È scritto stato a mano da una consorella su tre fogli fitti. Ed è girato in questi giorni di casa in casa tra le suore di madre Teresa. A pubblicarlo è stato il sito della testata cattolica americana National Catholic Register, che l’ha diffuso on line in una trascrizione completa dell’originale inglese.
In italiano, ne ha ha riportato una prima traduzione Mondo e Missione
.Dalla testimonianza sono emersi maggiori dettagli sulla dinamica di quella tragica mattinata: il commando di Daesh ha assaltato la struttura delle missionarie della Carità dalle 8.30 a circa le 10.30 del mattino.
Ma anche sulle identità delle altre persone coinvolte nel massacro: cinque dei giovani uomini uccisi erano cristiani e di nazionalità etiope e alcune donne, in particolare la cuoca della struttura, prima di venire uccisa anche lei, si legge nella testimonianza che si è messa a pregare gli uomini del Commando di Daesh di risparmiare le suore, urlando ripetutamente “Don’t kill the sisters” (“Non uccidete le suore”).
Un grido che a nulla è servito: le prime a essere catturate, legate e uccise con un colpo alla testa sono state suor Judith e suor Reginette. Una sorte analoga, e una morte altrettanto cruenta, è toccata a suor Anselm e suor Marguerite.
Suor Sally ha cercato vanamente di rientrare nel convento per avvisare padre Tom Uzhunnalil dell’arrivo del commando jihadisti, il salesiano rapito di cui non si è avuto più notizia e ha visto tutte le consorelle e gli aiutanti uccisi. «I miliziani volevano accedere al convento – si legge nella traduzione italiana fornita anche da Asia news -, per questo la suora ha cercato riparo nella cella frigorifera, perché in quel momento la porta era aperta. Vi erano membri dell’Isis dappertutto, in cerca della superiora, perché sapevano che le suore presenti nella struttura erano cinque. Sono entrati almeno tre volte nella stanza frigorifera. Suor Sally non si è nascosta, ma è rimasta in piedi, dietro la porta, e loro non l’hanno mai vista. Questo è un vero e proprio miracolo».
Quanto al salesiano rapito, padre Tom, la Missionaria della Carità sopravvissuta ha raccontato che aveva consumato le particole rimaste nel tabernacolo prima che i jihadisti arrivassero, lo portassero via e devastassero il tabernacolo e la cappella.
In un passaggio del racconto di suor Sally si legge che le suore erano pienamente consapevoli dei rischi che ad Aden, in Yemen, stavano correndo. Padre Tom ripeteva loro ogni giorno: «Stiamo pronti per il martirio». E Papa Francesco stesso – ogni settimava, attraverso il suo segretario – chiedeva notizie di loro al segretario di Stato dello Yemen e faceva sentire alle religiose la sua vicinanza.
Fonte: Avvenire on line
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