L’arcangelo san Michele, nelle pagine della Sacra Scrittura che lo riguardano, si manifesta, in Cielo, pieno di un’energia, un dinamismo, una sollecitudine senza pari, uno spirito tutto fervore ed amor di Dio. Non diversamente egli si rivela sulla terra, divenuto custode di un popolo e, al contempo, arbitro – nelle veci di Dio – del mondo e della storia.
Secondo i Padri e i Dottori della Chiesa, tutto l’universo è sotto il controllo e la protezione degli angeli. Ciò deriva dall’ordine provvidenziale stabilito da Dio. Gli stessi angeli del Cielo hanno una gerarchia di Cori, secondo cui gli inferiori ricevono lume e direzione dai superiori. Secondo tale ordine voluto da Dio anche le nazioni hanno un angelo protettore. Sia nella Scrittura sia nella storia ecclesiastica si rinvengono diverse prove di ciò. L’arcangelo san Michele, ad esempio, viene indicato come il custode del popolo ebreo. Sembrerebbe, infatti, che sia stato lui ad affliggere l’Egitto con le famose dieci piaghe e, avvolto in una nube di fuoco, a condurre miracolosamente il popolo eletto attraverso il Mar Rosso; a dettare la Legge a Mosè sul monte Sinai; a difendere gli Ebrei contro Sennacherib, al quale uccise 185.000 soldati in una notte; ad occultare agli stessi Ebrei le spoglie di Mosè affinché non ne facessero oggetto di idolatria…
Di san Michele custode del popolo israelita si ha una mirabile testimonianza in Daniele (12,1): «Sorse Michele, il gran Principe, che sta a guardia del tuo popolo». Secondo gli interpreti della Scrittura, sarebbe stato ancora l’Arcangelo a trasportare il profeta Abacuc dalla Giudea in Babilonia, a incoraggiare e sostenere Giosuè nell’espugnazione di Gerico contro i Madianiti.
«Ego sum Princeps exercitus Domini» (“io sono il Principe dell’esercito del Signore”, Gs 5,14), disse l’Arcangelo comparendo a Giosuè che, avanti di assalire Gerico, ne andava esplorando i dintorni. «Giosuè cadde bocconi per terra: “Che cosa il mio Signore ha da dire al suo servo?”». Il Principe allora gli diede istruzioni circa il modo con cui avrebbe dovuto condurre l’assalto e Gerico fu invasa e distrutta.
Quando poi, con la venuta di Cristo, alla sinagoga succedette la Chiesa, l’Arcangelo diviene il custode di quest’ultima, estendendo la sua assistenza a tutto il mondo cristiano, sia civile che religioso.
Si sa, ad esempio, che lo stendardo dell’esercito di Carlo Magno recava l’immagine dell’Arcangelo ed il motto: «Ecce Michael, princeps magnus, venit in adiutorium mihi» (Ecco Michele, il gran Principe, venne in mio aiuto). Tale raffigurazione, secondo la tradizione, commemorava una vittoria riportata sui Sassoni in grazia dell’Arcangelo che, invocato dal re di Gallia, apparve durante la battaglia sopra un cavallo bianco e con in mano uno stendardo azzurro trapunto di gigli d’oro.
Celebre è anche l’apparizione dell’Arcangelo sulla Mole Adriana di Roma, più nota col nome di Castel Sant’Angelo. Nell’anno 590, una terribile pestilenza si era abbattuta contro il popolo romano. Allo scopo di far cessare il flagello, il pontefice Gregorio Magno indisse una processione propiziatoria. Questa si snodava per la città, seminata di cadaveri, con in testa il Pontefice scalzo e recante un’immagine della Madonna. Giunti alla Mole Adriana, una gran luce balenò sulla sommità di questa. Era san Michele arcangelo il quale fu visto nell’atto di riporre la spada nella guaina per significare la cessazione del flagello.
A conferma della protezione esercitata sulla Chiesa dall’arcangelo san Michele, v’è la toccante visione di Leone XIII da cui scaturì la preghiera a san Michele arcangelo, che il Pontefice stabilì si recitasse dopo la Messa. «Un mattino il grande pontefice Leone XIII – riporta un testimone – aveva celebrato la Santa Messa e stava assistendone un’altra, di ringraziamento, come al solito. Ad un tratto lo si vide drizzare energicamente il capo, poi fissare qualche cosa al di sopra del capo del celebrante. Guardava fisso, senza batter palpebra, ma con un senso di terrore e di meraviglia, cambiando colore e lineamenti. Qualcosa di strano, di grande avveniva in lui. Finalmente, come rivenendo in sé, dando un leggero ma energico tocco di mano, si alza. Lo si vede avviarsi verso il suo studio privato. I familiari lo seguono con premura e ansiosi gli dicono sommessamente: “Santo Padre, non si sente bene? Ha bisogno di qualcosa?”. Risponde: “Niente, niente”. Dopo una mezz’ora fa chiamare il Segretario della Congregazione dei Riti e, porgendogli un foglio, gli ingiunge di farlo stampare e di farlo pervenire a tutti gli Ordinari del mondo. Che cosa conteneva? La preghiera che recitiamo al termine della Messa insieme al popolo, con la supplica a Maria e l’infocata invocazione al Principe delle milizie celesti, implorando Dio che ricacci satana nell’inferno».
I papi e san Michele arcangelo
Secondo la comune opinione dei teologi e della pietà popolare, colui che è custode del Corpo della Chiesa deve esserlo anche del Capo. Di qui la pia credenza secondo cui san Michele arcangelo sarebbe il custode del Sommo Pontefice in carica. La storia, con fatti anche prodigiosi, lo conferma.
San Tommaso d’Aquino afferma che l’uomo costituito in dignità ha per guida della sua persona privata un angelo d’un ordine inferiore; ma, per ben governare la moltitudine che gli è affidata, è illuminato da un angelo superiore. Chi è, dunque, l’angelo superiore incaricato di custodire il Sommo Pontefice, di illuminarlo, di dirigerlo? Dio, afferma san Basilio, ha costituito san Michele Angelo custode del Capo visibile della Chiesa, e nel corso dei tempi, egli ci appare sempre come il protettore, il consigliere ed il vendicatore del papato. Questa è l’opinione comune dei commentatori. Colui che, dice Cornelio A. Lapide, è il custode del Corpo della Chiesa, deve esserlo anche del Capo.
Anche la pietà popolare assegna san Michele come Angelo custode al Pontefice in carica. Si hanno numerose prove di questa funzione di san Michele. I commentatori lo riconoscono nell’angelo liberatore dell’episodio di san Pietro in carcere, il primo papa. Dio ha inviato il suo angelo, dice l’apostolo stesso. Questa sola espressione basterebbe a designare san Michele.
Nel celebre episodio dell’arresto di Attila a Mantova, avvenuto nel secolo V, a opera del Santo Pontefice Leone Magno, vi fu uno speciale intervento dell’arcangelo san Michele. Questi, narrano le antiche cronache, comparve a lato del Pontefice come un guerriero splendente che agitava minacciosamente una spada fiammeggiante. L’apparizione sgomentò il “Flagello di Dio” a tal punto da indurlo a prostrarsi riverente ai piedi di Leone Magno e a rifare con gli Unni le Alpi, rinunziando alle terre già conquistate.
Anche il papa Leone IV proclamò ch’egli aveva riportato sui Saraceni una brillante vittoria col braccio di san Michele. Altri papi testimoniano nelle loro lettere la fiducia in lui. Uno di essi ha anche fatto rappresentare l’Arcangelo che ha in mano il governo della barca di Pietro, con questa iscrizione: «San Michele, siate mio protettore e mio difensore, come lo siete stato di tutti quelli che mi hanno preceduto sulla cattedra di Pietro».
Papa Pacelli – non a caso definito il “Pastor angelicus” – nutrì una particolare devozione per gli angeli e in particolare per l’arcangelo san Michele tanto da costituirlo, nel 1949, Patrono e Protettore dei radiologi e radioterapeuti.
Il nome di Michele, “Quis ut Deus?”, secondo Pio XII, esprime e significa “Forza di Dio”, ed è soprattutto per questa ragione che il Sommo Pontefice dichiarò l’arcangelo Michele anche Patrono dell’ordine e della sicurezza pubblica in tutta l’Italia. «Non c’è nessuno che appare più capace e più idoneo a preservare la sicurezza pubblica di quel Principe celeste dell’armata angelica, l’arcangelo Michele, poiché egli possiede la forza contro i poteri dell’oscurità», egli disse.
«Assistere Dio a beneficio della nostra salvezza – afferma san Giovanni Crisostomo – è un dovere degli angeli… essi si adoperano per il nostro bene, corrono qua e là per noi e, nessuno lo direbbe, ci rendono servizio».
Fonte www.settimanaleppio.it