San Giovanni XXIII è il nuovo patrono dell’Esercito Italiano. Così l’Ordinariato Militare d’Italia e i vertici delle Forze Armate hanno ottenuto un risultato al quale miravano da anni. Nel pomeriggio del 12 settembre, a Palazzo Esercito, nella capitale, una sobria cerimonia introdotta dal generale Giuseppe Nicola Tota, vedrà la consegna della bolla relativa al nuovo patrono nelle mani del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito generale Danilo Errico, da parte dell’Arcivescovo Ordinario Militare Santo Marcianò, che in questi giorni sta incontrando il contingente militare in Kosovo. A seguire alcuni interventi delle autorità presenti , intervallati da proiezioni di filmati, e la benedizione di un busto.
Il santo pontefice che “nei primi anni del suo ministero sacerdotale promosse cristiane virtù tra i soldati, e da allora in poi con l’insegnamento e l’esempio di tutta la sua vita, attese con tutte le sue forze all’edificazione della pace in tutto il mondo, scrivendo infine la luminosa enciclica Pacem in terris” – come reca scritto in latino il documento della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti datato 17 giugno 2017- sarà ora invocato ufficialmente “patrono presso Dio” dai nostri soldati che da tempo si sono visti proporre la sua figura.
Dopo la canonizzazione di papa Giovanni, il 10 ottobre 2014 era stato il Capo di Stato maggiore della Difesa, Luigi Binelli Mantelli, a presentare la richiesta -a nome del mondo militare italiano e durante le celebrazioni per la memoria liturgica- di eleggere San Giovanni XXIII patrono dell’esercito. Ma già tre anni prima, il 24 ottobre 2011, nella basilica di Santa Maria in Aracoeli a Roma, era stata celebrata una messa – officiata da monsignor Vincenzo Pelvi, all’epoca Ordinario militare e oggi arcivescovo di Foggia- dove si manifestava l’intento di promuovere la devozione verso Roncalli auspicato protettore delle forze militari. Pelvi in quell’occasione ricordò anche le parole pronunciate pochi giorni prima da Benedetto XVI Sala Clementina al convegno internazionale degli Ordinariati militari: “Penso in particolare all’esercizio della carità nel soldato che soccorre le vittime dei terremoti e delle alluvioni, come pure i profughi, mettendo a disposizione dei più deboli il proprio coraggio e la propria competenza”, e ancora “…Penso all’esercizio della carità nel soldato impegnato a disinnescare mine, con personale rischio e pericolo, nelle zone che sono state teatro di guerra, come pure al soldato che, nell’ambito delle missioni di pace, pattuglia città e territori affinché i fratelli non si uccidano fra di loro” – erano state le parole di Papa Ratzinger che aveva parlato di “militari per amore compiendo il ministerium pacis inter arma”.
E’ questo l’esercito sul quale veglierà il nuovo patrono. Lo ricordava l’anno scorso in occasione della festa liturgica di San Giovanni XIII, in un’ altra funzione religiosa nella stessa basilica di Santa Maria in Aracoeli per il suo riconoscimento quale Patrono dell’Esercito – presenti il Sottosegretario di Stato alla Difesa, Domenico Rossi, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, e il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale Danilo Errico, oltre a rappresentanti delle Forze Armate e cappellani militari- lo stesso attuale Ordinario Marcianò, dopo che nell’indirizzo di saluto, il vicario episcopale per l’Esercito, don Paolo Villa, aveva sottolineato l’impegno dei nostri militari in divisa nelle operazioni di peace-keeping e, in Italia, a garanzia di sicurezza nelle strade, nelle stazioni, davanti a monumenti, edifici di culto, ecc. Nella stessa circostanza Marcianò aveva sottolineato il contributo giovanneo alla pace, iniziando già la sua omelia con le parole “Sono grato al Signore che mi dona la gioia di ricordare Papa Giovanni come Patrono dell’Esercito” e concludendola con l’ invito ai militari presenti ad operare testimoniando una consapevole responsabilità “con lo stile di servizio proprio dell’Esercito Italiano, come fece il nostro amato Papa Giovanni da soldato e da prete, da vescovo e da Papa: oggi, da Santo e da vostro Patrono”. Ed era stato poi lo stesso Ordinario Militare d’Italia il 10 maggio scorso dopo aver approvato l’elezione di san Giovanni XXIII a protettore celeste del nostro esercito a richiedere che elezione e l’approvazione venissero confermate secondo le norme per i Patroni dalla Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti. Congregazione, che – “in virtù dalle facoltà concesse dal Sommo Pontefice Francesco, restando fermo che l’elezione e l’approvazione siano trattate a norma del diritto”- ha acconsentito. Confermando “San Giovanni XXIII, papa, patrono presso Dio dell’Esercito Italiano. Con tutti i diritti e i privilegi liturgici che conseguono secondo le rubriche…”, così il testo della Congregazione firmato dal cardinale Roberto Sarah, Prefetto, e da monsignor Arturo Roche, Arcivescovo Segretario.
L’esperienza del chierico Roncalli che nel 1901, ventenne dovette interrompere gli studi presso il Pontificio Seminario Romano per prestare servizio di leva nel 73° Reggimento fanteria, di stanza a Bergamo, nonché quella del sacerdote che durante la prima guerra mondiale fu sergente di sanità e poi tenente cappellano militare (presso gli ospedali di Bergamo), ha certamente influito sulla decisione di nominarlo nuovo patrono dell’Esercito. Anche alla luce dei giudizi non sempre uniformi che lo stesso Roncalli diede sul suo periodo in grigioverde e con le stellette (l’11 giugno ’59 in un’udienza ai cappellani militari ricordando il suo “tempo di guerra” disse “esso ci fece raccogliere nel gemito dei feriti e dei malati l’universale aspirazione alla pace, sommo bene dell’umanità. Mai come allora […] sentimmo quale sia il desiderio di pace dell’uomo, specialmente di chi, come il soldato, confida di prepararne le basi per il futuro con il suo personale sacrificio, e spesso con l’immolazione suprema della vita”), c’è chi si è già interrogato sull’opportunità di attribuire questo titolo al pontefice ricordato per la “Pacem in terris” e il cui patriottismo fu sempre motivato da una visione spirituale e dalla consapevolezza che i cristiani non possono estraniarsi dalla storia, ma viverla per trarre il bene anche dal male. E taluni commentatori vi hanno ravvisato i tratti di una rilettura storica revisionista che, isolando alcuni momenti del ministero pastorale di Roncalli per attribuire loro un valore esemplare e totalizzante, rischia di ridurne la complessità, o le indicazioni contenute nella “luminosa enciclica”.
In ogni caso, in un tempo in cui il nostro esercito – con un personale di quasi quattordicimila militari, dei quali 6500 impegnati in operazioni internazionali, ed oltre 7000 in territorio italiano – viene coinvolto in una quarantina di missioni che vanno dal sostegno alle organizzazioni internazionali nel consolidamento di processi di pace e di stabilizzazione, sino al soccorso alle popolazioni colpite da pubbliche calamità e catastrofi, la testimonianza del papa bergamasco è stata preferita a quella di tanti “santi guerrieri” che pure non mancano nella storia della Chiesa e nel calendario cristiano.
“Ho sempre avuto una devozione particolare per lui, […], e mi aiuta pensare che il suo grande insegnamento sulla pace sia nato dall’avere vissuto egli stesso il servizio militare e dall’aver servito la Chiesa come cappellano militare. Sì, la missione della Chiesa nel mondo militare non esclude, anzi implica profondamente, l’impegno evangelico per la pace”, affermava alla vigilia della canonizzazione di papa Roncalli monsignor Marcianò. A conclusione dell’iter della nomina, per la prossima festa liturgica di San Giovanni XXIII, nonché anniversario dell’apertura del Concilio, è prevista una solenne liturgia nella basilica di San Pietro, alla presenza delle più alte cariche religiose, civili, militari e con una folta presenza dei nostri soldati.
Fonte lastampa.it/Marco Roncalli
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