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San Francesco d’Assisi: amato da tutti!

San Francesco d’Assisi è uno dei santi più amati al mondo e più rappresentato nell’arte, nella musica, nella letteratura, nel cinema.

Un giorno, frate Masseo, uno dei primi compagni del poverello d’Assisi, gli chiese: “Francesco, perché a te tutto il mondo viene dietro, e ogni persona pare che desideri di vederti e di udirti e di obbedirti? Francesco, perché a te?”.

San Francesco d’Assisi

Il Serafico Padre san Francesco c’insegna ancor oggi argomenti attualissimi come la via della semplicità, dell’essenzialità, della gratuità, della fraternità e dell’amore per la Chiesa e il Santo Padre. Una di queste poesie ha avuto come protagonista San Francesco d’Assisi. C’è uno scritto inedito del grande cantautore Fabrizio De André, riemerso da un’agenda custodita presso la Facoltà di lettere di Siena, scritta in stampatello, appartiene agli ultimi mesi di vita del cantautore genovese.

Ecco il testo:

 A che vale avere amato

    se nessuno se ne è accorto

    anche se lo hai fatto per il bene di tutti

    tu con la tua povertà,

    tu con la tua umiltà,

    hai saputo umiliarci.

San Francesco è stato una persona profondamente libera dalle cose, dalle persone, dal potere, dal consumismo e dalla mondanità. La sua grande intuizione è quella di vivere semplicemente il Vangelo “sine glossa”, cioè senza commenti, alla lettera, non fare sconti sul vangelo. Papa Francesco all’inizio del suo pontificato spiega il motivo del suo nome: “Alcuni non sapevano perché il Vescovo di Roma ha voluto chiamarsi Francesco. Alcuni pensavano a Francesco Saverio, a Francesco di Sales, anche a Francesco d’Assisi. Io vi racconterò la storia: Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il Clero, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico, un grande amico! Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!”. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi”.

Oltre la povertà penso alla libertà del santo di Assisi e penso alle allodole che Shakespeare le chiamava “Le messaggere dell’alba” sapendo che cantavano al sorgere del sole.

Il suo amore di frate Francesco per la luce fu ricordato da San Bonaventura di Bagnoregio che nella Leggenda maggiore così narrava la sua morte: “Le allodole, che sono amiche della luce e hanno paura del buio della sera, al momento del transito del santo, pur essendo già imminente la notte, vennero a grandi stormi sopra il tetto della casa e roteando a lungo con non so quale insolito giubilo, rendevano testimonianza gioiosa e palese alla gloria del santo, che tante volte le aveva invitate a lodare Dio”. Quel canto straordinario, data l’ora inconsueta, celebrava la luce soprannaturale – direbbe un medievale – che esse vedevano intorno al corpo di Francesco, – luce riflessa dell’eterna Luce.

Siamo francescani se scegliamo ogni giorno la luce e non le tenebre, la testimonianza di vita, la pace, l’amore per il creato, la fraternità, la mistica dell’amore crocifisso e dell’azione nella vita quotidiana. Siamo francescani se la nostra vita diventa preghiera di lode e canto per le meraviglie di Dio, viviamo sobri, senza la ricerca del successo, creando intorno a noi comunione e relazioni liberanti, siamo francescani se il nostro cuore vola come l’allodola: messaggera dell’eternità.

di fra Emiliano Antenucci

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