La morte prepara la messe per il cielo – Se avessimo gli occhi degli Angeli noi vedremmo il mondo come un campo immenso, seminato per la risurrezione. La morte di Abele aprì il primo solco e da allora la seminagione continuò senza soste in tutti i luoghi.
Quali tesori chiude già in sé questa terra di fatica e di infermità! Quale messe promette per il cielo, appena il Sole di giustizia farà sorgere dalla zolla le spighe della salute, mature per la gloria! Non dobbiamo quindi stupire se la Chiesa benedice e dirige essa stessa la deposizione del prezioso frumento nel solco.
Glorificazione di Santi – La Chiesa però non si contenta di seminare continuamente e qualche volta, impaziente per l’attesa, toglie dalla terra il grano più scelto che vi aveva deposto e con il suo infallibile discernimento, che la preserva da errore, libera dal fango il germe immortale, gli preannunzia le meraviglie dell’avvenire, e raccogliendolo nell’oro e nelle stoffe preziose, portandolo in trionfo, convocando le folle ad onorarlo, dedicando al suo nome nuovi templi, gli decreta l’onore supremo di riposare sugli altari sui quali si offre a Dio il santo Sacrificio.
“Voglia comprenderlo la vostra carità, dice sant’Agostino (Discorso CCCXVIII su santo Stefano, V): noi non alziamo qui un altare a Stefano, ma facciamo delle reliquie di Stefano un altare a Dio. Dio ama questi altari e, se mi chiedete perché, vi dirò che il perché è che la morte dei santi è preziosa davanti a Dio” (Sal 115,15). “Per obbedire a Dio, l’anima invisibile ha lasciato la sua casa visibile, ma Dio custodisce questa casa e trova la sua gloria negli onori che noi rendiamo a questa carne inanimata e da ad essa la potenza di fare miracoli, la riveste della potenza della sua divinità” (Discorso CCLXXV su san Vincenzo, martire, II). Di qui vengono i pellegrinaggi alle tombe dei santi.
“Popolo cristiano, dice san Gregorio di Nissa, chi ti riunisce qui? Un sepolcro non attira nessuno e la vista di quanto contiene desta ripugnanza. Ma ecco che si stima come una benedizione poter avvicinarsi qui; la polvere stessa raccolta ai bordi di questa tomba è oggetto di ricerca, è stimata come un dono di grande valore, perché desiderabile, ma raro è il favore di poter arrivare alle ceneri che contiene; e i privilegiati lo sanno. Questo corpo lo abbracciano, vi accostano le labbra e gli occhi, come se fosse vivo, versando lacrime di devozione e di amore. Quale imperatore fu mai onorato così?” (Su san Teodoro Martire).
“Gli imperatori! riprende san Giovanni Grisostomo; ciò che furono un giorno i portieri dei loro palazzi, oggi lo sono essi stessi per i pescatori: il figlio del grande Costantino credette non poterlo meglio onorare che preparandogli una tomba nel vestibolo del pescatore di Galilea” (Comm. della Seconda ai Cor. Om. XXVI).
E in altro passo, completando la spiegazione dell’ammirabile lettera ai Romani del Dottore delle genti, esclama: “Chi ora mi concederà di prostrarmi sul sepolcro di Paolo, di contemplare la polvere di questo corpo che completava, soffrendo per noi, quello che mancava alle sofferenze del Cristo? (Col 1,24) la polvere di questa bocca che parlava, senza arrossire, davanti ai re e, mostrandoci chi era Paolo, ci rivelava il Signore di Paolo? La polvere di questo cuore, cuore del mondo, più alto dei cieli, più vasto dell’universo, cuore di Cristo non meno che di Paolo, in cui si leggeva scolpito dallo Spirito Santo il libro della grazia? Vorrei vedere la polvere delle mani, che scrissero le epistole; degli occhi che, prima ciechi, ricuperarono la vista per la nostra salvezza; dei piedi che percorsero la terra. Sì, vorrei contemplare la tomba in cui riposano questi strumenti della giustizia, della luce, queste membra di Cristo, questo tempio dello Spirito Santo, questo corpo venerato che, con quello di Pietro, protegge Roma in modo più sicuro che tutti i bastioni” (Omelia XXXII).
Dottrina della Chiesa sulle reliquie – Questi testi e molti altri non impedirono che l’eresia nel secolo XVI, profanando le tombe sante avesse la pretesa di riportarci ai costumi dei nostri padri. Ma, contro questi strani riformatori, il Concilio di Trento esprimeva l’unanime testimonianza della Tradizione nella definizione seguente, nella quale si trovano riassunte le ragioni teologiche del culto reso dalla Chiesa alle reliquie dei Santi:
“I fedeli devono venerare i corpi dei Martiri e degli altri Santi, che vivono con Cristo. Essi furono suoi mèmbri vivi e tempio dello Spirito Santo e risusciteranno per la vita eterna e per la gloria. Dio accorda per mezzo loro molti benefici agli uomini e perciò quelli che dicono che le reliquie dei Santi non meritano di essere venerate e sono inutilmente onorate dai fedeli, che si visitano invano le memorie e i monumenti dei Santi per ottenere il loro aiuto, sono assolutamente meritevoli di condanna e, come già da molto tempo, la Chiesa li ha condannati (Concilio di Nicea II, c. VII), di nuovo li condanna” (Concilio di Trento, Sess. XXV).
Autore: Dom Prosper Guéranger