Grande attesa in tutto il mondo per l’imminente Canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, domenica prossima con una Messa in Piazza San Pietro dove è attesa una moltitudine di fedeli. La cerimonia sarà uno dei momenti culminanti del Giubileo della Misericordia, voluto da Papa Francesco. Antonella Palermo della Radio Vaticana ha intervistato Suor Mary Prema, terza Superiora generale delle Missionarie della carità, dopo Madre Teresa e Suor Nirmala.
R. – La Canonizzazione della nostra Madre è per noi un grande onore. Ci dà l’opportunità di guardare alla sua vita più da vicino, al suo lavoro e alla grande attenzione data agli altri, ma anche di guardare alle nostre di vite. Questo è davvero un momento di esame delle coscienze per vedere più profondamente come viviamo la vocazione che abbiamo ricevuto come Missionarie della Carità e, soprattuto, la nostra unione con Dio nella preghiera e la nostra unione con Gesù nei più poveri.
D. – Madre Teresa è stata insignita del Nobel per la Pace nel 1979. In un mondo che continua ad essere disseminato di focolai di guerre, come rievocare il valore di quel riconoscimento per l’oggi?
R. – Il riconoscimento del Nobel per la pace le è stato assegnato per gli sforzi nel creare l’unione di tutti i popoli, come figli di un unico Padre Celeste. Questo è un tema di grande attualità. La pace è il desiderio di ciascuno ma è il risultato del perdono e dell’impegno nell’ascolto delle persone, per poterle capire. Non bisogna sempre pretendere di essere nel giusto.
D. – Secondo lei, la Chiesa di oggi è quella che Madre Teresa desiderava?
R. – La Madre non usava il suo tempo per porre richieste del tipo: la Chiesa dovrebbe o non dovrebbe essere così…. La Madre non analizzava, ma impiegava il suo tempo a trasmettere la sua responsabilità, prendendo Gesù sul serio. La Madre diceva: “La Chiesa siamo tu ed io. Se vuoi che la Chiesa sia Santa, è tuo dovere e mio essere santi”. Lei l’ha vissuta così.
D. – Madre Teresa è diventata una sorta di ‘santino’?
R. – Noi abbiamo vissuto con lei e l’abbiamo conosciuta. Venerare la sua immagine senza cercarne un modello da imitare sarebbe ingiusto. La Madre è la vita ed è rimasta con noi. Lei prega per noi. È stata attiva nella vita di molti; ho visto questo in particolare nella sua casa a Calcutta dove le spoglie della Madre sono visitate da migliaia e migliaia di pellegrini, povera gente. Pregano e la madre ascolta le loro preghiere. E se ne tornano con la pace nel cuore, con la fiducia e la speranza che la vita possa essere migliore. La Madre non è un santino! La madre è viva, operosa, ovunque. Noi abbiamo bisogno di lei, dei suoi insegnamenti, della sua intercessione.
D. – Lei è stata capace di parlare forte e chiaro con i leader politici di ogni livello…
R. – La Madre non andava in giro a predicare o insegnare alle altre persone cosa dovessero fare. Quando lei parlava, lo faceva dalla chiarezza del suo cuore. Non importava con chi parlasse, il suo parlare era comunque con convinzione sui valori della vita: la spiritualità, la preghiera, la famiglia dove, a volte, le relazioni vanno sostenute dall’accettazione della sofferenza e dal perdono. Il valore della vita religiosa come continuazione della vita di Gesù. Lei portava con sé i valori dei più poveri tra i poveri, che sono persone grandi perché ci insegnano molto, ci insegnano ad accettare ciò che la vita ci offre. La Madre non ha mai fatto un passo indietro nel difendere la dignità delle persone.
D. – Ancora fissa nel cuore e nella mente l’immagine delle quattro vostre consorelle massacrate lo scorso marzo in Yemen da un commando di uomini armati. “Martiri dell’indifferenza”, commentò il Papa. Guardando alle persecuzioni delle minoranze religiose tuttora in atto in varie parti del mondo, la speranza che un martirio del genere possa servire a qualcosa rischia di essere delusa…
R. – Se guardiamo con gli occhi del mondo alla morte delle consorelle, è uno spreco di giovani vite. Se guardiamo con gli occhi della fede è un grande privilegio dare la propria vita per coloro che stiamo servendo. Le persecuzioni sono state parte della cristianità fin dalle origini. Le persecuzioni sono necessarie perché arrivi il meglio dalla nostra vocazione. Le nostre suore liberamente e consapevolmente sono rimaste a servizio dei malati di Aden, in Yemen. È un grande dolore, ma allo stesso tempo un grande onore sapere che loro hanno raggiunto lo scopo della loro vocazione, che è l’unione con Dio, amando Gesù come Egli ci ha amato, perdonando quelli che non sanno cosa fanno.
di Redazione Papaboys – fonte: Radio Vaticana
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