità in un solo atto che unisce il cuore a Dio e alla sua azione . Queste tre virtù riunite non sono che una sola virtù, non sono che un solo atto, una sola elevazione del cuore a Dio e un semplice abbandono alla sua azione. Ora come esprimere questa mescolanza divina, questa essenza spirituale? Come trovarle un nome che renda bene la sua natura e la sua idea, e che faccia capire l’unità della sua trinità? Queste tre virtù non sono che una sola fruizione e godimento di Dio e della sua volontà. Si vede quest’ oggetto adorabile, lo si ama e si spera da lui ogni cosa; questo può chiamarsi un puro amore, una pura speranza, una pura fede e a quest’unità mistica è rimasto il nome di pura fede, benché‚ sotto questo nome si debba intendere la trinità delle virtù teologali. Non vi è niente di più certo di questo stato per quel che riguarda Dio, niente di più disinteressato per quel che riguarda il cuore. Per ciò che riguarda l’unione di Dio e del cuore, essa ha dalla parte di Dio la certezza della fede, e dalla parte del cuore la certezza intessuta di timore e di speranza. O unità desiderabile di queste tre eccellenti virtù! Credete, dunque, anime sante, sperate, amate, ma mediante il semplice tocco che lo Spirito divino, di cui Dio vi fa dono, produce nel vostro cuore; è questa l’unzione di quel Nome di Dio che lo Spirito diffonde nell’intimo del cuore. Ecco la parola e la rivelazione mistica, il pegno della predestinazione e di tutte le sue felici conseguenze: Quam bonus Israel Deus bis qui recto sunt corde. Questo tocco divino nelle anime infiammate si chiama amore puro a causa del torrente di desiderio che trabocca su tutte le facoltà in una pienezza di fiducia e di luce. Ma nelle anime inebriate di assenzio questo tocco si chiama fede pura, Perché‚ l’oscurità, le ombre della notte sono totalmente pure. Il puro amore vede, sente e crede; la pura fede crede senza vedere né‚ sentire: ecco da dove viene la differenza che si nota tra l’uno e l’altra. Essa non si basa che su apparenze che tuttavia non sono le stesse, Perché, nella realtà, come lo stato di pura fede non manca d’amore, così lo stato di puro amore non manca né di fede, né‚ di abbandono. Ma questi termini vi si adattano a causa di quel che domina maggiormente in ciascuno di questi stati. Il differente rapporto di queste virtù sotto tale tocco produce la varietà di tutti gli stati soprannaturali, e poiché‚ Dio li può mescolare con una varietà infinita, non vi sono anime che non ricevano questo prezioso tocco con qualche carattere particolare. Ma che importa? E’ sempre fede, speranza e carità. L’ abbandono è un mezzo generale per ricevere le virtù secondo le diverse caratteristiche di questi tocchi. Le anime non possono aspirare tutte alla stessa misura e allo stesso stato sotto i divini impulsi, ma tutte possono unirsi a Dio, tutte abbandonarsi alla sua azione, tutte essere spose piene di abbandono, tutte ricevere il tocco dello stato che è loro proprio; tutte, infine, trovare il regno di Dio e aver l’arte alla sua grandezza e all’eccellenza dei suoi benefici. E un impero in cui ogni anima può aspirare a una corona d’amore o a una corona di fede; è sempre una corona, è sempre il regno di Dio. C’è questa differenza, è vero, che le une sono nelle tenebre, le altre nella luce. Ma che importa? Ancora una volta, purché‚ si sia uniti a Dio e ,alla sua azione. E forse il nome dello stato che si cerca? E la sua distinzione e la sua eccellenza? Niente affatto, è Dio stesso e la sua azione; il modo dev’ essere indifferente all’anima. Predichiamo, dunque, non più lo stato di pura fede o di puro amore, di croci o di dolcezze a tutte le anime; questo non può esser dato a tutte contemporaneamente e nello stesso modo. Ma annunciamo a tutti i cuori semplici e che temono Dio l’abbandono all’azione divina in generale e facciamo capire a tutte che esse riceveranno con questi mezzi lo stato singolare che quest’ azione ha scelto e ha destinato per loro da tutta l’eternità. Non rattristiamo, non respingiamo, non allontaniamo nessuno dai gradi più elevati della perfezione. Gesù chiama ad essa tutti, poiché‚ esige da tutti che siano soggetti alla volontà del Padre suo e che vengano a formare il suo Corpo mistico, le cui membra non possono chiamarlo con verità loro capo se non in quanto la loro volontà si trova perfettamente d’accordo con la sua. Ripetiamo incessantemente a tutte le anime che l’invito di questo dolce e amabile Salvatore non esige da esse alcunché di difficile, né di straordinario.
Quello che egli domanda non è la loro iniziativa; egli non dèsidera altro che la loro buona volontà sia unita a lui per condurle, dirigerle e favorirle in proporzione a questa unione. Sì, anime care , Dio non domanda che il vostro cuore; se cercate questo tesoro, questo regno in cui Dio solo regna, lo troverete. Se il vostro cuore è totalmente votato a Dio, da quel momento è questo tesoro, questo regno stesso che desiderate e cercate. Dal momento che si vuole Dio e la sua volontà, è di Dio e della sua volontà che si gode e questo godimento risponde al desiderio che ne abbiamo. Amare Dio è desiderare sinceramente di amarlo. Perché‚ si ama, si vuole essere strumento della sua azione, affinché‚ il suo amore si eserciti in noi e per mezzo di noi. L ‘azione divina corrisponde non all’abilità dell’anima semplice e santa, ma alla sua volontà. Corrisponde alla purezza dell’intenzione e non alle misure che si prendono, ai progetti che si fanno, al metodo che si escogita, né ai mezzi che si scelgono. L’ anima può ingannarsi in tutto questo e non è raro che ciò le avvenga. Ma la sua rettitudine e la sua buona intenzione non l’ingannano mai. purché‚ Dio veda questa buona disposizione ecco che perdona tutto il resto, e considera fatto quello che essa farebbe infallibilmente se una lungimiranza sicura assecondasse la sua buona volontà. La buona volontà non ha dunque niente da temere; se cade, non può cadere che sotto questa mano onnipotente che la guida e la sostiene in tutti i suoi smarrimenti. E questa che l’avvicina alla mèta quando se ne allontana; che la rimette sulla giusta via, quando ne esce; che, infine, trova sempre una soluzione alle deviazioni in cui la fanno cadere lo sforzo e l’iniziativa delle facoltà cieche che la mettono fuori strada, facendole sentire come deve disprezzarle per non contare che su di essa e abbandonarsi totalmente alla sua guida infallibile. Gli errori in cui cadono queste anime buone si concludono sempre nell’ abbandono e un cuore buono non può mai trovarsi privo di risorse, Perché‚ è parola di Dio che “ tutto coopera al suo bene ” . E’ dunque l’abbandono che io predico, anima cara, e non uno stato particolare. Io amo tutti gli stati in cui la grazia mette le anime e, senza amarne uno a preferenza dell’altro, insegno a tutte un mezzo generale per arrivare a quello che Dio assegna a ciascuna di esse. Non chiedo a tutte se non la volontà di abbandonarsi interamente alla sua guida; egli le farà arrivare infallibilmente a quel che vi è di più eccellente per esse. E la fede che predico loro: abbandono, confidenza e fede. Che vogliano essere i soggetti, gli strumenti dell’azione divina, e credere che a ogni momento e in ogni cosa quest’azione si applica contemporaneamente a tutto, a seconda che trova in esse più o meno buona volontà. Ecco la fede che io predico: non è uno stato particolare di pura fede o di puro amore, ma uno stato generale attraverso il quale ogni categoria di anime può accedere a quelle caratteristiche che costituiscono la diversità dell’impronta divina che la grazia produce in loro . Ho parlato alle anime afflitte, parlo qui a ogni tipo di anime. E il vero istinto del mio cuore quello di essere di tutti, parlare a tutti, annunciare a tutti il segreto evangelico e farmi tutto a tutti . In questa felice disposizione sento un dovere che adempio senza fatica: piangere con quelli che piangono, rallegrarmi con quelli che sono nella gioia , parlare con gli ignoranti la loro lingua e usare coi sapienti i termini più dotti e più elevati. Voglio mostrare che tutti possono aspirare, non alle stesse cose sublimi, ma allo stesso amore, allo stesso abbandono, allo stesso Dio, alla stessa sua opera e, con questo, tutti indistintamente a una eminente santità. Quelli che vengono chiamati favori straordinari e privilegiati [non sono chiamati così] se non Perché‚ ci sono poche ,anime abbastanza fedeli per rendersi degne di riceverli. E quanto si vedrà chiaramente nel giorno del giudizio. E si vedrà che non fu affatto una restrizione di Dio il rifiutarle, ma che fu per loro propria colpa se le anime sono state private di tante divine larghezze. Che abbondanza di beni avrebbe fatto piovere nel loro seno la sottomissione totale di una buona volontà sempre costante! Accade per l’azione divina come per Gesù: quelli che non avevano né fiducia in lui, né rispetto per lui, non ricevevano i favori che egli offriva a tutti; costoro non avevano che da prendersela con le loro cattive disposizioni. Non tutti, è vero, possono aspirare alle stesse esperienze sublimi, agli stessi doni e agli stessi gradi di virtù; ma se tutti, fedeli alla grazia, vi corrispondessero ognuno secondo la propria misura, tutti sarebbero nell’esultanza, Perché‚ arriverebbero a quel livello di eccellenza e di favore che soddisferebbe pienamente i loro desideri. Sarebbero contenti secondo la natura e secondo la grazia, Perché‚ natura e grazia si confondono negli aneliti che il desiderio di questo prezioso bene fa uscire dal profondo del cuore. Se non si riceve la disposizione propria di un particolare stato, si riceverà la disposizione propria di un altro. La pura fede ha i suoi, gli altri stati hanno i loro che li caratterizzano.
Ogni cosa nella natura ha ciò che conviene alla sua specie : ogni fiore la sua bellezza, ogni animale il suo istinto, ogni creatura la sua perfezione. Così nei diversi stati della grazia: ognuno ha il suo dono specifico, e c’è la ricompensa per ognuno di coloro la cui buona volontà si adatta allo stato in cui la Provvidenza li ha posti. Un’anima cade sotto l’azione divina dal momento che nel suo cuore nasce la buona volontà e quest’ azione esercita una maggiore o minore influenza su di essa a seconda che è più o meno abbandonata. L’ arte di abbandonarsi non è che l’ arte di amare; l’ amore ottiene tutto, non gli si rifiuta niente. Come potrebbe venire respinto? L’ amore non può domandare che quello che vuole l’amore. Può l’amore non volere ciò che vuole? L’azione divina non guarda che la buona volontà; non è la capacità delle altre facoltà che l’attira, né la loro incapacità che l’allontana. Trova un cuore buono, puro, retto, semplice, sottomesso, filiale e rispettoso? E tutto quel che le occorre. Si impadronisce di questo cuore, prende possesso di tutte le sue facoltà e alla fine tutto risulta così ben concertato per il bene dell’anima che essa trova in ogni cosa motivo di santificazione. Se dovesse entrare nell’anima ciò che può generare la morte, ecco che il contravveleno della buona volontà viene ad arrestarne gli effetti. Anche se dovesse arrivare fino all’orlo del precipizio, l’azione divina l’allontanerebbe; o, se ve la lasciasse, la tratterrebbe dalla caduta. Se vi cadesse, la tirerebbe fuori. Dopo tutto, le colpe di queste anime non sono che colpe di fragilità e assai poco avvertite. L’amore riesce a volgere ogni cosa a loro vantaggio. Con suggestioni segrete fa capire loro quello che devono dire o fare a seconda delle circostanze: Intellectus bonus omnibus jacientibus eum . E’ l’intelligenza divina con le sue illuminazioni che le accompagna in tutti i loro atti e le trattiene dall’incedere pericoloso a cui può condurle la loro semplicità. Se muovessero qualche passo capace di indurle in situazioni alquanto rischiose, la Provvidenza prepara loro felici incontri che servono a ricomporre le cose. Si ha un bel progettare contro di loro intrighi a non finire: la Provvidenza ne rompe tutti i nodi, ne confonde gli autori e spande su costoro uno spirito di vertigine che li fa cadere nelle loro stesse insidie. Sotto la sua guida, le anime che si voleva cogliere di sorpresa fanno, inconsciamente, delle cose in apparenza inutili ma che servono a liberarle da tutti i fastidi in cui la loro rettitudine e la malizia dei loro nemici sembrava dovessero gettarle. Oh, le sottili astuzie di questa buona volontà! Quanta prudenza nella sua semplicità, quanta saggezza nella sua innocenza e sincerità, quale misterioso segreto nella sua rettitudine! Guardate il giovane Tobi , non è che un fanciullo, ma Raffaele è al suo fianco; con una tale guida egli cammina con sicurezza, niente lo spaventa, niente gli manca. Gli animali che incontra gli forniscono viveri e medicine; e il pesce che si slancia per divorarlo diventa suo nutrimento. Non si occupa che delle nozze e del banchetto Perché, nell’ordine della Provvidenza, è quello il suo impegno presente . Non che non abbia altri affari, ma essi sono abbandonati a quella intelligenza incaricata di assisterlo. E vengono sbrigati così bene che a lui non sarebbe mai riuscito altrettanto, e si risolvono in ogni sorta di benedizione e prosperità. Tuttavia la madre piange ed è nella più viva amarezza mentre il padre è pieno di fede; il figlio poi diviene motivo di gioia e di consolazione per tutta la sua famiglia . Che gli altri, o Signore , ti domandino ogni sorta di doni, moltiplichino le loro parole e le loro preghiere; quanto a me, mio Dio, non ti chiedo che un solo dono e non ho che questa preghiera da farti: “ Dammi un cuore puro! ”. O cuore puro, come sei fortunato! E attraverso la tua semplicità che tu vedi Dio, attraverso la vivezza della tua fede. Lo vedi in ogni cosa e a ogni momento, operante dentro e fuori di te; sei in ogni cosa suo suddito e suo strumento, egli ti guida in tutto e ti conduce ovunque; e tu non te ne preoccupi, ma lui pensa a ogni cosa per te. A lui basta che tu desideri quel che accade e deve accadere per suo ordine; egli conosce la tua disposizione. In preda allo stupore, tu cerchi di distinguere in te questo desiderio, ma non lo scorgi. Oh, quanto a lui, lo vede bene! Ma quanto è grande la tua ingenuità! Ignori che Cos’è un cuore ben disposto? Non è altro che un cuore in cui si trova Dio: vedendo in esso tutte le sue stesse inclinazioni, egli sa che questo cuore sara sempre soggetto ai suoi ordini. Sa, al tempo stesso, che tu non conosci quello che ti conviene, perciò si incarica lui di dartelo. Poco gli importa di contrariarti: tu vai a levante, lui ti conduce a ponente; stai per urtare gravemente in uno scoglio, egli volta il timone e ti conduce in porto. Senza conoscere né carta, né rotta, né vento, né marea, tutti i tuoi viaggi sono felici. Se i pirati ti insidiano la rotta, un colpo di vento inaspettato ti mette immediatamente fuori della loro portata. O buona volontà! O cuore puro! Gesù ha saputo metterti nel giusto posto quando ti ha situato tra le evangeliche beatitudini .
Quale felicità più grande che possedere Dio, mentre egli ci possiede a sua volta! Stato delizioso e pieno di fascino: si dorme placidamente sul seno della Provvidenza, ci si rallegra con le delizie della divina Sapienza , senza preoccuparsi del successo della propria corsa, che non subisce alcuna interruzione e prosegue sempre, attraverso gli scogli e i pirati e le continue tempeste, nel modo più felice! O cuore puro, o buona volontà, tu sei l’unico fondamento di tutti gli stati spirituali. E a te che sono dati ed è per mezzo tuo che recano profitto i doni della pura fede, della speranza, della pura confidenza e del puro amore. Sul tuo tronco sono innestati i fiori del deserto, voglio dire le grazie preziose che si vedono sbocciare quasi unicamente nelle anime perfettamente distaccate in cui Dio, come in un soggiorno disabitato, pone la propria dimora escludendo ogni altra presenza. Tu sei quella sorgente feconda da cui partono tutti i ruscelli che vengono a irrorare sia l’aiuola dello Sposo che il giardino della sposa. Oh, come puoi ben dire a tutte le anime: guardatemi bene, sono io che genero il bell’amore, quell’amore che sceglie sempre quanto c’è di meglio per stabilirvisi; io faccio nascere quel [timore] dolce ed efficace che produce l’orrore del male e lo fa evitare senza turbamento; io faccio sbocciare le rette conoscenze che rivelano le grandezze di Dio e il valore della virtù che l’onora; è da me, infine, che si elevano gli ardenti desideri, animati da una speranza santa che fa praticare costantemente il bene nell’attesa di quel possesso divino il cui godimento dovrà costituire un giorno, come già adesso ma in modo più delizioso, l’eredità delle anime fedeli . Tu puoi invitarle tutte a venire attorno a te per arricchirsi dei tuoi inesauribili tesori. E da te che hanno origine tutti gli stati e tutte le vie spirituali, e in te offrono [ciò che hanno] di bello, di attraente, di seducente; tutto traggono dal tuo tesoro. Questi frutti meravigliosi di grazia e ogni genere di virtù, che si vedono prorompere da ogni parte e di cui ci si nutre, non sono che prodotti dei tuqi rami da cui si colgono come in un giardino di delizie. E sulla tua terra che scorrono il latte e il miele ; le tue mammelle stillano il latte, sul tuo petto riposa il sacchetto della mirra e dalle tue dita scorre con abbondanza e in tutta la sua fragranza l’aroma che attende solo una leggera pressione per essere estratto. Andiamo, dunque, anime care, corriamo, voliamo da questa madre d’amore che ci chiama. Che cosa aspettiamo? Muoviamoci subito, andiamo a perderci in Dio, nel suo stesso cuore, per inebriarci di questa buona volontà. Poniamo nel cuore la chiave dei tesori celesti, prendiamo poi la nostra strada verso il cielo senza timore di trovarla chiusa; questa chiave aprirà tutte le porte. Non c’è luogo segreto in cui non potremo penetrare; niente sarà chiuso per noi, né il giardino, né la cella del vino, né la vigna, se vorremo respirare l’aria dei campi non dipenderà che da noi andarvi di buon mattino . Infine andremo e torneremo, entreremo e usciremo a nostro piacimento muniti della chiave di Davide , la chiave della scienza , la chiave dell’ abisso in cui sono racchiusi i, tesori profondi e inesauribili della Sapienza divina . E con questa chiave divina che si aprono le porte della morte mistica e delle sue sacre tenebre; per mezzo di, essa si discende negli inferi e nella fossa dei leoni . E essa che sospinge le anime pure nelle oscure prigioni per trarle fuori sane e salve; essa le introduce in quel felice soggiorno in cui l’intelligenza e la luce hanno posto la loro dimora, là dove lo Sposo prende il suo riposo pomeridiano , dove si impara ben presto, non appena lo si scorge, come si può ottenere un bacio della sua bocca . Là si salgono con fiducia i gradini del talamo nuziale per imparare i segreti dell ‘ amore . O divini segreti che è bene tener nascosti e che nessuna bocca mortale potrebbe mai esprimere ! Amiamo, dunque, anime care. Tutti i beni, per arricchirci, non attendono che l’amore. Esso produce la santità e tutto quello che l’accompagna. La santità è nella sua destra; la tiene nella sua sinistra per farla scorrere con abbondanza in tutti i cuori aperti alle sue divine effusioni. O divino germe dell’eternità, non è possibile tessere a sufficienza le tue lodi! Ma Perché‚ parlare tanto di te? Val meglio possederti nel silenzio, che lodarti con deboli parole. Che dico? Bisogna lodarti, ma solo Perché‚ si è posseduti da te; Perché, dal momento che tu possiedi un cuore, leggere, scrivere, parlare, agire o fare ogni altra azione, è per lui la stessa cosa. Non si brama più niente, non si evita niente; o solitari, o apostoli, o sani, o malati, o semplici, o eloquenti, si è solo più come tu detti al cuore. E il cuore, tua eco fedele, lo ripete alle altre facoltà. In questo composto materiale e spirituale, che tu vuoi considerare come tuo regno, è il cuore che regna sovrano sotto i tuoi auspici; poiché‚ esso non ha altri impulsi che quelli che gli ispiri tu, ogni cosa gli piace nel modo che tu gliela presenti. Quelle che la natura o il demonio vorrebbero sostituirgli non fanno che disgustarlo e causargli orrore, e se permetti che talvolta si lasci sorprendere, è solo per renderlo più saggio e più umile.
CONTINUAZIONE DELL ‘ ARGOMENTO DELLO STATO DI PURA FEDE O DELL’ABBANDONO ALL ‘ AZIONE DIVINA
Ma procediamo oltre nella conoscenza dell’azione divina . Quel che essa toglie alla buona volontà secondo l’apparenza, glielo dà per così dire in incognito. Non le lascia mancare nulla. E come se qualcuno venisse in soccorso a un amico con degli interventi lasciando capire che ne è lui l’autore; ma poi, nell’interesse di questo stesso amico, al fine di non tenerlo troppo in soggezione, continuasse ad assisterlo sempre senza farsi tuttavia conoscere. L’ amico, che non sospetterebbe questo inganno e questo mistero d’amore, potrebbe sentirsi anche offeso. Allora quante riflessioni, quanti ragionamenti sulla condotta del suo benefattore! Ma il mistero dovrà prima o poi svelarsi: Dio conosce i sentimenti che sorgerebbero improvvisi nella sua anima: gioia, commozione, riconoscenza, amore, confusione, ammirazione! Non proverà forse più zelo e ardore per il suo amico? E questa prova non avrà rafforzato il suo attaccamento per lui rendendolo per il futuro più agguerrito contro simili sorprese? L’applicazione è facile: con Dio, quanto più sembra di perdere, più si guadagna; più egli sottrae nell’ordine naturale, più dà di soprannaturale. Lo si amava prima per i suoi doni; quando questi non si scorgono più, si arriva finalmente ad amarlo per se stesso. E con l’apparente sottrazione dei suoi doni che egli prepara a questo gran dono più prezioso e più esteso di tutti i precedenti perché li racchiude tutti. Le anime che si sono una volta assoggettate totalmente alla sua azione devono dunque interpretare sempre favorevolmente sia la perdita di qualche eccellente direttore, sia la diffidenza generale che sentissero verso alcuni che si propongono più di quanto sarebbe il caso. In verità questo genere di guide, che corrono da se stesse dietro alle anime, meritano piuttosto che si diffidi di loro. Quelli che sono veramente animati dallo spirito di Dio in genere non mostrano tanta premura e presunzione; si offrono assai meno essi stessi di quanto non siano chiamati, anzi procedono sempre con una certa diffidenza. Ma per tornare a queste anime , si può dire che il loro cuore è l’interprete dell’ordine di Dio; bisogna scrutare quel che dice il cuore, che è l’interprete della volontà di Dio secondo le circostanze. Perché‚ l’intervento divino dissimulato gli rivela i suoi disegni non mediante idee, ma come attraverso l’istinto. Esso glieli manifesta o attraverso circostanze, facendola agire quasi alla ventura, o per necessità, non permettendole di prendere altre decisioni che quella che si presenta, o con la possibile applicazione dei mezzi necessari, come per esempio quando bisogna dire o fare certe cose dietro il primo impulso, o in un trasporto soprannaturale o straordinario; oppure, infine, mediante l’applicazione attiva di un istinto di inclinazione o di repulsione, per cui, a seconda di quel che si sente, ci si avvicina o ci si allontana dagli oggetti. Se ci si ferma alle apparenze, c’è senza dubbio una grande mancanza di virtù nell’abbandonarsi così all’incerto; se si giudica secondo le regole ordinarie, non vi è niente di regolato, di uniforme e di programmato nella loro condotta. Tuttavia la verità è che si è ottenuto il massimo della virtù quando si è arrivati a questo, e ordinariamente ci si arriva solo dopo essersi esercitati a lungo. La virtù, a questa condizione, è una virtù assolutamente pura, è la perfezione stessa. E’ come se un musicista unisse a un lungo esercizio una perfetta conoscenza della musica; sarebbe così padrone della sua arte che, senza più pensarci, tutto quello che facesse nell’ ambito della sua arte raggiungerebbe la perfezione. E chi esaminasse in seguito le sue composizioni vi troverebbe una corrispondenza perfetta con quel che prescrivono le regole, tanto da ammettere che egli non avrebbe potuto raggiungere una tale perfezione se, libero dalle regole che imprigionano il genio quando sono osservate troppo scrupolosamente, non avesse agito senza alcuna costrizione; solo così le sue improvvisazioni, come altrettanti capolavori, fanno l’ammirazione dei conoscitori. Così l’anima che si è esercitata lungamente nella scienza e nella pratica della perfezione, sotto rinflusso del ragionamento e dei metodi ai quali ricorreva per assecondare la grazia, si forma insensibilmente un’abitudine per cui diviene come una sua seconda natura l’agire in pieno accordo con la fede e la ragione. Le sembra allora di non poter agire meglio se non rispondendo a quanto si presenta all’improvviso, senza quella serie di riflessioni di cui aveva bisogno un tempo. Deve solo più agire come a caso, non potendo fare altro che abbandonarsi all’ispirazione della grazia, che non può indurre fuori strada. Quello che l’ anima opera in questo stato di semplicità non presenta niente che non sia meraviglioso per gli occhi illuminati e gli spiriti intelligenti.
Pur senza regole, nulla potrebbe essere meglio regolato; senza metodo, niente di meglio programmato; senza riflessione, niente di più approfondito; senza accortezza, niente di meglio disposto; senza sforzi, niente di più efficace; senza previdenza, niente che si adatti meglio agli avvenimenti che sopraggiungono. Nondimeno l’ anima si trova come perduta in questo stato, senza avere più appoggio o suggerimento, né quello delle riflessioni che dirigevano e guidavano le sue operazioni, ne quello della grazia che non si fa più sentire. Ma in questa perdita l’ anima ritrova ogni cosa, Perché‚ questa stessa grazia, la quale per così dire si è sostituita a lei stessa e al suo spirito, le restituisce il centuplo di quanto le ha tolto attraverso la purezza degli impulsi segreti. Indubbiamente per l’anima è un’esperienza dolorosa dover perdere così di vista la volontà divina che si ritira dai suoi occhi e si pone, per dir così, dietro di lei e la sospinge davanti a sè essendo divenuta non più il suo oggetto, ma il suo principio. Si sa per esperienza che niente abbraccia i desideri della divina volontà come questa perdita che il cuore subisce. Quali gemiti profondi! Non le è restata nessuna consolazione sensibile. Quale segreto d’amore, rapire Dio a un cuore che non brama che Dio. E un sublime segreto, Perché‚ attraverso questa via e solo per essa la pura fede e la pura speranza si stabiliscono in un’anima. Si crede allora quello che non si vede, e si attende quello che non si possiede sensibilmente. Oh, quale perfezione produce questo effetto segreto di un’operazione di cui si è oggetto e strumento contrariamente a ogni apparenza, a tal punto tutto quello che si fa sembra frutto di puro caso e di naturali inclinazioni! Tutto produce l’umiltà dell’anima; anche se parlasse dietro ispirazione, si pensa che parli solo secondo la natura. Non si scorge mai da quale spirito si è mossi; anche l’impulso più divino suscita perplessità, e tutto quanto si fa o si sente lo si disprezza come se fosse frutto di difetto e di imperfezione. Si apprezzano molto gli altri e ci si considera immensamente inferiori ad essi e quanto si ammira nei loro comportamenti serve solo a riempire di confusione. Si diffida delle proprie ispirazioni e non si dà credito a nessuno dei propri pensieri, anzi si ha un esagerato timore proprio verso quelli che si credono più veri. Sembra che l’azione divina voglia tenere l’anima lontana da ogni illusione di virtù e immergerla in una profonda umiltà; ma questa umiltà non appare come virtù all’anima: a suo parere, è pura giustizia. Quel che stupisce, però, è che l’anima, a coloro da cui Dio la separa interiormente, sembra avere sentimenti del tutto opposti e così sembra anche a lei. Si giunge a notare in lei solo apparenza di ostinazione, di disobbedienza, di agitazione, di disprezzo, di indignazione senza rimedio. E più l’anima vuoI riformare i suoi disordini, più essi crescono, Perché‚ sono soltanto gli interventi della grazia che la salvano dagli scogli contro cui farebbe naufragio, ed è l’amore che parla al suo cuore ad allontanarla dà essi, nonostante tutte le predisposizioni del suo spirito il quale sulla base di certe considerazioni si crede obbligato ad appressarsene . Questo è il modo di procedere da parte dell’ azione divina: santificare realmente l’anima ma sotto apparenze tali che non c’è niente che non la umili; questo è veramente ammirabile e divino, ed è una santità assolutamente straordinaria che non può che accrescere l’umiltà. Questi sono favori, dolcezze, doni di grazia molto sicuri; così i frutti della pura fede non si corrompono, visto che la scorza è tanto arida e tanto dura .
Vivi, dunque, piccola radice del mio cuore, nell’oscurità e nel nascondimento di Dio ; produci all’esterno, per sua virtù segreta, rami, foglie, fiori, frutti che tu non puoi vedere e di cui gli altri saranno nutriti e rallegrati. Da’ a tutte le anime che vengono a riposare sotto la tua ombra e a cercare ristoro, frutti secondo il loro gusto, senza tener conto del tuo. Che tutti gli innesti che la grazia [farà] su di te ricevano un sigillo indeterminato che non si specifica che attraverso la configurazione di questi stessi innesti. Divieni tutta in tutti e non esser da parte tua che abbandono e indifferenza. Resta, piccolo insetto , nella stretta e oscura prigione del tuo misero bozzolo, fino a che il calore della grazia non ti formi e ti faccia sbocciare; mangia poi tutte le foglie che essa ti presenta, e non volgerti a guardare, in quest’attività di abbandono, la quiete che hai perduta. Arrèstati poi, quando la divina natura ti arresta; perdi, a varie riprese di soste e di attività, attraverso metamorfosi incomprensibili, tutte le tue antiche forme, metodi e maniere, per rivestirti, morendo e risuscitando, di quelle che la stessa divina natura ti indicherà. Produci poi la tua seta di nascosto, fa’ quello che non puoi né vedere né sentire. Devi sentire in tutte le tue potenze una segreta agitazione, che tu stessa condannerai, mentre, provando una segreta invidia per i tuoi compagni che sono morti e immobili, ma che non sono giunti alla mèta che tu hai raggiunto, li ammiri ancora, benché‚ li abbia già sorpassati . Ti agiterai, finalmente, nel tuo abbandono, per filare una seta che i prìncipi della Chiesa e della terra e [dame] di ogni genere si glorieranno di portare. Dopo di che, cosa diventerai, piccolo insetto, di dove uscirai? O meraviglia della grazia! In che modo un’ anima assume tante forme! Chi sa dove la grazia la vuoI condurre? Chi potrebbe indovinare quello che la natura fa di un baco da seta se [non] l’avesse visto? Bisogna solo offrirgli in pasto delle foglie, e ciò basta: la natura fa il resto. Così, anime care, voi non potete sapere né da dove venite, né dove andate; da quale idea di Dio la divina sapienza vi tragga e a quale mèta vi conduca. Non vi resta che abbandonarvi passivamente per lasciarvi formare senza riflessione, senza modello, senza esempio, senza metodo, agendo quando è il momento di agire, fermandovi quando è il momento di fermarsi, perdendo quando è il momento di perdere. In tal modo, indifferentemente, agendo e interrompendo per attrattiva e per abbandono, si legge e si lasciano i libri, [si parla] alle persone e si tace, si scrive e ci si arresta senza sapere mai quel che seguirà. E dopo molte trasformazioni, l’anima giunta alla perfezione riceve ali per volare nei cieli, dopo aver lasciato sulla terra un seme fecondo per perpetuare il suo stato nelle anime.
L ‘ORDINE DI DIO E’ L ‘UNICA RAGIONE DELLA NOSTRA SANTITA’
L’ordine di Dio , il beneplacito di Dio, la volontà di Dio, l’azione di Dio, la grazia: è tutto un’unica cosa. Il fine dell’intervento divino, in questa vita, è la perfezione; e questo fine si produce nelle nostre anime, vi cresce, matura e si perfeziona a loro insaputa e in segreto. La teologia è piena di concetti e di espressioni che spiegano le meraviglie di questa realtà, in tutta la sua estensione, all’intemo delle anime. Si può conoscere tutta questa dottrina, parlarne mirabilmente, scrivere, istruire, dirigere le anime, ma se si possiede solo questa speculazione nello spirito nei riguardi delle anime che si lasciano guidare dall’ordine di Dio e dalla sua divina volontà, senza saperne tutta la teoria, senza conoscerne tutte le parti e poterne parlare si è, dico, come un medico malato di fronte a delle persone semplici che godono di perfetta salute. L’ordine di Dio, la sua divina volontà accolta con semplicità da un’anima fedele, opera in essa questo progetto divino senza che essa lo conosca, come una medicina presa con sottomissione opera la salute in un malato che non conosce la medicina e non ha alcun interesse a conoscerla. Così, com’è il fuoco che riscalda e non la scienza e la conoscenza di questo fenomeno e dei suoi effetti, è l’ordine di Dio, è la sua volontà che opera la santità nelle nostre anime e non la curiosa speculazione di questo principio e di questo fine. Quando si ha sete, per dissetarsi bisogna lasciare i libri che spiegano le cose, e bere. La curiosità di sapere non può che accrescere il disagio. Così, quando si è assetati della santità, la curiosità di sapere non fa che allontanarla; bisogna lasciare la speculazione e bere in semplicità tutto ciò che l’ordine di Dio ci presenta da fare e da soffrire. Quel che ci accade a ogni momento per ordine di Dio è quanto di più santo, di più adeguato, di più divino esista per no1. Tutta la nostra scienza consiste nel conoscere quest’ordine del momento presente . Ogni lettura che si facesse fuori dell’ordine di Dio è nociva; la volontà di Dio e il suo ordine sono i princìpi che operano in fondo ai nostri cuori quando leggiamo o facciamo qualsiasi altra cosa, e non le idee, le immaginazioni e le letture che, se prive nei nostri riguardi della virtù vivificante dell’ordine di Dio, non sono che cose morte che svuotano il cuore a causa di quella pienezza che producono nello spirito. Questa divina volontà, penetrando nell’anima di una semplice fanciulla ignorante, attraverso qualche sofferenza o persino qualche azione che abbia una carica di attrattiva in mezzo a tante cose distraenti, opera in fondo al suo cuore l’opera misteriosa dell’essere soprannaturale senza riempire il suo spirito con nessuna idea naturale. Mentre l’uomo superbo che studia i libri spirituali solo per curiosità, e non tiene la volontà di Dio unita alla sua lettura, non riceve nel suo spirito che la lettera morta la quale produce solo aridità. L ‘ordine di Dio e la sua divina volontà sono la vita dell’anima sotto qualunque aspetto l’anima l’applichi a s‚ o la riceva. Qualunque sia il rapporto che questa divina volontà ha con lo spirito, essa nutre l’anima e la fa crescere mediante quello che vi è di più appropriato. E i buoni effetti non sono prodotti né da questa cosa né da quell’altra, ma solo dall’ordine di Dio nel momento presente. Ciò che era un bene nell’istante trascorso; ora non lo è più perché ormai la grazia divina già fluisce sotto altre forme verso il dovere del momento presente; e questo dovere, qualunque apparenza esso abbia, è attualmente quel che vi è di più santificante per l’ anima. Se la divina volontà ci propone il dovere di leggere, la lettura opera in fondo al cuore il fine misterioso; se la divina volontà ci fa interrompere la lettura per un dovere di contemplazione attuale, questo dovere genera in fondo al cuore l’uomo nuovo e la lettura allora sarebbe dannosa e inutile. Se la volontà divina richiama dalla contemplazione attuale verso il ministero delle confessioni, ecc. , fosse anche per un tempo considerevole, il dovere forma Gesù Cristo in fondo al cuore e tutta la dolcezza della contemplazione non servirebbe che a distruggerlo. L’ordine di Dio è la pienezza di tutti i nostri momenti; esso si presenta sotto mille apparenze diverse che, diventando successivamente il nostro dovere presente, formano, fanno crescere e perfezionano in noi l’uomo nuovo fino alla pienezza che la divina Sapienza ha disposto nei nostri riguardi.
Questa misteriosa crescita della presenza di Gesù Cristo nei nostri cuori è il fine prodotto dall’ordine di Dio, è il frutto della sua grazia e della sua volontà divina. Questo frutto, come abbiamo detto, si produce, cresce e si rinvigorisce mediante la successione dei nostri doveri presenti che la stessa volontà di Dio sorregge, di modo che seguendoli si è fedeli nel migliore dei modi a questa santa volontà. Non c’è che da lasciarla fare e abbandonarsi ad essa con una cieca e perfetta fiducia. Essa è infinitamente sapiente, infinitamente potente, infinitamente benefica verso le anime che sperano in lei incessantemente e senza riserva, che non amano e non cercano che lei sola e che credono, con fede e fiducia incrollabili, che ciò che essa concede a ogni momento è la cosa migliore, senza cercare altrove di più o di meno, né sottoporre a esame gli aspetti materiali dell’ordine di Dio, il che sarebbe solo pura ricerca dell’amor proprio. La volontà di Dio è l’essenziale, la realtà e la virtù di tutte le cose; è essa che le armonizza e le rende adatte all’anima; senza di essa tutto è vuoto, niente, menzogna, vanità, lettera , scorza, morte. La volontà di Dio è salvezza, salute, vita del corpo e dell’anima, qualunque esperienza porti all’uno e all’altra [l’oggetto] a cui essa si applica . Lo spirito ne abbia l’idea che vuole, il corpo vi senta quel che può anche se lo spirito non provasse che distrazioni e turbamenti, e il corpo malattia mortale tuttavia questa divina volontà è sempre, nel momento presente, la vita del corpo e dell’anima, Perché‚ sia l’uno che l’altra, in qualunque stato si trovino, sono sempre e soltanto sostenuti da essa. Il pane senza di essa è un veleno, per essa un rimedio salutare; i libri senza di essa non fanno che accecare e l’ostacolo, per mezzo di essa, si fa luce. Essa è il tutto, il buono, il vero in ogni cosa. In tutto si dà come Dio, e Dio è l’essere universale. Non bisogna guardare i rapporti che le cose hanno con lo spirito e col corpo per giudicare della loro virtù; Perché‚ in questo punto tutto è diverso. E la volontà di Dio che dà alle cose, quali che esse siano, l’efficacia per formare Gesù Cristo nell’intimo dei nostri cuori: non bisogna mettere limiti a questa volontà. L’azione divina non vuoI trovare nella creatura nessun ostacolo 6; tutto è per essa indifferentemente valido o inutile. Il tutto è niente senza di essa, [con essa] il niente è tutto. La contemplazione, la meditazione, le preghiere vocali, il silenzio interiore, gli atti delle potenze sensibili – siano essi distinti o impercettibili-, il ritiro o l’azione valgono pure quanto si vuole, ma tra tutto questo la cosa migliore per l’ anima è ciò che Dio vuole al momento presente: e l’anima deve considerare tutte queste cose con perfetta indifferenza, come se non fossero assolutamente niente. Perciò essa, non vedendole che in lui, deve prenderle e lasciarle secondo che a lui piace per non vivere e non nutrirsi e non sperare che in quest’ordine e non nelle cose, che non hanno forza ed efficacia se non per mezzo di lui. Deve dire, a ogni momento e a riguardo di tutto, come san Paolo: “ Signore, che vuoi che io faccia? ” , e non: questo e quello, ma tutto ciò che tu vorrai. Lo spirito ama questo, il corpo quest’altro, ma io, o Signore, non voglio che la tua santa volontà. L’adorazione, l’azione, la preghiera vocale o mentale, attiva o silenziosa, nella fede o nella luce, in distinzione di specie o in grazia generica, tutto, o Signore, non è niente, Perché‚ solo la tua volontà è la realtà e l’unico valore di ogni cosa. Essa soltanto è il centro della mia devozione e non le cose, per quanto sublimi o elevate siano, Perché‚ il fine della grazia è la perfezione del cuore e non quella dello spirito. La presenza di Dio che santifica le nostre anime è quest’abitazione della Santissima Trinità che si realizza nell’intimo dei nostri cuori quando si sottomettono alla divina volontà, Perché‚ è la presenza di Dio che si effettua attraverso l’atto della contemplazione, che opera in noi quesfunione intima come pure le altre cose che sono dell’ordine di Dio. Ha sempre il primo posto tra di esse Perché‚ è il mezzo più eccellente per unirsi a Dio, quando la divina volontà vuole che se ne faccia uso. E’ mediante l’unione alla volontà di Dio che si gode di lui , che lo si possiede, ed è una illusione cercare questo divino godimento con un altro mezzo. La volontà di Dio è il mezzo universale; tale mezzo non ha delle caratteristiche definibili di qualche tipo, ma possiede la virtù di santificare tutti i modi e tutte le esperienze particolari. La divina volontà si unisce alle nostre anime in mille modi diversi e quello che ci assegna è sempre il migliore per noi.
Tutti devono essere stimati e amati, Perché‚ tutti, in forza di ciò che li accompagna, rappresentano l’ordine di Dio il quale si adatta a ogni anima per operare l’unione divina, scegliendo ogni volta la materia [di quest’ordine]. E le anime devono attenersi a questa scelta rinunziando a scegliere esse stesse, preferendo il compimento di questa volontà adorabile [fino al punto di] amarla e stimarla anche in quello che essa indica agli altri. Per esempio, se la disposizione divina prescrive per me preghiere vocali, sentimenti affettivi, luci sui misteri, saprò tuttavia amare e stimare il silenzio e la nudità che la vita della fede opera negli altri; ma, quanto a me, farò buon uso del mio dono presente e mediante esso mi unirò a Dio. Non ridurrò, come i quietisti, tutta la religione alla cessazione di ogni azione [e di atti] distinti, disprezzando ogni altro mezzo, Perché‚ quel che fa la perfezione è l’ordine di Dio, che rende utile per l’anima ogni mezzo al quale la applica. No, io non porrò né confini, né norme, né limiti alla volontà di Dio; ma la riceverò sotto tutte le forme [con le quali] essa vorrà comunicarsi, e stimerò tutte quelle con cui le piacerà offrirsi agli altri. Così a tutte le anime semplici non è offerta che una sola via generale, la quale si differenzia e si particolarizza in ogni modo per fare la varietà della veste mistica. Tutte le anime semplici si approvano e si stimano reciprocamente, e si ripetono l’una all’altra: “Procediamo ognuna per la nostra strada, verso la stessa mèta, unite nello stesso intento e con l’unico mezzo dell’ordine di Dio che è per ciascuna di noi tanto diverso ”. E’ in questa luce che bisogna leggere le vite dei santi e i libri spirituali, per non lasciarsi trarre in inganno e abbandonare la propria via. Per questo è assolutamente necessario non leggere e non aver colloqui spirituali se non per ordine di Dio; e quando la sua volontà ce ne facesse un dovere presente, l’anima nostra, ben lungi dal lasciarsi trarre in inganno, verrà rafforzata nel suo cammino da quelle stesse cose che nella sua lettura differiscono da essa. Ma se l’ ordine di Dio non fa di questa lettura e di questa comunicazione spirituale un dovere presente, se ne uscirà sempre con turbamento, e ci si troverà in una confusione di idee e in un’instabilità continua, Perché‚ senza l’ordine di Dio non si può trovare tranquillità in nessuna cosa. Fino a quando occuperemo gli spazi liberi e le facoltà della nostra anima con [pene e inquietudini] particolari del momento presente? Quando, finalmente, Dio sarà il nostro tutto in tutte le cose? Lasciamo che le singole cose si facciano sentire come sono: noi viviamo al di là di esse, puramente in Dio. Per questo Dio spande tanta distruzione, annientamento, morte, oscurità, confusione, bassezza in tutto quel che accade a certe anime . Non c’è niente in quello che esse soffrono o che fanno che non sia insignificante e spregevole ai loro occhi e a quelli degli altri. Non c’è nulla di appariscente in tutta la loro vita, tutto è comune. All’interno non c’è che turbamento, all’esterno contraddizione e disegni sconvolti; talvolta un corpo malato e soggetto a mille bisogni il quale non sperimenta se non l’opposto di quella povertà e austerità che hanno fatto ammirare i santi. Non mostra grandi elemosine, né pratica uno zelo ardente e incessante, per cui l’anima appare nutrita, quanto ai sensi e allo spirito, di un nutrimento assolutamente disgustoso, Perché‚ niente più le piace, e mentre aspira a tutt’ altra cosa tutte le vie della santità le si presentano sbarrate. Bisogna vivere di questo pane di angoscia, di questo pane di cenere con una continua costrizione interiore ed esteriore; bisogna nutrirsi di un’idea di santità che incessantemente sfugge, in un modo spietato e irrimediabile. La volontà ne è affamata, ma non c’è mezzo per procurarle la sazietà. Perché‚ tutto questo, se non affinché‚ l’anima sia mortificata nelle sue esigenze più spirituali e più intime, e non trovando né gusto né soddisfazione in quel che le accade, metta tutto il suo gusto in Dio che la conduce espressamente per questa via, e vuoI essere lui solo la fonte del suo piacere? Lasciamo dunque la scorza della nostra vita penosa, Perché‚ essa non serve che a umiliarci ai nostri occhi e agli occhi degli altri. O piuttosto nascondiamoci sotto questo guscio e godiamo di Dio che, lui solo racchiude ogni nostro bene. Serviamoci di questa malattia, di questi bisogni, di queste preoccupazioni, delle nostre necessità di nutrimento e di vestito, dell’indigenza, degli insuccessi e del disprezzo degli altri, di questi timori e incertezze, di ogni turbamento per trovare tutto il nostro riposo nel godimento di Dio solo, il quale attraverso le cose si dona a noi interamente come unico nostro bene. Dio vuole stare in noi poveramente, senza quei contorni di santità che rendono le anime degne di ammirazione.
Questo perché‚ egli vuole essere il solo oggetto del nostro cuore e l’unica ragione del nostro godimento; noi infatti siamo così deboli che, se ci apparisse lo splendore dell’austerità, dello zelo, dell’elemosina, della povertà, porremmo in ciò una parte della nostra gioia. Ma se nel nostro cammino non c’è niente che non ci riesca sgradevole, è più facile che Dio divenga la ragione unica della nostra santificazione e il nostro sostegno. Il mondo non potrà che disprezzarci e lasciarci così godere in pace il nostro tesoro. Dio vuoI essere in noi il principio di ogni santità, per questo tutto quello che dipende da noi e dalla nostra fedeltà attiva è molto piccolo e tutto l’opposto, in apparenza, della santità. Non può esserci in noi niente di grande se non per via passiva. Dunque non pensiamoci più! Lasciamo a Dio la cura della nostra santità. Egli ne conosce i mezzi: essi dipendono tutti da un dono e da un’operazione singolare della sua Provvidenza; e intervengono ordinariamente a nostra insaputa e attraverso ciò che noi [temiamo] di più e su cui facciamo meno assegnamento. Camminiamo in pace nei piccoli doveri della nostra fedeltà attiva, senza aspirare ai grandi, Perché‚ Dio non vuoI donarsi attraverso le nostre sollecitudini. Così saremo i santi di Dio, della sua grazia e della sua provvidenza speciale. Egli sa il posto che vuole darci, lasciamolo fare; e senza formarci idee false e vani progetti di santità, contentiamoci di amarlo incessantemente, camminando con semplicità nella via che ci ha tracciato e in cui tutto è così piccolo ai nostri occhi e agli occhi del mondo.
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Fonte www.monasterovirtuale.it
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