Ecco le differenze fra benedettini e francescani
L’Ordine benedettino fugge il mondo per trovare Dio, quello francescano esce nelle strade.
L’articolo di Antonio Tarallo pubblicato su francescopatronoditalia.it
Due ordini a confronto
La grande stagione culturale, economica e spirituale della Chiesa (dal 500 in poi) ha visto sorgere due importanti ordini religiosi legati inesorabilmente ai propri fondatori: stiamo parlando dell’Ordine benedettino (legato al nome di San Benedetto da Norcia, nato nel VI secolo) e quello francescano (legato a San Francesco d’Assisi, nato nel XIII secolo a quasi 700 anni di distanza).
Ma ecco quali sono le differenze di questi ordini, nati dall’ispirazione di due santi umbri.
Bisogna precisare che ogni sorta di contrapposizione come d’altronde di parallelismo sarebbe alquanto ingiusto sia storicamente che spiritualmente: le due Regole nascono, prima di tutto, in contesti differenti. D’altronde, è il tempo a differenziarle: come già detto ben settecento anni le dividono: 530 quella di San Benedetto, 1223 quella di San Francesco d’Assisi.
Dunque, Benedetto scrive in un periodo di chiusura sociale, e – soprattutto – in un periodo di forti contrasti e di dissoluzione di un sistema, quello dell’Impero Romano d’Occidente che presagisce poi la costituzione di un’Unione Europea delle nazioni, attraverso proprio il sapere benedettino. Il monastero, in questo contesto, assurge a fortezza, punto di unione davanti a tutto il caos prodotto dalla dissoluzione dell’impero. Francesco, invece, scrive in un mondo che si sta riaprendo ai viaggi, agli scambi e ai commerci. Un mondo “più libero”, diciamo. Una visione più ampia e soprattutto più “nel mondo”.
L’unicità delle due regole, anche se potrebbe sembrare scontata, è: il cammino di perfezione verso Dio, unica meta e fonte di San Benedetto e San Francesco. Se il primo fugge il mondo per ritrovare Dio, il secondo si mette in strada per riportarvelo: il carisma dell’uscita è fondamentale per l’Ordine francescano.
Anche per quanto concerne il tema della fraternità, troviamo diverse concezioni: il santo di Norcia prevalentemente si rivolge a un «tu», a un «voi» della comunità. Francesco utilizza un “corporativo” «noi», chiaro simbolo di fraternità vera e profonda – certo non facile – che trova nell’espressione di quel “noi” un’unità profonda, composta dalle diversità-unicità di ogni frate.
C’è un elemento che più di tutti esprime una differenza fra le due Regole. Se nella Regola benedettina è ben evidente una certa ferrea visione della vita comunitaria (e abbiamo compreso che difficilmente avrebbe potuto essere diversamente, visto il contesto storico in cui è nata), la regola di San Francesco – nuova per tempo, nuova per carisma – non si preoccupa di stabilire, decidere, o proibire questo o quello, ma lascia la libertà a ciascun frate di vivere i dettami proposti. Francesco impartisce alcune indicazioni di fondo, delle linee generali, ma lascia ai frati l’esercizio responsabile e comune di tali indicazioni: è la creatività francescana.