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Sai chi sono i potenti nemici della preghiera del Rosario? Scoprili e combattiamoli insieme

Non proprio la lunghezza ma il fervore della preghiera: ecco ciò che piace a Dio e ne attira la benevolenza. Una sola Ave Maria detta bene è più meritoria di centocinquanta dette male. Quasi tutti i cattolici recitano il Rosario o una parte o almeno qualche decina di Ave; perché allora sono tanto pochi quelli che si correggono dei loro difetti e avanzano nella virtù, se non perché non recitano queste preghiere come si deve?

Vediamo dunque, in qual modo occorra recitarle per piacere a Dio e farci più santi.

Anzitutto chi recita il Rosario deve essere in grazia di Dio o almeno risoluto ad uscire dallo stato di colpa poiché la teologia insegna che le buone opere e le preghiere fatte in peccato mortale, sono opere morte, non gradite a Dio e senza alcun merito per la vita eterna. Così deve intendersi quel che sta scritto: “La sua lode non s’addice alla bocca del peccatore” (Sir 15,9. 67 Mc 7,6).

La lode e il saluto angelico e la stessa orazione domenicale non possono piacere a Dio quando sono pronunciate da un peccatore impenitente: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”. Le persone che si iscrivono nelle mie confraternite – dice Gesù – e recitano ogni giorno il Rosario intero o una parte senza nessuna contrizione dei propri peccati “mi onorano, sì, con le labbra, ma il loro cuore è molto lontano da me”.

Ho detto “… o almeno risoluto ad uscire dallo stato di colpa”:
I: perché se fosse assolutamente necessario essere in grazia di Dio per fare delle preghiere che Gli siano gradite, ne seguirebbe che quanti sono in peccato mortale non dovrebbero mai pregare, mentre proprio loro hanno più bisogno di pregare che non i giusti. Questo è un errore condannato dalla Chiesa e se ne comprende il motivo: se così fosse non si dovrebbe mai consigliare ad un peccatore di recitare il Rosario poiché gli sarebbe inutile!

II: Se con la volontà di restare in peccato e senza alcuna intenzione di uscirne, ci si iscrivesse in una confraternita della Madonna o si recitasse il Rosario o altra preghiera, saremmo del numero dei falsi devoti di Maria, di quei devoti presuntuosi ed impenitenti, che sotto il manto di Lei, con lo scapolare sul petto o la corona in mano vanno gridando: “Vergine santa, o Vergine buona, io ti saluto, o Maria” e intanto crocifiggono e feriscono crudelmente Gesù con i loro peccati, e precipitano così dalla sede delle più sante confraternite di Maria nelle fiamme dell’inferno.

Consigliamo il Rosario a tutti: ai giusti perché perseverino e crescano in grazia di Dio; ai peccatori perché lascino le vie del peccato. Ma non sia mai che noi esortiamo un peccatore a farsi del manto di protezione di Maria, un manto di dannazione, nascondendo sotto di esso le proprie colpe, e a convertire il Rosario, che è rimedio ad ogni male, in un veleno funesto e mortale. Non c’è peggiore corruzione di quella in cui cade chi prima era eccellente.
Il dotto cardinal Hugues dice: “bisogna essere angeli di purezza per accostarsi alla Vergine santa e rivolgerle il saluto angelico”. La Madonna stessa un giorno fece vedere ad un impudico che recitava quotidianamente il Rosario, bellissimi frutti su un lurido vassoio. Egli ne ebbe ribrezzo e la Vergine gli disse: “Ecco come mi servi; tu mi presenti, sì, delle belle rose ma in un vassoio sporco e contaminato: giudica tu stesso se io lo posso gradire!”.

Per pregare bene non basta esporre le nostre domande con la più bella fra le preghiere quale è il Rosario; occorre anche una grande attenzione perché Dio ascolta la voce del cuore più che la voce orale. Pregare Dio con distrazioni volontarie è una grande irriverenza che rende infruttuosi i nostri Rosari e ci riempie di peccati. Possiamo noi pretendere che Dio ci ascolti se noi stessi non ci ascoltiamo? se mentre preghiamo la Maestà tremenda di Dio, che guarda la terra e la fa trepidare, ci divertiamo volontariamente a rincorrere una farfalla? Ciò significherebbe voler allontanare da noi la benedizione di quel gran Signore e rischiare di riceverne piuttosto le maledizioni che Egli lancia contro chi adempie con negligenza l’opera di Dio: “Maledetto chi compie fiaccamente l’opera del Signore” (Ger 48,10).

Certo, non ti è possibile recitare il Rosario senza qualche distrazione involontaria; anzi è difficile assai dire anche solo un Ave Maria senza che la fantasia, sempre irrequieta, non ti tolga un pizzico della tua attenzione; ma puoi recitarla senza distrazioni volontarie e devi, quindi, prendere ogni precauzione per tenere ferma l’attenzione e diminuire le distrazioni involontarie. A tal fine mettiti alla presenza di Dio: pensa che Dio e la sua santa Madre ti guardano, che l’Angelo custode posto alla tua destra coglie le tue Ave Maria se dette bene, come altrettante rose per farne una corona a Gesù e a Maria; pensa che, invece, alla sinistra il demonio ti gira attorno per divorare le tue Ave Maria e segnarle sul libro della morte se dette senza attenzione, devozione e modestia. Soprattutto, poi, non dimenticare di offrire le varie decine in onore dei misteri e di rappresentarti nella contemplazione Nostro Signore e la sua santa Madre nel mistero che vuoi onorare.

Si legge nella vita del beato Ermanno dei Premostratensi che quando egli recitava il Rosario con devota attenzione, meditandone i misteri, la Madonna gli appariva splendente di luce e di maestosa quanto incantevole bellezza. In seguito la sua devozione s’era intepidita, il Rosario era detto frettolosamente e senza attenzione; allora la Vergine gli si presentò col volto rugoso, triste, corrucciato. Ermanno si meravigliò per tale mutamento, ma la Madre di Dio gli disse: “Mi faccio vedere così come sono attualmente nella tua anima, perché da tempo tu mi tratti da persona vile e spregevole. Dov’è il tempo in cui mi salutavi con rispettoso riguardo nella considerazione dei misteri e delle mie grandezze?”.

Nessuna preghiera è più meritoria per l’anima e più gloriosa per Gesù e Maria quanto il Rosario ben recitato; ma è pure difficile il recitarlo come si deve e costa molta fatica il perseverarvi a causa delle distrazioni particolari che sorgono quasi naturalmente dalla continua ripetizione della medesima preghiera. Quando si recita l’Ufficio della Madonna o i sette Salmi o altre preghiere la varietà dei termini e la diversità delle parole frenano l’immaginazione e ricreano la mente: aiutano, perciò, l’anima a ben recitarle. Ma nel Rosario, composto essenzialmente dalla monotona ripetizione di Pater e Ave Maria e di un metodo sempre uguale, è assai difficile non annoiarsi o addirittura addormentarsi; motivo, questo, che induce nella tentazione di abbandonarlo per scegliere preci più dilettevoli e meno noiose. Occorre, pertanto, per recitare il Rosario con perseveranza, una devozione incomparabilmente più profonda di quella richiesta da qualsiasi altra preghiera, fosse pure il Salterio davidico.



Ad aumentare le difficoltà contribuiscono sia la nostra fantasia tanto volubile da non stare un attimo, quasi, tranquilla, sia la malizia del demonio instancabile nel distrarci e impedirci di pregare. Che cosa non fa il maligno contro di noi vedendoci intenti a recitare il Rosario proprio per sventare le sue insidie? Accresce il nostro naturale languore e la nostra negligenza prima ancora che iniziamo la preghiera; aumenta la nostra noia e le distrazioni, la nostra stanchezza nel corso della preghiera: insomma, ci assale da ogni parte per potere. poi, quando con molti sforzi e distrazioni l’abbiamo recitato, burlarsi di noi e dirci: “Tu non hai detto nulla che valga: il tuo Rosario non ha alcun valore; avresti fatto meglio lavorare, attendere ai tuoi affari; non ti accorgi che perdi il tuo tempo a biascicare tante preghiere vocali senza attenzione, mentre una mezz’ora di meditazione o una buona lettura ti sarebbe di maggior vantaggio? Domani, quando sarai meno assonnato, pregherai con più attenzione: rimanda a domani il resto del tuo Rosario!”.
In tal modo il demonio riesce con le sue astuzie a fartelo spesso tralasciare in tutto o in parte, o almeno a farti differirne la recita.

Non dargli ascolto, caro confratello del Rosario, e non perderti d’animo quand’anche, durante il Rosario, la tua fantasia fosse stata piena di distrazioni e di pensieri stravaganti che tu hai cercato di scacciare come ti era possibile non appena te ne accorgevi; il tuo Rosario è tanto migliore quanto più è meritorio, è tanto più meritorio quanto più è difficile, e tanto più difficile quanto meno naturalmente piacevole all’anima e più disturbato da noiosi moscerini e formiche, che vagando qua e là, tuo malgrado, nell’immaginazione, non lasciano il tempo allo spirito di gustare ciò che dici e di ristorarsi nella pace.

Anche se tu dovessi combattere durante l’intero Rosario contro le distrazioni, combatti pure coraggiosamente con le armi in pugno cioè continua a recitarlo, quantunque senza alcun gusto e consolazione sensibile. Sarà una lotta terribile ma tanto salutare all’anima fedele. Diversamente, se deponi le armi, cioè se tralasci il Rosario, sarai un vinto, e allora il demonio, che ha trionfato sulla tua volontà, ti lascerà in pace ma nel giorno del giudizio non mancherà di rinfacciarti la tua pusillanimità e infedeltà: “Chi è fedele nel poco, è anche fedele nel molto”(Lc 16,10): chi è fedele nel respingere le piccole distrazioni durante una brevissima preghiera, sarà fedele anche nell’allontanare le più grandi. Nulla di più certo: sono parole dello Spirito Santo!
Coraggio, dunque, servi buoni e fedeli serve di Gesù e della sua Santa Madre, che avete preso la decisione di dire ogni giorno il Rosario! Le molte mosche – chiamo così le distrazioni che vi molestano quando pregate – non riescano mai a farvi lasciare vilmente la compagnia di Gesù e di Maria, in cui siete mentre dite il Rosario. Più oltre vi suggerirò alcuni mezzi per diminuire le distrazioni.

Dopo aver invocato lo Spirito Santo, se vuoi recitare bene il Rosario, raccogliti un istante alla presenza di Dio ed offri le varie decine così come ti insegnerò più avanti.
Prima, però, di iniziare la decina fermati qualche attimo, più o meno a seconda del tempo disponibile, a configurare il mistero che stai per considerare e chiedi sempre, per tale mistero e per l’intercessione della Vergine Santa, una delle virtù che più risaltano nel mistero e della quale hai maggior bisogno.
Vigila soprattutto su due difetti, comuni a quasi tutti coloro che recitano il Rosario: il primo è di non formulare nessuna intenzione prima di iniziarlo; se tu Chiedi loro perché lo recitano, non sanno che rispondere. Perciò abbi sempre di mira qualche grazia da chiedere, una virtù da imitare o una colpa da evitare.
Il secondo difetto, ancor più frequente, è di pensare, all’inizio della preghiera, solo a terminarla al più presto. Ciò avviene perché si considera il Rosario come una pratica onerosa che grava enormemente finché non si è recitato, soprattutto se ce ne siamo fatti un obbligo di coscienza o ci è stato imposto come penitenza, nostro malgrado.

Fa pietà vedere come dai più si recita il Rosario. Lo dicono con una precipitazione incredibile, perfino ne mangiano le parole!,.. E dire che non si vorrebbe fare un complimento in modo tanto ridicolo all’ultimo degli uomini! e intanto si pensa che Gesù e Maria ne sono onorati!… Ed allora, perché meravigliarsi se le preghiere più sante della religione cristiana restano quasi senza frutto e se, dopo aver recitato mille o diecimila Rosari non si è più santi di prima?
Frena, ti prego, caro confratello, la tua abituale precipitazione nel dire il Rosario; fai qualche pausa a metà del Pater e dell’Ave e fanne una più breve dopo le parole che qui sotto contrassegno con una crocetta:
Padre nostro che sei nei cieli + sia santificato il tuo nome + venga il tuo regno + sia fatta la tua volontà + come in cielo così in terra +. Dacci oggi + il nostro pane quotidiano + rimetti a noi i nostri debiti + come noi li rimettiamo ai nostri debitori + e non ci indurre in tentazione + ma liberaci dal male. Amen +.
Ave Maria, piena di grazia + il Signore è con te + tu sei benedetta fra tutte le donne + e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù + Santa Maria, Madre di Dio + prega per noi peccatori adesso + e nell’ora della nostra morte. Amen +.
A causa della cattiva abitudine di pregare in fretta, da principio forse proverai difficoltà a seguire queste pause, ma una decina recitata così, con calma, ti sarà più fruttuosa di mille Rosari detti in fretta senza riflessione e senza pause.

[…] Aggiungo che bisogna recitare il Rosario con modestia, cioè, per quanto è possibile, in ginocchio, con le mani giunte e la corona fra le dita. Tuttavia chi fosse malato lo dica stando a letto, chi è in viaggio lo reciti camminando, chi per infermità non può mettersi in ginocchio, lo dica seduto o in piedi. E’ bene recitarlo anche attendendo alle proprie occupazioni quando non sia possibile interromperle perché così esigono gli obblighi del proprio impiego; il lavoro manuale non impedisce la preghiera vocale. E’ vero che l’anima nostra, essendo limitata nell’esercizio delle proprie facoltà, quando è tutta presa dal lavoro manuale è meno attenta alle operazioni dello spirito, qual è per esempio la preghiera; in caso di necessità, tuttavia, questa preghiera ha il suo valore agli occhi della Madonna che ricompensa più la buona volontà che l’azione esteriore.

[…] Fra tanti metodi di recitare il Rosario il più glorioso per Dio, il più salutare per l’anima ed il più temuto dal demonio è quello di salmodiarlo, ossia di recitarlo in pubblico a due cori.
Dio ama le assemblee. In cielo, riuniti insieme, gli angeli e i beati cantano incessantemente le sue lodi; in terra, insieme uniti nelle loro comunità, i giusti pregano notte e giorno in comune. Nostro Signore consigliò espressamente agli Apostoli ed ai discepoli la preghiera comunitaria quando promise che tutte le volte due o tre persone si trovassero riunite nel suo Nome per fare la stessa preghiera Egli sarebbe stato in mezzo a loro. Quale gioia avere Gesù in nostra compagnia! Per conseguirla basta unirsi a recitare il Rosario. Così facevano spesso i cristiani dei primi tempi, nonostante le proibizioni persecutorie degli imperatori: le assemblee preferivano esporsi alla morte piuttosto che rinunciare a trovarsi insieme e a godere della compagnia di Cristo Gesù.

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La preghiera in comune è più salutare per l’anima:
1) perché d’ordinario la mente è più attenta nella preghiera pubblica che in quella privata;
2) perché quando sono in comune le preghiere dei singoli diventano preghiera collettiva dell’intera assemblea, cioè formano tutte insieme una medesima preghiera. Perciò se uno non prega abbastanza bene, un altro della comunità che prega meglio, supplisce alla sua manchevolezza. Il forte sostiene il debole, il fervoroso infiamma il tiepido, il ricco dona al povero, il cattivo rientra fra i buoni. Come si vende una misura di loglio? Basta mescolarlo con quattro o cinque staia di buon grano e tutto è venduto!;
3) chi recita il Rosario da solo ha il merito di un Rosario, ma se lo dice con trenta persone, avrà il merito di trenta rosari. tali sono le leggi della preghiera in comune. Grande vantaggio! e che guadagno!;
4) Urbano VIII, soddisfatto della devozione del Rosario recitato a due cori in molti luoghi di Roma, specialmente nel Convento della Minerva accordò cento giorni di indulgenza ogni volta che si dice il Rosario in coro, toties quoties (Breve Ad perpetuam rei memoriam del 1626);
5) la preghiera pubblica è più efficace di quella individuale per placare la collera di Dio e attirare la sua misericordia; la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, l’ha sempre promossa nei tempi di calamità e di generale disagio. Papa Gregorio XIII in una Bolla dichiara doversi piamente ritenere che le preghiere pubbliche e le processioni dei confratelli del Rosario contribuirono assai ad ottenere da Dio la grande vittoria riportata dai cristiani nel golfo di Lepanto sulla flotta turca, la prima domenica di ottobre 1571.

[…] Infine, il Rosario detto in comune è molto più temibile dal demonio perché con tale mezzo si costituisce un’armata per combatterlo. Talvolta egli trionfa con facilità sulla preghiera del singolo, ma vi riesce assai difficilmente quando la preghiera è fatta con altri. E’ facile spezzare una verga sola, ma se unita a parecchie altre in un fascio, non si rompe più: l’unione fa la forza. I soldati si riuniscono in corpo d’armata per battere il nemico; i malvagi si uniscono spesso per le loro dissolutezze e danze; i demoni stessi si uniscono per rovinarci: e non si riunirebbero i cristiani per godere della presenza di Gesù, per calmare la collera di Dio, per attirare la sua grazia e la misericordia, ed infine, per vincere ed abbattere con più forza i demoni?
Caro confratello del Rosario, sia che tu abiti in città o in campagna, sia vicino alla parrocchia o ad una chiesina, recati là almeno ogni sera e col permesso del rettore della chiesa, in compagnia di quanti vorranno venire, recita il Rosario in comune; se, invece, non hai la comodità di andare in chiesa, fai, altrettanto in casa tua o in quella di altra persona del paese.




Dio, per sua misericordia, ha sempre benedetto questa pratica nei luoghi dove io l’ho stabilita per conservare i frutti della missione da me predicata e per impedire il peccato. In certi borghi e paesi, prima che stabilissi la pratica del Rosario, si vedevano solo balli, immodestie, stravizi, litigi e divisioni; si udivano giuramenti falsi, canzoni immorali e oscenità. Ora vi si odono solo cantici e salmodie spirituali, vi sono persino edificanti gruppi di venti, trenta, cento e più persone che, a un’ora convenuta si incontrano per cantare le lodi al Signore, come fanno i religiosi. In alcune parti si usa recitare il Rosario in comune ogni giorno, in tre distinti momenti della giornata.
Purtroppo, come dappertutto, vi sono i riprovati anche là dove abitate. Siatene certi: anche da voi non mancheranno i perversi che trascureranno di venire al Rosario, che fors’anche ne rideranno e faranno il possibile, con maligne insinuazioni e cattivo esempio, per impedirvi di perseverare nella pia pratica. Ma non cedete; e non meravigliatevi del loro modo di agire: un giorno questi infelici saranno per sempre separati da Dio e esclusi dal paradiso come quaggiù essi si separano dalla compagnia di Gesù e dei suoi fedeli servi e serve.

O anime fedeli, membri del Corpo di Cristo, popolo di Dio, separatevi dai malvagi, sottraetevi da coloro che rischiano di dannarsi a causa della loro empietà, mancanza di devozione e accidia; non perdete tempo a decidervi di recitare il Rosario con fede, con umiltà, fiducia e perseveranza. Chi pensa seriamente al comando di Gesù di pregare sempre, e considera l’esempio ch’Egli stesso ce ne diede e il bisogno estremo che abbiamo della preghiera a motivo delle nostre tenebre, ignoranze e debolezze, a causa dei nostri nemici spirituali, costui, certo, non si accontenterà di recitare il Rosario una volta all’anno, come esige la confraternita del Rosario perpetuo, o una volta alla settimana come prescrive quella del Rosario ordinario, ma lo reciterà ogni giorno, puntualmente, come prescrive la confraternita del Rosario quotidiano, la quale ricorda l’esigenza di provvedere alla propria salvezza.

E’ necessario pregare sempre, senza stancarsi (Lc 18,1): sono parole eterne di Gesù che bisogna credere e mettere in pratica se non si vuol essere dannati. Spiegatele come volete, purché non interpretiate alla moda, con l’intenzione di viverle solo “alla moda”. La vera spiegazione, del resto, è quella data da Nostro Signore stesso con i suoi luminosi esempi: “Vi ho dato l’esempio affinché anche voi facciate come ho fatto io a voi” (Gv 13,15). “Si recò sul monte a pregare e trascorse tutta la notte in orazione” (Lc 6,12). Come se il giorno non gli bastasse, egli impiegava anche la notte a pregare.
Gesù soleva ripetere agli apostoli anche queste altre: “Vegliate e pregate” (Mt 26,41). L’animo è debole, la tentazione è sempre insidiosa e continua; senza la preghiera costante la caduta è inevitabile. Gli apostoli pensarono che l’invito del Salvatore fosse soltanto un consiglio, interpretarono erroneamente la sua parola e caddero nella tentazione e perfino nel peccato, pur essendo della compagnia di Cristo Gesù.

Caro confratello, se tu credi bene vivere secondo l’andazzo dei tempi – “alla moda”, come ho detto poco prima – cioè indulgere di quando in quando a qualche peccato mortale, pronto poi a confessartene quanto prima, oppure evitare solo le colpe più grossolane e scandalose, preoccupato di salvare le apparenze dell’onestà, non è, certo, necessario far tante preghiere o dire tanti Rosari: ti basterebbe una preghierina affrettata al mattino e alla sera, qualche Rosario imposto per penitenza, alcune dozzine di Ave Maria biascicate sbadatamente quando ti prendesse l’estro. Ce n’hai d’avanzo per vivere da cristiano formalista; facendo di meno ti avvieresti al libertinaggio, facendo di più cadresti nella singolarità, nel bigottismo.

Se tu, invece, da vero buon cristiano, sinceramente risoluto a salvare l’anima e a camminare sulle orme dei Santi, vuoi evitare il peccato, rompere ogni laccio del demonio e spegnere il fuoco delle passioni, allora prega, prega sempre come insegnò e ordinò Nostro Signore. Ti occorre, dunque, per lo meno recitare ogni giorno il Rosario o altra preghiera equivalente. Ho detto: “per lo meno”, poiché col Rosario quotidiano otterrai quanto è necessario per tenerti lontano dal peccato mortale, per vincere ogni tentazione in mezzo alle iniquità del mondo che travolgono spesso anche i più forti, in mezzo alle fitte tenebre che possono oscurare anche i più illuminati e in mezzo agli spiriti maligni più che mai sperimentati, i quali, sapendo; d’aver poco tempo per indurre al male, usano ogni astuzia e, purtroppo, ottengono successo. Non ti sembra già una grazia insigne quella che ti offre il Rosario se riesci a sfuggire da tutte le insidie e a salvarti?

Se non vuoi credere a quanto ti dico io, credi almeno alla tua personale esperienza! Io ti domando: quando tu facevi quel poco di preghiera e nel modo che usa il cristiano mediocre, forse che eri capace di evitare certe gravi colpe che allora alla tua tiepidezza parevano leggere? Apri, dunque, gli occhi e se vuoi vivere e morire da santo, senza peccati almeno mortali, prega sempre: recita ogni giorno il Rosario come già facevano i confratelli agli inizi della Confraternita (vedi più sotto la prova di quanto dico). Quando la Madonna lo consegnò a san Domenico, gli ordinò di recitarlo e farlo recitare ogni giorno; perciò il Santo non riceveva nella Confraternita alcuno che non fosse deciso alla recita quotidiana.
Attualmente nella Confraternita del Rosario ordinario si domanda solo la recita settimanale, ma ciò è da attribuire al rallentare del fervore ed al raffreddamento della carità. Non si può pretendere di più da chi prega quasi controvoglia: ma all’inizio non era così (Mi 19,8).

[…] Bisogna recitare il Rosario con fede, ricordando le parole di Gesù: “Tutto quello che domandate, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato” (Mc 11,24). Egli ti dirà: “Va, e sia fatto secondo la tua fede” (Mt 8,13). “ Se qualcuno di voi manca di sapienza la domandi a Dio… La domandi però con fede, senza esitare” (Gc 1,6), recitando il Rosario, e gli sarà concessa.



Occorre, inoltre, pregare con umiltà come il pubblicano. Egli stava genuflesso, a terra e non con un ginocchio levato, non sul banco come fanno più o meno gli orgogliosi. Se ne stava in fondo al tempio, non nel santuario come il fariseo; teneva gli occhi verso terra, non osando neppure guardare verso il cielo; non teneva la testa alta né osservava qua e là come il fariseo. Si batteva il petto, confessandosi peccatore e chiedendo perdono: O Dio, abbi pietà di me peccatore (Mc 18,13); e non come il fariseo che vantava le sue buone opere e disprezzava gli altri.
Guardati, dunque, dall’imitare l’insolente preghiera del fariseo che lo rese ancor più indurito e maledetto; imita invece l’umile contegno del pubblicano che gli ottenne il perdono dei peccati.
Ancora: rifuggi da quanto sa di straordinario e non desiderare né chiedere di avere singolari rivela-zioni o grazie eccezionali che Dio talvolta comunica ad alcuni Santi, fedeli al Rosario; ti basti la fede, ora che il Vangelo e tutte le devozioni sono stabilite a sufficienza.
Nei periodi di aridità, di disgusto o di afflizione interiore non omettere mai una sia pure minima parte del Rosario: daresti prova di orgoglio e di infedeltà. Invece, da bravo campione di Gesù e di Maria, recita il Pater e l’Ave anche se ti senti povero di cuore e di mente, cioè anche se non vedi né gusti nulla di confortevole, sforzandoti di riflettere come puoi sui misteri. Non desiderare il pane quotidiano accompagnato dal dolce o dal confetto come pretende il bambino; ad imitazione più perfetta di Gesù agonizzante, proprio quando avverti le maggiori difficoltà nel recitare il Rosario, prolungane la recita; si dovrà dire di te ciò che è detto di Gesù: “In preda all’agonia, pregava più intensamente” (Lc 22,43).

Da ultimo: prega con ogni fiducia, fondata sulla bontà e la liberalità infinita, di Dio e sulle promesse di Gesù. Dio è, la sorgente di acqua viva che si riversa incessantemente nel cuore di chi prega; Gesù è il depositario della grazia e della verità divina. Ora il desiderio più ardente del Padre nei nostri riguardi è di comunicarci queste acque salutari di grazia e misericordia; ci dice Egli infatti: “Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore, venite all’acqua” (Is 51,1) nella preghiera. E se non lo preghiamo, dolcemente Egli si lamenta di essere lasciato da parte: “Essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva” (Ger 2,13).
Chiedere grazie a Nostro Signore è fargli piacere, più gradito a Lui del piacere che prova la mamma quando il bambino si nutre del suo latte. La preghiera è il canale della grazia di Dio: attingiamola, quindi, da Gesù che ne è il fiduciario. Se a Lui non si ricorre con la preghiera, come è doveroso per tutti i figli di Dio, Egli se ne lamenta amorevolmente: “Finora non avete chiesto nulla: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7). E per ispirarci la massima fiducia nella preghiera si è impegnato Egli stesso assicurandoci che il Padre ci largirà quanto chiederemo nel suo Nome.

Alla fiducia dobbiamo unire la perseveranza: soltanto chi persevera nella domanda riceverà, nella ricerca troverà, nel bussare gli sarà aperto. Non basta pregare per un mese, un anno, dieci o vent’anni per chiedere al Signore una grazia: occorre tenere duro, chiedere sino alla morte – se è il caso – decisi ad ottenere quel che gli si chiede per la propria salvezza o a morire. Sì, anche a morire: questa disposizione d’animo deve anzi accompagnare la nostra perseveranza nella preghiera e la nostra confidenza in Dio, fino a ripetere con Giobbe: “Mi uccida pure, non me ne dolgo” (Gb 13,15), e da lui aspetterò quanto gli domando.

La liberalità dei grandi e dei ricchi del mondo si manifesta nel prevenire con favori le persone bisognose prima ancora che chiedano; Dio, invece, mostra la sua munificenza nel lasciar chiedere e cercare per molto tempo le grazie che vuole concedere; anzi, quanto più la grazia da accordare è preziosa, tanto più a lungo la fa attendere. Il motivo? 1) perché la grazia sia più abbondante; 2) perché chi la riceve ne abbia maggiore stima e 3) perché si badi a non perderla dopo averla ricevuta: non si apprezza molto ciò che si ottiene troppo presto e con facilità.
Caro confratello del Rosario, sii dunque perseverante nel chiedere a Dio col Rosario le grazie spirituali e materiali che ti abbisognano, in particolare la grazia della divina Sapienza che è un tesoro inesauribile (Sap 7,14), e non dubitare: presto o tardi l’otterrai purché non tralasci il Rosario e non ti scoraggi a mezzo cammino: “Lunga è la strada che ti resta ancora da percorrere” (1Re 19,7), molte le avversità da affrontare, le difficoltà da superare, i nemici da vincere prima d’aver accumulato abbastanza tesori per l’eternità; molti i Pater e Ave che ti occorrono per guadagnarti il Paradiso e la bella corona che attende ogni fedele confratello del Rosario.
[…] Per premunirti contro gli attacchi, non dico degli eretici e dei dissoluti, ma dei così detti onesti del mondo e perfino delle persone devote alle quali il Rosario non garba, eccoti alcuni saggi del loro modo di pensare e di parlarne:
– “Che cosa vorrà mai insegnare questo ciarlatano?” (At 17,18).
– “Venite, tendiamo insidie al giusto perché ci è di imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni” (Sap 2,12).
– Che mai va biascicando questo cicalone di corone e di Rosari? che cosa va borbottando di continuo?
– Che fannullone! altro non fa che recitare Rosari… farebbe assai meglio a lavorare invece di perdersi in simili beghinerie!
– Eh sì, basta dire il Rosario e le allodole cadranno belle arrostite dal cielo; il Rosario ci procurerà il pranzo!…
– Dice il Signore: aiutati che io ti aiuterò… perché, allora, impastoiarsi con preghiere?… Una preghiera breve penetra in cielo, un Pater ed un’Ave recitati bene sono più che sufficienti; Dio non ha comandato il Rosario, cosa buona anzi ottima se c’è tempo per recitarlo, ma non è per tale devozione che saremo più sicuri di salvarci. Quanti Santi non l’hanno mai recitato!
– C’è gente che giudica tutto secondo la propria misura; indiscreti che spingono ogni cosa all’esagerazione, scrupolosi che vedono il peccato dove non c’è e dicono che andranno all’inferno quanti non recitano il Rosario.
– Dire il Rosario va bene per le donnette ignoranti che non sanno leggere. Perché dire il Rosario? non è forse meglio l’Ufficio della Madonna o i Sette Salmi? Esiste forse una preghiera più efficace dei Salmi dettati dallo Spirito Santo?
– Tu proponi di dire il Rosario ogni giorno? la tua risoluzione è un fuoco di paglia e non durerà a lungo. Ed allora, non è meglio impegnarsi in meno pratiche ed essere fedeli solo ad alcune?
– Andiamo, amico, credi a me: recita bene la preghiera del mattino e della sera e lavora per il Signore nel corso della giornata; Dio non ti chiede di più. Se tu non dovessi – come devi! – guadagnarti di che vivere, allora potresti anche impegnarti a recitare il Rosario. Recitalo, dunque, la domenica e nei giorni festivi, a tuo agio, ma non nei giorni feriali quando è tempo di lavorare.
– Come? vuoi tenere in mano una corona così lunga, proprio da donnetta? Macché, io ne ho viste di una sola decina che valgono quanto quelle di quindici decine.
– Vuoi portare la corona alla cintura? Ma è una affettazione di santità; mettitela al collo piuttosto, come usano gli spagnoli, memorandi ruminatori di Rosari che incontri con una grande corona in mano, pronti a colpire a tradimento con il pugnale che stringono nell’altra mano. Lascia, lascia da parte queste devozioni esteriori; vera devozione è quella del cuore, ecc.

Persone di talento, grandi dottori ma poveri di spirito ed orgogliosi non ti consiglieranno mai il Rosario; tenteranno piuttosto di convincerti a recitare i Sette Salmi penitenziali o qualche altra preghiera. E così, se un buon confessore ti ha imposto per penitenza di dire un Rosario per quindici giorni o per un mese, basterà che tu vada a confessarti da uno di questi signori perché tale penitenza ti venga commutata in altre preghiere o in digiuni o messe o elemosine.
Ti accadrà pure di consultare qualche pio contemplativo – e ve ne sono nel mondo – il quale non conoscendo per diretta esperienza l’importanza del Rosario, invece di consigliartelo te ne allontanerà per avviarti piuttosto alla contemplazione, come se Rosario e contemplazione fossero incompatibili fra loro, come se i tanti Santi devoti del Rosario non siano stati grandi contemplativi! Né mancheranno perfino i tuoi nemici… di casa che ti attaccheranno e tanto più crudelmente per il fatto che sei a loro intimamente unito. Intendo parlare delle potenze dell’anima e dei sensi del corpo, delle distrazioni della mente, le aridità del cuore, gli abbattimenti morali e le malattie. Tutti questi avversari, in combutta con gli spiriti maligni che si immischieranno, ti strilleranno: ma lascia il Rosario! è il Rosario che ti dà il mal di capo; lascialo, dunque; tanto, non è d’obbligo in coscienza. Tutt’al più recitane solo una parte; i tuoi disturbi sono una prova che Dio non vuole che tu lo dica; meglio ancora, rimandalo a domani, quando starai in salute, ecc.

Insomma, caro confratello, il Rosario quotidiano ha tanti nemici che io considero come uno dei più segnalati favori del cielo la grazia di perseverarvi fino alla morte. Sii perseverante, quindi, e non dubitare che in cielo avrai una splendida corona, preparata in premio alla tua fedeltà: “Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita” (Ap 2,10).




San Luigi Maria Grignion da Montfort

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