Italiae et Ecclesia

San Leopoldo Mandić nuovo ‘patrono dei malati di tumore’. Ecco la preghiera

Via libera della CEI per il cappuccino che soffrì di cancro all’esofago. Si realizza un desiderio di migliaia di devoti che avevano lanciato una campagna con oltre 60mila adesioni

Non solo santo confessore e modello di misericordia, San Leopoldo Mandić sarà presto anche il «patrono dei malati oncologici». Il piccolo grande cappuccino di origine dalmata, beatificato nel ’76 da Paolo VI e canonizzato da Giovanni Paolo II nel ’83, di cui Papa Francesco volle esporre la salma insieme a quella di padre Pio in Vaticano durante il Giubileo del 2016, è stato scelto dai vescovi della Cei come santo protettore di coloro che soffrono a causa del cancro. La stessa malattia che tormentò all’esofago questo frate piccolo di statura (solo 1.35 di altezza) ma dal cuore grande.

LA RICHIESTA DEI FEDELI ESAUDITA DALLA CEI

L’approvazione è avvenuta durante la 72esima Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, che ha concluso la sua riunione autunnale a Roma, ed è la realizzazione di un desiderio espresso da più parti, in particolare dai devoti del frate che hanno avviato una raccolta firme che ha registrato oltre 60mila adesioni.

«Fin dagli anni ’80 del secolo scorso», spiega il testo del comunicato diramato dai vescovi, «molti medici, ammalati e loro familiari si sono fatti portavoce del desiderio di poter invocare in modo speciale questo santo per una realtà di sofferenza – il tumore – in questo nostro tempo sempre più diffusa e angosciante».

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«I promotori della richiesta, sostenuti da molti fedeli, hanno sottolineato come san Leopoldo – che ha sofferto molto a causa di questa malattia, affrontandola con serenità, spirito di fiducia e abbandono nella bontà divina – possa essere indicato come un esempio nella prova della malattia e come un intercessore presso Dio per invocare il dono della guarigione».

Il ministro generale dell’Ordine dei frati cappuccini (in carica fino alla fine della scorsa estate), fra Mauro Jöhri, il 2 dicembre 2017 aveva indirizzato una richiesta scritta al cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, facendosi portavoce del desiderio del nuovo patronato.

Un desiderio, come detto, condiviso da un numero crescente di persone tra quelli che già erano legati alla figura del religioso croato o che proprio grazie alla esposizione della salma nella Basilica di San Pietro nel febbraio di due anni fa, avevano avuto modo di conoscere approfonditamente la figura di questo frate che ha trascorso gran parte della sua vita e del suo ministero nel confessionale. Anche le ultime ore prima della morte.

All’assenso unanime della Conferenza episcopale del Triveneto e di quella della Croazia, del ministro provinciale dei cappuccini del Triveneto, della Conferenza dei superiori maggiori delle famiglie religiose della Croazia e quella dei cappuccini dell’Europa Centro Orientale, a chiedere che Mandić diventasse «patrono dei malati oncologici» si era aggiunta anche una petizione «popolare» che ha riunito i devoti del santo, i fedeli del santuario e i lettori del “Portavoce”, la rivista del santuario. Circa 10mila hanno dato la loro firma solo nel primo mese dal lancio della campagna, oltre 67mila le firme registrate da gennaio 2018 ad oggi e arrivate da tutte le regioni della Penisola.

La Cei ha quindi dato il suo placet ma manca ancora un ultimo passo, il sigillo ufficiale della Congregazione vaticana per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti.

Padre Leopoldo, al quale venivano riconosciute anche doti di preveggenza, ebbe sempre molta attenzione e compassione per le persone ammalate. «Se chiamato da un ammalato, col permesso dei superiori, si recava presso di lui sempre molto volentieri. Qualche volta, per recarsi al letto di qualche ammalato grave lasciò anche la confessione», si legge nelle testimonianze raccolte nella biografia ufficiale. «Anche coloro che non avrebbero mai permesso a un sacerdote di avvicinarsi al proprio letto, appena vedevano padre Leopoldo, si commuovevano, si confessavano e spiravano con il conforto della fede».

E la malattia il santo cappuccino la visse direttamente sul suo corpo, sempre con profonda umiltà ed estrema pazienza, come raccontano i frati che gli stettero a fianco. Sono gli stessi che ricordano come anche la sera prima di morire, tormentato dai dolori del tumore, padre Mandić stava ancora in confessionale ad accogliere i penitenti. Per lui l’urgenza era comunicargli la misericordia di Dio; spesso lo faceva in dialetto per mettere a suo agio chiunque gli si trovasse davanti. Anche quella era, in qualche modo, una forma di misericordia.

di Salvatore Cernuzio per Vatican Insider

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